01/10/2025

Robert Plant, la (nuova) rinascita con “Saving Grace”

Robert Plant - Saving Grace - Foto di Tom Oldman

Il primo album dell’ex cantante dei Led Zeppelin con la nuova band e con Suzi Dian, che pesca a piene mani dal passato, ma mantiene un suono sorprendentemente moderno

Pochi artisti, nel corso degli anni, hanno avuto il coraggio di spingersi così lontano da sé stessi, di cambiare pelle fino quasi a diventare altro rispetto all’immagine scolpita nell’immaginario collettivo. Robert Plant è uno di loro. Inevitabile, pensando al suo nome, è l’associazione con quel miracolo irripetibile che furono i Led Zeppelin: la voce incendiaria, la rivoluzione sonora, l’aura mistica di un’epoca.

Ma da decenni Plant percorre strade nuove, seguendo traiettorie impreviste e spesso sorprendenti. L’ultima tappa di questo cammino si chiama Saving Grace, il primo album con la nuova band pubblicato da Nonesuch Records: un “libro di canzoni perdute e ritrovate”, come lo definisce lo stesso Plant. Nato durante il silenzio del lockdown nella campagna inglese e cresciuto come laboratorio di suoni condivisi, il progetto rappresenta una rinascita. Dopo l’abbraccio artistico con Alison Krauss per l’acclamato Raise the Roof (2021), Plant si circonda ora di Suzi Dian, Oli Jefferson, Tony Kelsey, Matt Worley e Barney Morse-Brown: un gruppo eterogeneo che, in sei anni di lavoro comune, ha dato vita a un linguaggio originale fatto di radici folk, suggestioni arcaiche e una leggerezza vitale.

 

ROBERT PLANT Saving Grace

 

Il risultato è un disco che suona come un ritorno al futuro: il folk e il gospel come ossatura, accanto a riverberi country, influssi mediorientali, blues e standard rivitalizzati. Pur pescando a piene mani dal passato, l’album mantiene un suono sorprendentemente moderno, lontano dalle derive retrò di tanti progetti simili. La chiave è soprattutto nell’intreccio vocale tra Plant e Suzi Dian, che illumina tanto le ballad più delicate, come Too far from you, quanto i momenti più intensi, fino alla chiusura affidata al dylaniano Gospel Tough. Un finale che non è soltanto la conclusione di un disco che suona come balsamo per le orecchie e l’anima, ma il sigillo di un percorso: Robert Plant continua a ricordarci che la vera fedeltà non è a un mito cristallizzato, ma al coraggio inesauribile di reinventarsi.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!