13/07/2007

CHARLIE IS BACK, OVVERO SOGNO DI UNA NOTTE DI INIZIO ESTATE

Ho avuto un sogno. Un altro, direte voi? Bé, ragazzi, l’ultima volta che ve l’ho raccontato è stato poco meno di un anno fa (vedi JAM 42). Non lamentatevi. In fin dei conti sono uno che sogna poco. E poi tutto sommato, l’altra volta è andata abbastanza bene. Non dico che tutto quello che ho sognato si è avverato, però non ci si può lamentare. Ve lo ricordate?

Innanzitutto l’annata calcistica: la definirei piena di soddisfazioni. Certo, l’Inter non è andata in B però non ha vinto un cazzo neanche quest’anno. Non capisco perché Moratti non segua i miei consigli invece che quelli di Nico Colonna: una bella fusione con l’Atalanta e via, ci siamo levati il pensiero. La Juve non ha perso la sua terza finale di Champion’s League consecutiva semplicemente perché si è fatta fottere dai Calypso Boys in semifinale. Peccato, hanno sofferto di meno.

Noi, in compenso, abbiamo vinto uno scudetto ‘strameritato’ senza esaltarci più di tanto (come dimostrato dall’eleganza e dalla compostezza delle reazioni dei dirigenti della squadra). In verità, un po’ di culo lo abbiamo avuto ma questo ha soltanto aumentato la libidine. E in Piazza del Duomo, di Albertini (il sindaco) con la maglia di Albertini (il Demetrio), ne vogliamo parlare?

Di Baglioni si sono perse le tracce: vuoi vedere che è andato davvero a costruire violini e chitarre nell’Illinois insieme a David Bromberg?

Il buon Trotta non ha rifatto Sonoria però ha messo in piedi il Monza Rock Festival e ha portato Springsteen in Italia: bravo. Se non fosse un po’ troppo interista lo nominerei (Rock) Man Of The Year.

Fabio ‘the blues will never die’ Treves non ha vinto un Grammy però ha fatto uscire un nuovo disco, autoprodotto e autosponsorizzato: bravissimo.

Non sono andato a New Orleans con Dennis Hopper, Peter Fonda e Jack Nicholson però avete visto che razza di cover story vi ho scritto?

E se non si può avere una Woodstock tutti gli anni, almeno ogni cinque sì: lo ha confermato Michael Lang nel corso della conferenza stampa di Woodstock ’99.

In definitiva, visto che i miei sogni ‘portano buono’, vi racconto l’ultimo, quello fatto nel corso di una fresca notte di questo inizio estate.

Luogo: San Francisco, California. Per essere più precisi: 710 Ashbury Street, sì, proprio nella casa vittoriana che fu di proprietà dei Grateful Dead. Perché proprio lì, chiederete voi? Perché me la sono comprata, rispondo io.

Comunque, scendo le scale e mi imbatto in un ometto barbuto che mi sembra di conoscere.

“Ezio, finalmente ti ho trovato…”.

“Charlie? Ma sei proprio tu? Cazzo fai, sei già fuori di prigione?”

“Beh, ci ho passato dentro trent’anni… vedi un po’ te… Ma non perdiamo tempo. Ti devo parlare: ho un’idea grandiosa. Sta’ a sentire: ho già pronti 10 pezzi fantastici. Basta solo registrarli. Se ti va, andiamo nel mio vecchio ranch nella Death Valley e te li faccio ascoltare. Non ho dubbi: sarà l’album del secolo, anzi del millennio. Al ranch staremo tranquilli e potremo discutere del business. Le ragazze le porto io, c’ho anche un tocco di fumo…”.

“Charlie, sei sicuro? Non è che va a finire come l’altra volta?”.

“No, non ti preoccupare. Quello stronzo di Dennis è stincato, Terry Melcher (il bastardo) è ormai in pensione. L’album ce lo produciamo noi. Sarà un successo della madonna”.

“Charlie, io con i dischi ho già dato. E poi, te l’ho detto mille volte: non sei un granchè. A parte che l’ultima roba che hai sentito è l’album bianco dei Beatles…”.

“Fidati. Sono aggiornatissimo. Ho pure fatto un corso di nuove tecnologie. Ti spiego: questo non sarà solo un banalissimo CD. Quella è roba vecchia, così come CD-ROM, DVD e le altre puttanate che l’industria tende a propinarci. Il futuro, ragazzo mio, si chiama CD-IAM…

“Vuoi dire CD-JAM? Come il mio giornale?”.

“Va’ che sei proprio scemo. E vecchio. Ancora lì a pensare alla tua rivistina. Qui si sta parlando di nuove frontiere della musica. Quando dico IAM intendo proprio IAM. Nel senso che il CD te lo mangi. Ti spiego. La musica viene registrata su un piccolissimo microprocessore che viene poi incapsulato in una pasticca di acido (LSCD) circondata da uno strato di marzapane. Una volta ingerito il CD-IAM, il chip entra in funzione in simbiosi con l’acido. Tu vai in coca per un’ora e, in uno stato di vera beatificazione, ti ascolti tutta la musica in quadrifonia e dolby-surround”.

“Ma come fai a cambiare traccia, se il pezzo non ti piace?”.

“Per ora (ma il meccanismo lo sto perfezionando), ti devi dare un cazzotto esattamente alla bocca dello stomaco e automaticamente passi alla track successiva”.

“Ma il chip non è dannoso per la salute?”.

“No. Se il disco ti è piaciuto il tuo corpo libera delle sostanze che dissolvono il chip. Se, al contrario, non è stato di tuo gradimento, l’espulsione è quasi immediata. Così potremo davvero dire che quell’album ci ha fatto cagare…”.

“Ma, se ho capito bene, una volta che il CD-IAM ti è piaciuto davvero per riascoltarlo lo devi ricomprare?”.

“Certo, pisellino. È lì il business. In più i CD-IAM sono belli colorati e hanno un gusto gradevole. E non occupano più spazio inutile negli scaffali di casa Una vera genialata”.

“Saranno felici i miei amici discografici. O, hai deciso di tagliarli fuori?”.

“Al contrario. Il primo che arriva conquista il mondo. Ovviamente deve acquistare il copywright, che ho registrato io circa trent’anni fa”.

“Trent’anni fa? Nel ’69? Charlie, cazzo, dimmi la verità: l’idea è tua o l’hai fottuta a qualcuno?”.

“Come sei pedante… bé, a essere sinceri, il primo chip lo aveva inventato Brian Wilson. Poi, il tuo amico Aldo Pedron gli telefonò e lo convinse che era una stronzata. Così, Brian lo regalò a Roman Polansky che lo nascose in casa sua, a Bel Air…”.

“Non ci posso credere … tutto quel casino per ‘sto cazzo di microchip?”.

“Acqua passata, mio caro. Come dice il vecchio Bob, i tempi stanno cambiando…”.

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