17/05/2007

Dr. John e la luna di New Orleans

Marie Laveau è stata la più famosa sacerdotessa voodoo e anche colei che ha saputo trovare una sorta di curioso, seppur discutibile, compromesso tra la magia nera di origine haitiana e il cattolicesimo. Pare infatti che, dopo aver preparato con cura maniacale il suo “special gumbo” (la zuppa creola tipica della Louisiana) a cui lei era solita aggiungere massicce dosi di veleno per l’assassino che glielo commissionava, Marie mostrasse senso di colpa e relativo pentimento. I suoi formidabili poteri sono stati per anni al servizio delle persone più ricche e influenti di New Orleans. E ancora oggi la sua tomba, al St. Louis Cemetery #1, è meta di pellegrinaggio da parte di coloro che giurano sull’immortalità del suo spirito e che credono che esso sia ancora in grado di esaudire vari desiderata (quelli d’amore, in particolare).

Bene, c’è una vecchia canzone su Marie Laveau che dice che “è stata seppellita una notte / In the wink of the moon, alla luce della luna” e che conferma, una volta di più, di quanto la luna sia un elemento importante della cultura di New Orleans. Non solo la città ha tra i suoi diversi soprannomi quello di Crescent City (la città della mezza luna): tra le credenze della sua profonda e radicatissima tradizione di spiritualità, c’è quella che sostiene che proprio la luna e i corpi celesti regolino le azioni e le reazioni di tutti gli esseri viventi.

Se qualcuno di voi è convinto che quello che vi ho appena detto, così come voodoo, lune creole, spezie colorate e galline sgozzate, sia solo una leggenda appartenente ad un passato lontano, lo invito a fare un salto a New Orleans il prossimo febbraio in occasione del Mardi Gras, il più grande e pittoresco carnevale del mondo dopo quello di Rio. Oppure, visto che forse è un po’ più semplice e meno costoso, suggerisco l’acquisto del nuovo album del grande Malcolm John ‘Mac’ Rebennack, Jr. detto Dr. John (Creole Moon) dalle cui note di copertina abbiamo tratto l’aneddoto di Marie Laveau.

Come infatti lo stesso Dottore racconta, “a New Orleans ogni scusa è buona per fare festa. Persino la morte: pensate ai nostri funerali, alla musica delle Second Line. Perché per noi, anche quello è un modo per celebrare la vita. Quando un nostro caro ci lascia noi diciamo che ‘se n’è andato in un posto migliore’. E questo è anche quello che cerchiamo di comunicare con la nostra musica”.

Creole Moon non è solo un altro dei tanti capolavori discografici del leggendario Night Tripper (il viaggiatore della notte, come lui stesso si è voluto chiamare alla fine degli anni Sessanta); è, secondo le parole dello stesso Dr. John , “la mia personalissima interpretazione di New Orleans. E mostra tutto quello che a me piace della nostra musica: le tante influenze che si fondono sino a diventare una sola, le connessioni tra culture diverse che si uniscono contribuendo allo spirito unico del sud Louisiana. Noi prendiamo un po’ di qua, un po’ di là, lo mescoliamo e quello che otteniamo è una specie di gumbo musicale”.

Accompagnato dai Lower 9-11 (il trio formato da David Barard al basso, Herman Roscoe Ernest III alla batteria, e Renard Poché alla chitarra), Dr. John trasporta l’ascoltatore in un suggestivo viaggio virtuale tra il Quartiere Francese e le bayou paludose del cajun country. Con lui salgono a bordo David Fathead Newman, Michael Doucet, Sonny Landreth, Kevin Louis, Curtis Pierre, Michael Skinkus e le coriste Catherine Russell e Nikki Richards: la crème, cioè, della musica della Louisiana (tra l’altro, se siete interessati all’argomento, seguite con attenzione le notizie sui prossimi numeri di JAM: Editori Riuniti sta per pubblicare tra gennaio e febbraio una guida rock – curata dai nostri collaboratori Carmelo Genovese e Aldo Pedron – dedicata a New Orleans e alla Louisiana piena zeppa di informazioni e notizie).

Nelle 14 tracce di Creole Moon, tra ritmi sincopati, melodie insinuanti, arrangiamenti in costante equilibrio tra jazz, blues e R&B, si viene rapiti da una seducente magia sonora creola. Ogni canzone, poi, è una vera e propria vignetta che contiene una storia; come Georgianna che, nella descrizione del suo autore, “è stata ispirata dalla visione del mio scomparso padre. Mi trovavo nel mio appartamento sulla 37esima e ho visto Malcolm John Rebennack, Sr. seduto accanto a me. Non era la prima volta che succedeva; però quel giorno mio padre stava canticchiando una melodia. E così io ho messo le parole a quel motivetto raccontando la storia di una ragazza cajun che conoscevo: il solito, vecchio triangolo amoroso”. Ma anche come Bruha Bembe, canzone dedicata a una strega bianca, una guaritrice. Oppure Monkey & Baboon, uno dei pezzi più entusiasmanti del disco, che parla dei pericoli di una vita criminale con una metafora sulla giungla e i suoi animali.

Ben quattro brani su quattordici sono stati scritti da Dr. John insieme al vecchio amico Doc Pomus inclusa la traccia conclusiva (One 2 A.M. Too Many): “Il mio pezzo preferito”, sottolinea lo stesso Dr. John, “che mi ricorda di Doc e che a lui voglio dedicare”.

Tutti gli altri pezzi hanno la firma di Rebennack con o senza coautori vari e si muovono tra ritmi, colori e atmosfere tipici della Big Easy. Anche se, con grande sapienza e gusto impeccabile, Dr. John (non solo attraverso il suo inconfondibile timbro nasale) riesce a personalizzare in modo assolutamente magistrale. Inserendo, in particolare, massicce dosi di quel funk (la formidabile Food For Thot ha l’ipnotico riff e l’inarrestabile groove del miglior James Brown) che solo i Neville Brothers riescono a rendere in modo altrettanto spumeggiante. E così, dopo un’avventura sonica (Anutha Zone, 1997) con alcuni nomi del panorama britannico che lo hanno mitizzato (da Paul Weller a Jason Pierce degli Spiritualized fino ai Supergrass) e il raffinatissimo tributo a Duke Ellington dello scorso anno (Duke Elegant, 2000), Dr. John chiude questa trilogia con la sua nuova etichetta discografica con l’ennesimo tributo alla città del Delta, alle sue musiche, ai suoi mille simbolismi.

Perché a 60 anni, con una ritrovata forma fisica e senza più bisogno di additivi chimici, il Dottore s’identifica sempre più nel Barone Samedi, il personaggio misterioso che campeggia sulla copertina del disco. Un autentico signore della vita e della morte, straordinariamente importante per la cultura di New Orleans. Il cui nome, in francese, significa Sabato, il giorno in cui si onora il pianeta Saturno, il giorno di festa, il giorno degli appuntamenti d’amore, il giorno del rispetto per i defunti, il giorno in cui si cercano di scoprire i grandi misteri.

Per questo, ancora oggi quando si esibisce in concerto, Dr. John adora essere circondato da candele, indossare abiti da cui penzolano simboli voodoo, bruciare incenso, usare un bastone di canna. Proprio così lo ricordo quando, anni fa, ho passato un’intera giornata con lui a New Orleans. E anche se, all’epoca, nel suo sangue scorreva troppa droga (che gli annebbiava il cervello e gli arrotolava la lingua) non potrò mai scordarmi la sua presenza eccentrica, il suo formidabile carisma, la sua musica formidabile. E, ora che ci penso, quando siamo usciti dal Tipitina e abbiamo camminato per qualche minuto insieme in Napoleon Avenue, ricordo che sopra di noi c’era una luminosissima luna creola.

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