16/05/2007

Lauryn Hill

Mtv Unplugged No. 2 – Columbia/Sony

Qualche anno fa fui invitato a Londra per assistere a un concerto (l’unico in Europa) di Lauryn Hill. I (pochi) lettori che mi seguono su queste pagine già avranno commentato che il Vites ci andò solo per farsi qualche giorno gratis a Londra a spese della casa discografica… Che ci azzecca infatti Vites con la black music, con l’hip-hop, con Lauryn Hill? Ebbene, ammetto che non aveva neanche ascoltato l’album (era il plurivenduto – 12 milioni di copie – The Miseducation Of Lauryn Hill, che per altro è un bellissimo disco) prima di partire per Londra e che sì, l’attrattiva maggiore, per me, era proprio il soggiorno gratuito nella capitale inglese. Ma quel concerto in una caldissima e affollatissima Brixton Academy (un pubblico composto per il 90% di neri e di tante fascinosissime ragazze nere… c’era tutta la black community di Londra quella sera) letteralmente mi lasciò a bocca aperta. Con un gruppo di oltre una dozzina di musicisti (sezione fiati, coriste, percussionisti, ecc. ecc. e con una apparizione del figlio di Bob Marley, marito di Lauryn, con bandiera giamaicana sulle spalle che sollevò una ovazione devastante tra il pubblico) Lauryn conquistò Londra e il mio cuore, formidabile interprete non più solo hip-hop ma erede della grande tradizione della miglior black music. La conferenza stampa, il giorno dopo, mi conquistò altrettanto: blindatissima da corpulente security guard come una vera rock star ma deliziosamente intelligente e sincera anche nelle parole. Non solo nella musica.

Ecco perché attendevo ormai da troppi anni un segno – discografico – della ragazza, che ha dedicato i quattro anni dall’uscita di quel disco a tirare su figlioletti e a meditare.

Il risultato è questo Unplugged, che è la dimostrazione che Lauryn è una delle poche (pochissime) performer di black music contemporanea con qualcosa da dire. Dicono che in questi quattro anni si è innamorata della chitarra e ha voluto imparare a suonarla: ecco perché è completamente da sola, in questo concerto, con una chitarra con le corde di nylon. La suona in modo approssimativo, molto ritmico, ma che importa. È un atto di coraggio fortissimo, che sfida ogni regola del music business, anche se lei dice che si tratta solo di un episodio. Lauryn Hill cantautrice con la chitarra è uno shock, e vale la pena dovendo scegliere optare per l’acquisto del video, anche perché Lauryn bisogna vederla. Come quando durante la bellissima I Gotta Find Peace Of Mind scoppia letteralmente a piangere, continuando a cantare, mentre il pubblico ai suoi piedi è shockato. Si alza in piedi anche il marito, preoccupato, si passa una mano sul viso non sapendo come comportarsi. È un momento emozionante, di quelli che non si vedono più in un concerto, specialmente televisivo, segnale della fortissima tensione emotiva che la ragazza sta mettendo nella performance, e segno di dedizione così profondo alla propria musica come non si ascolta ormai più.

Unplugged è un disco difficile, molto difficile, anche perché Lauryn tra un brano e l’altro parla molto, raccontando la genesi dei brani (attenzione: si tratta solo di canzoni nuove, neanche un successo del passato nè solista nè con i Fugees… se questo non è coraggio…), anedotti, confessioni intime e personali.

Ma Lauryn è anche una guerriera, nel più vero spirito di Bob Marley, di cui già in Miseducation si coglievano i segni: Freedom Time e Mystery Of Iniquity lanciano fortissimo al cielo il messaggio della community, quella dei black people di cui la cantante è una delle più rispettate portavoci, con un carisma e un senso di spoken word (questo non è più hip-hop) che travolgono l’ascoltatore: un fiume innarrestabile di parole che ti vengono gettate contro, una forza espressiva che ti rimanda di schianto ai giorni di Martin Luther King.

Piace molto anche l’iniziale Mr. Intentional, dalla vena liricamente soul, così come Never Forget o l’arpeggiata I Find It Hard To Say (Rebel).

Non fatevi spaventare dai lunghi dialoghi, anche se si spera che qualcuno traduca i testi delle canzoni e il parlato: come succede solo in occasioni rare, in questa performance la musica diventa un messaggio universale.

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Voto: 9
Perché: non è solo un concerto, non sono solo canzoni. È una performance totale, ed è il grido di dolore di una donna e del suo popolo. Greil Marcus dice che i cantanti di colore, oggi, fanno finta di dispensare emozioni: non è il caso di Lauryn Hill. Se la black music ha una possibilità di salvezza, questa passa attraverso la sue canzoni.

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