24/06/2015

Fabrizio Bosso, Duke

Il trombettista jazz ha reso omaggio a Duke Ellington con il suo nuovo album. Ecco la nostra intervista
(foto di Andrea Boccalini)
 
«Noi – diceva, e alludeva anche ai suoi collaboratori – siamo egoisti. A noi basta che la nostra musica sembri buona oggi. Non lavoriamo per la posterità». Sono dichiarazioni di Duke Ellington riportate dal grande Arrigo Polillo nel suo Jazz (prima edizione Mondadori, 1975).
Quella stessa musica, scritta da Ellington, è in realtà destinata “a sembrare buona” per sempre e intanto di sicuro è ancora “buona” oggi che siamo qui in compagnia di Fabrizio Bosso. Il trombettista jazz, infatti, ha reso omaggio a uno dei più importanti e influenti compositori del Novecento con il suo nuovo lavoro Duke (Verve/Universal, 2015). Lui, il suo quartetto stabile e un sestetto di fiati hanno riletto sette pezzi (compreso il medley Black And Tan Fantasy – Jeep’s Blues), tenendo fede alle melodie originali, ma andando a scoprire nuove soluzioni armoniche grazie agli arrangiamenti di Paolo Silvestri.
 
Duke è il tema principale di un’intervista che però, visto il periodo, non può non iniziare con due domande su due recenti scomparse che purtroppo hanno colpito il mondo del jazz. La più vicina tra le due è quella del sassofonista Ornette Coleman, avvenuta lo scorso 11 giugno: «È stata una perdita importante – dice il trombettista. – Uno che ha tirato fuori una nuova strada sull’improvvisazione. Noi oltretutto abbiamo un progetto con la musica di Ornette insieme a Rosario Giuliani, anche se a me non ha mai affascinato quel modo di fare jazz, ma più le sue melodie».
L’altra triste perdita di questi ultimi tempi è stata invece quella dello scorso 29 maggio, quando è deceduto a seguito di un incidente stradale il trombettista Marco Tamburini: «Eh, lui era un amico – spiega Bosso. – Abbiamo iniziato a suonare insieme nelle big band, poi ci siamo persi un po’ di vista come spesso accade, ma adesso abbiamo… vedi? Dico ancora ‘abbiamo’ un progetto insieme su Woody Shaw e stavamo pensando a quando far uscire il disco, solo che poi… purtroppo certe cose le dobbiamo accettare anche se è difficile. Marco ha fatto tanto per i ragazzi e soprattutto per il Conservatorio di Rovigo.
Poi era una persona ‘contagiosa’. A volte arrivavo a suonare da una parte e prima di salire sul palco ero triste o semplicemente pensieroso, ma con lui dopo tre minuti non potevi più rimanere così e iniziavi subito a ridere e a scherzare…».
 
Dopo questi due brevi ma doverosi ricordi, iniziamo a parlare di Duke.
 
Quando si pensa a un trombettista jazz viene facile il collegamento con Miles Davis o con Chet Baker. Come mai tu invece hai voluto rendere omaggio a Duke Ellington con Duke?
Perché ritengo sia uno dei più importanti autori del Novecento e penso che abbia dato tanto ai musicisti, ma anche tanto al pubblico. Le sue melodie sono incredibili e hanno una grande forza comunicativa. Pur sembrando semplici, ti rendi conto della struttura importante e delle grandi orchestrazioni di Ellington.
Spesso per rispondere a questa domanda faccio anche due esempi lontani ritmicamente ma che secondo me spiegano tutto: In A Sentimental Mood e Caravan infatti sono due pezzi molto diversi tra loro, ma se hai un po’ di musicalità e di sensibilità apprezzi quelle melodie e ti rimangono in testa. Penso che sia materiale suonato da tutti e da tanti, ma secondo me c’è sempre da scoprire qualcosa. Ad esempio In A Sentimental Mood è una ballad che io non mi stanco mai di suonare; c’è in quasi tutti i miei concerti e mi rendo conto della forza di questo brano già da come vengono recepite le prime note dal pubblico. E da lì insomma è nata l’idea di proporre questa cosa con un ensemble allargato e quindi non con una big band, ma con un sestetto di sei fiati (due trombe, un trombone e tre sax) che poi tempo dopo ho scoperto essere stata anche la prima formazione di Duke Ellington.
 
Bene. Adesso parliamo del lavoro di riarrangiamento dei pezzi fatto da Paolo Silvestri. Lui ha lavorato più sulla tua tromba o sugli altri strumenti?
Sugli altri, perché ha fatto più un lavoro sulle armonie che sulle melodie. Paolo ha messo del suo ed è riuscito a tirare fuori la personalità dei musicisti, ma allo stesso tempo ha rispettato le partiture originali, perché non si può stravolgere troppo la musica e renderla una cosa totalmente diversa. Quando ho proposto il lavoro a Paolo era terrorizzato perché era il suo sogno, ma non aveva mai avuto il coraggio di intraprendere un”avventura’ simile, visto il rispetto che lui e noi tutti abbiamo per Ellington.
Le sue composizioni erano tutte pensate per il musicista singolo perché sapeva che suono avrebbe avuto scrivendo quella determinata cosa e anche noi nel nostro piccolo abbiamo scelto i musicisti, a parte il mio quartetto stabile.
 
Hai lavorato ascoltando la tromba dell’orchestra di Duke Ellington? Penso a quando ad esempio suonava con lui Bubber Miley… hai lavorato sul suo growl (suono ruvido ottenuto da alcuni strumenti a fiato per mezzo di speciali sordine)?
Assolutamente no. Io ascoltavo Duke Ellington, Glenn Miller, Count Basie ecc. perché comunque ci sono cresciuto con quella musica, ma cerco di suonare comunque i brani che sento miei e anche in questo caso è stato così. Almeno quattro dei brani del disco li suono abitualmente.
Per quanto riguarda il growl l’ho sempre usato, perché mi piace e ci sono arrivato anche con trombettisti più contemporanei, ma sicuramente mi sono ascoltato pure “gli originali”!
 
Nel disco hai unito anche due grandi classici di Ellington come Black And Tan Fantasy e Jeep’s Blues. Com’è nata quest’idea?
È stata un’idea di Paolo. Abbiamo scelto i brani e lui ha creato la suite, prendendo spunto da varie versioni e a seguito quindi di un grande lavoro di ricerca.
 
Ecco, qui parliamo di ricerca e di brani riarrangiati di un grandissimo compositore del Novecento. Ma cosa manca per comporre pezzi del genere oggi?
Eh, mancano sicuramente gli stimoli esterni. Noi siamo saturi e riuscire oggi a tirare fuori qualcosa di originale è sempre più difficile. Io mi accontento di trovare un mio modo di suonare e di interpretare certi pezzi e sono anche un po’ “contro” quei jazzisti che non vogliono più suonare gli standard. Per me non puoi pensare di essere un jazzista e smettere di suonare certi pezzi o smettere di suonare il blues. È impensabile. Allora se così fosse, fermiamo pure musica classica e musica operistica e invece no, va sempre suonata anche quella.
Sicuramente c’è anche da dire che il livello tecnico si è alzato tantissimo, però da lì a diventare buoni jazzisti e buoni comunicatori ne passa. Io amo la tecnica, ma col passare degli anni ho iniziato ad amare anche l’altro aspetto…
 
… E hai continuato a coltivarlo anche in ambiti diversi dal jazz. Com’è il mondo di Fabrizio Bosso? Più jazz, più pop o più qualcos’altro?
È un mondo fatto di musica a 360 gradi. Sicuramente la mia matrice è di tipo jazz, è stata classica per i miei studi, ma poi è soprattutto jazz. Quando vengo chiamato “nel pop”, suono comunque jazz e vengo chiamato per fare dei soli e quindi mi fa un po’ ridere quando dicono che in questo modo “sembra che voglia tradire il jazz”. Sarà pur banale, ma io penso che la musica sia buona e cattiva. Meglio una cosa di qualità. Meglio un buon concerto pop che un pessimo concerto jazz.
 
Ok. E a proposito di concerti stai suonando tanto in questo periodo, vero?
Sì, praticamente tutte le sere!
 
E in effetti, a giudicare dal calendario aggiornato dei suoi live, è proprio così:
25 giugno – Desenzano del Garda (BS); Fabrizio Bosso & Julian Mazzariello “Tandem”
26 giugno – Sperlonga (LT) Baia Azzurra a Go Go; Fabrizio Bosso guest Paolo Recchia Trio
27 giugno – Roma, Auditorium Parco della Musica; Fabrizio Bosso 4et
28 giugno – Sorrento (NA), Fabrizio Bosso guest Walter Ricci – tba
30 giugno – Milano, Politecnico; Fabrizio Bosso, Julian Mazzariello e Massimo Popolizio in “Shadows: le Memorie perdute di Chet Baker”
 
01 luglio – Vernasca (PC); Tandem
02 luglio – Lugo di Romagna (RA), Chiostro del Monte; Tandem
09 luglio – Avellino, Teatro Carlo Gesualdo; Bosso guest Concato
14 luglio – Padova; Tandem
15 luglio – Casalgrande (RE), Scuderie di Villa Spalletti “MUNDUS FESTIVAL 2015”; Tandem
18 luglio – Castelfranco (Veneto); Spiritual Trio
19 luglio – Roma, Villa Pamphili; Bosso & Girotto Latin Mood
24 luglio – Ancona, Mole Vanvitelliana; Duke
 
03 agosto – Pescara; Tandem
04 agosto – Lecce, Anfiteatro Romano “Locomotive Festival”; Canzoni
05 agosto – Pietrelcina (BN), Parco Colesanti; Spiritual Trio
08 agosto – Varsavia; Fabrizio Bosso 4tet
09 agosto – Laurino (SA); Tandem
12 agosto – Fiuggi (FR); Bosso & Biondini Face to Face
20 agosto – Circeo; Canzoni
21 agosto – Sulmona (AQ); Tandem
23 agosto – Palau (OT); Tandem
25 agosto – Bologna; Giardini del Cubo; Fabrizio Bosso 4et
 
 

 

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