09/12/2010

CROSBY, STILLS & NASH

Milano, Arena, 16 luglio 2010

Li avevamo lasciati alla Villa Reale di Monza nel luglio del 2005 e ora, finalmente, li ritroviamo sul palco del Milano Jazzin’ Festival. Il corpulento Crosby, camicia blu e pantaloni scuri, gli immancabili baffi e i lunghi capelli d’argento che gli corrono lungo la schiena, assomiglia sempre di più a un tenore hippy. Stills, in bluejeans e camicia hawaiana, è vistosamente dimagrito, ma si muove a fatica sul palco, mentre Nash, vestito di nero, scalzo, con un calice di vino in mano, ha conservato il fisico asciutto di trentenne. La vista di questi tre leoni del folk-rock scatena sempre emozioni fortissime. Certo, non si può dire che le loro voci siano rimaste quelle di un tempo, in special modo quella di Stills, minata nell’intonazione e nel vigore da troppo whisky e troppi abusi. Col passare del tempo le parti vocali di Nash diventano una sfida sempre più ardua, mentre l’ugola di Crosby continua a svolgere il compito di collante naturale tra le altre due, conservando una potenza sorprendente e guadagnando in fascino. Tocca a Woodstock l’onore di aprire le danze, seguita dal graditissimo ritorno in scaletta di Military Madness. E se Crosby sfoggia subito una voce invidiabile nella sua Long Time Comin’, Stills arranca nelle strofe di Southern Cross, e poi omaggia l’amico Neil Young con una Long May You Run che, purtroppo, non entusiasma. Ci pensa una Déjà Vu straripante di assoli a risollevare il morale, e Nash coglie l’occasione per presentare Chad Cromwell all’organo B-3, James Raymond alle tastiere, Bob Glaub al basso e Joe Vitale: «È il nostro batterista da trent’anni, ed è italiano!». Il primo tempo si chiude con il duello tra la chitarra di Stills e l’organo di Cromwell sulle note di Wooden Ships, che si guadagna una standing ovation, ma le vere sorprese devono ancora arrivare. Qualunque cosa sia successa nei camerini, i tre tornano in scena ispirati e rinvigoriti: soprattutto Stills. Lasciati soli regalano un’anteprima del nuovo disco di cover a cui stanno lavorando con Rick Rubin. La voce di Stills torna a ruggire in Midnight Rider dell’Allman Brothers Band, mentre le armonie vocali di Girl From The North Country di Bob Dylan sono così perfette da far venire i brividi. Sul ritornello di Ruby Tuesday degli Stones ritorna la band al completo, e poi arrivano un’incantevole What Are Their Names a cappella, dedicata ai «governanti americani posseduti dalle grandi compagnie», e un’incantevole Guinnevere. «Non avrei mai finito di scrivere questa canzone senza l’aiuto del nostro amico Jackson Browne» continua Crosby presentando Delta, mentre Nash raggiunge il piano per una strabiliante Cathedral. Our House si guadagna la seconda standing ovation, e poi Nash annuncia «una sorpresa»: Behind Blue Eyes degli Who. Ma non è ancora finita: Crosby spinge le corde vocali a tutta forza in Almost Cut My Hair e poi passa la palla a Stills, che conclude con un assolo esplosivo. Il pubblico è di nuovo in piedi: il chitarrista chiama tutti sotto il palco e tira fuori tutta la voce che gli è rimasta per Love The One You’re With. La festa si conclude con l’immancabile rito corale di Teach Your Children e un augurio di Nash: «We wish you peace!».

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