15/05/2007

James Taylor

Milano, Teatro Smeraldo, 16 settembre 2002

Il pubblico ha appena finito di cantare il ritornello di How Sweet It Is (To Be Loved By You). Sono ancora tutti in piedi ad applaudire il loro eroe quando lui, JT, fa un cenno al chitarrista Mike Landau. Subito parte una versione minimalista di Sweet Baby James impreziosita dalla raffinata Jim Olsen acustica di Taylor, dai soffici tocchi dell’elettrica di Landau e da un’interpretazione vocale assolutamente magistrale. È emozione allo stato puro; ed è l’ultima chicca di un concerto che, nella migliore tradizione delle performance live di JT, è contrassegnato da classe sopraffina, espressività artistica formidabile, eleganza estetica eccezionale.

Quando James sale sul palco sono le 21.10: il teatro è sold out (dicono gli organizzatori D’Alessandro & Galli di aver ricevuto richieste che solo il Forum di Assago avrebbe potuto esaudire). Non saranno i 50.000 della sera prima (concerto gratuito in Piazza del Popolo, a Roma) ma i 2.000 e fischia dello Smeraldo sono una platea calorosissima.

Taylor è accolto immediatamente con un affetto straordinario. E già il primo pezzo (October Road, title track del nuovo album) viene applaudito come fosse un classico del suo repertorio. Lui (timidone di natura) si schermisce. Ma percepisce benissimo la simpatia del pubblico e quasi subito vuole rispondere. “Scusatemi se dopo tanti anni che vengo nel vostro bellissimo paese, ancora non parlo italiano.” Chi conosce James capisce che questo è il suo modo di restituire tanto affetto. Concretamente lo aveva già fatto concedendo all’Italia ben due date del suo mini-tour europeo che promuove October Road.

Accompagnato da un quartetto di autentici ‘professori’ (i fidi Jimmie Johnson al basso e il già citato Mike Landau alla chitarra, più il formidabile tastierista Larry Goldings e, a sorpresa, il leggendario batterista Steve Gadd), Taylor ha costruito il suo show come sempre mettendo al centro del suono e degli arrangiamenti la sua deliziosa, inimitabile chitarra acustica. I ‘professori’, a parte casi rarissimi, si sono messi volentieri a completa disposizione del leader.

Belle le versioni dei nuovi brani (October Road e Whenever You’re Ready su tutte), ottime (nella prima parte) Copperline, Frozen Man, commoventi Fire And Rain e You’ve Got A Friend prima della canonica pausa. Il secondo tempo scorre via ancora più fluido. Piacciono la western song Diamond Joe e le classiche Carolina On My Mind e Country Road (in versione grintosissima). Il concerto si chiude con la spumeggiante My Smiling Face. Nei 4 bis una bluesatissima Steamroller (con inizio di JT all’armonica) è seguita da Up On The Roof e How Sweet It Is.

Tonico, asciutto (ma con sempre meno capelli.), Taylor si è presentato nella solita mise informale (polo azzurro e pantaloni kaki). E, a parte un paio di cali di voce scusabilissimi (su Up On The Roof e On The 4th Of July), è stato impeccabile. Unico appunto (almeno per chi scrive), la mancanza di coristi: avrebbero dato più varietà e trasformato questo concerto bellissimo in uno spettacolo perfetto.

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