02/02/2012

FRANCO BATTIATO

UN COMPOSITORE SUL DIVANO

Milano, primissimi anni 70. I muri della città sono tappezzati di poster che raffigurano uno strano tipo seduto su un divano. Pare una sorta di Robert Smith ante litteram: ha la faccia dipinta di bianco, grossi occhiali da sole e i capelli arruffati. Indossa un paio di vistosi pantaloni a stelle e strisce e degli stivaloni al ginocchio… Sopra la foto, lo slogan della campagna: «Che c’è da guardare? Non avete mai visto la pubblicità di un divano?».
«Me la ricordo bene…», mi dice sorridendo Franco Battiato, «quella era stata una delle tante genialate di Gianni Sassi. All’epoca, credo fosse il 1971, avevo un gruppo (gli Osage Tribe) e in scena ci dipingevamo la faccia di bianco. Un giorno mi ha chiesto se poteva farmi delle foto… Ha voluto che mi truccassi come quando salivo sul palco ma, sotto le luci, il make up si è seccato creando delle inquietanti crepe sul viso… Qualche mese dopo ho visto la mia faccia su tutti i muri di Milano a pubblicizzare un divano della ditta Busnelli… Sassi era davvero un personaggio unico: vulcanico, coraggioso e creativo. Io l’ho conosciuto prima che fondasse la Cramps e, insieme, abbiamo condiviso tante esperienze». E quei pantaloni a stelle e strisce? Claudio Rocchi sostiene che te li avesse prestati lui… «È vero», conferma, «Claudio ha sempre avuto un gusto estetico molto particolare…». A proposito di gusto estetico, anche Battiato non scherza. Forse a causa della temperatura polare, si presenta da noi con un bel colbacco. Ma, nonostante il freddo milanese, sembra proprio di buon umore. Trova persino il tempo di scherzare con i fonici dello studio raccontando un buffo episodio che riguarda una nota cantante italiana. Già, proprio quella che interrompe i musicisti che la accompagnano nella sua canzone più famosa chiedendo loro: «Ma in che tonalità la state facendo?». «In Mi maggiore», rispondono in coro. «È troppo alta», replica lei, «fatela in Mi minore…». Sorride Battiato. E lo fa anche parlando di un periodo storico (quello degli anni 70) dal quale per certi versi prende le distanze. Quando gli chiedo un ricordo dei festival di Re Nudo, in particolare del primissimo, quello di Zerbo di cui quest’anno si celebra il 40ennale dice: «Per quegli anni non provo né nostalgia, né tenerezza… Non mi sono mai considerato parte del “movimento”. Io ero, sono e sempre sarò soltanto un musicista». Un musicista, o meglio un compositore (come a lui stesso piace definirsi) che oggi pubblica la sua quarta opera colta, Telesio, un lavoro commissionato dal Teatro Rendano di Cosenza, città natale del filosofo, in occasione del 500esimo anniversario della nascita. Gli leggo quattro righe che ho trovato in Rete: «Battiato è un furbo. Battiato è un genio. Battiato è un mistificatore. Battiato è un martire. Battiato è un intellettualoide… Battiato continua per la sua strada senza curarsene, e bisogna riconoscere, al di là di qualsiasi posizione personale, che tale cammino è lontanissimo dalle autostrade della commercialità». Sono parole pubblicate il 25 marzo 1973 su Ciao 2001 ma, forse, potrebbero valere anche oggi… «Sì e no», risponde. «Quella che facevo in quegli anni era musica sperimentale, di rottura… Il Telesio è una cosa diversa, ha coordinate più classiche… e poi sono cambiati i tempi». Però, a chi lo ha accusato di aver fatto un lavoro di difficile ascolto risponde che la musica non dev’essere facile. «Non so se ho detto proprio così», precisa, «ricordo invece che, a un politico che aveva detto che un mio disco era difficile, ho risposto: “Sei tu che sei troppo facile”». La sua unica paura è quella di «ripetere cose già dette»… «Sì», conferma, «in 40 e passa anni di carriera ho cercato di non scrivere mai due volte la stessa canzone… forse, anche questa innata curiosità mi spinge da sempre a sperimentare su nuovi territori». Il Telesio è un lavoro su commissione, proprio come accade ai musicisti colti. Franco Battiato è uno dei pochi artisti (anzi, compositori) che si cimenta con successo in ambito classico e popolare. «Quando ricevi una commissione è sempre un mistero», spiega, «non sai che lavoro nascerà… Non ho mai studiato Telesio né mi ero interessato alla sua opera prima di questo progetto. Devo dire che poi ne sono rimasto affascinato».
L’opera teatrale, con l’utilizzo di ologrammi al posto di attori, ha fatto scalpore. La parte visiva del lavoro (ben documentata sul dvd) è predominante e lo stesso Battiato ammette che «l’ascolto del solo audio (cd) potrebbe essere parziale… e forse nemmeno riesce a reggere da solo…». Nella versione deluxe del cofanetto c’è anche un ritratto di Telesio dipinto da Battiato. Pochi anni fa, a una sua mostra all’Istituto Italiano di Cultura a Los Angeles, Franco ammetteva di essere un «pittore in corso d’opera». Eppure, oggi, leggo recensioni entusiastiche dei suoi quadri… «Davvero?», mi guarda stupito. «Quando ho iniziato a dipingere non ero in grado di fare nulla… non ho studiato, ho fatto tutto da solo: disegnando e cancellando, pitturando e cancellando di nuovo… La pittura mi rilassa e oggi, dopo un po’ di anni, comincia a darmi qualche soddisfazione».
Musica classica, canzoni, libri, quadri e film: Battiato è un artista a 360 gradi, uno che non si ferma, uno che guarda avanti. Perché, come dice lui «la mia mente continua ad esplorare in ogni direzione senza preconcetti». Il suo prossimo progetto è un film su Georg Frideric Handel. Fermo, in attesa di finanziamenti. Ma lo sai che a Londra, sopra il museo Handel, ci ha abitato Jimi Hendrix? «Vuoi che non lo sappia?», mi dice ridendo. «Piuttosto non sono sicuro che lo sapesse Jimi… ».

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