21/01/2015

Davide Matrisciano

Dopo un primo disco solo strumentale, l’artista napoletano classe 1985 diventa anche cantautore e…
Il passaggio è quello dall’ambient all’esordio cantautorale. E in mezzo c’è l’elettronica, la sperimentazione, il pop, il rock e tante influenze provenienti da Franco Battiato e dal suo modo di evocare scenari, paesaggi e suggestioni di ogni tipo con un preciso uso dei vocaboli. Si sintetizzano in tal modo i quindici brani de Il profumo dei fiori secchi di Davide Matrisciano.
 
L’artista, classe 1985, nato a Napoli, è reduce da un lavoro differente pubblicato nel 2012 (Traffico di pulsazioni (9 modi di intendere il frastuono)), nel quale si è espresso soltanto attraverso la musica. Qui si concretizza dunque per lui il primo evidente passaggio compiuto insieme ai numerosi ospiti presenti nella nuova fatica discografica, tra cui Cristiano Lo Mele, Nicola Manzan, Mattia Boschi, Davide Arneodo, Cesare Malfatti, Andrea Braido e molti altri.
Tutti si alternano, fornendo il loro contributo in maniera non così esplicita, ma riuscendo a unire le loro forze per rispettare un filo conduttore musicale che abbraccia più tipi di sensazioni, sebbene rimanga abbastanza lineare sin dalle prime battute dei synth di Al di là degli ombrelli o di Corrente elettrica e papaveri. Vivono di vita propria brani come Ho camminato su un aquilone o Le favole dello spavento, mentre i momenti più squisitamente pop-rock come quelli di Legni bruciati tendono a trascinarsi.
 
L’impressione è che talvolta ciascuna traccia sia troppo prolissa, a discapito delle buone idee espresse all’interno dell’album. In una simile soluzione si può anche leggere la voglia di intraprendere una strada propria che sia fuori da certe logiche convenzionali, ma senz’altro è possibile allo stesso tempo limare per dare sfogo a un’inclinazione poetica e a una capacità creativa più immediata… perché non sono necessari nemmeno tanti ascolti per comprendere che la stoffa c’è.

 

 

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