18/05/2007

John Coltrane

A Love Supreme (Impulse, 1964)

Con queste toccanti parole di  fede e di amore, John William Coltrane detto presenta la suite in  quattro parti di A Love Supreme: il disco più amato e curato di uno  dei più influenti jazzmen del nostro tempo, a partire dal sodalizio  con Miles Davis fino agli incontri con Monk e con gli uomini dell’avanguardia,  Dolphy e Coleman su tutti. Un lavoro voluto fortemente fin nei minimi  dettagli, dall’immagine di copertina (era la sua foto preferita)  alla grafica austera e rigorosamente in bianco e nero. Già Crescent,  disco inciso nel giugno dello stesso anno, era stato il preludio della  sua conversione al misticismo, condizione acutizzatasi ancor di più  per la morte del grande amico Eric Dolphy, a pochi mesi dall’uscita  di quell’album. A Love Supreme è un’opera che nasce dal desiderio  intimo di religiosità suprema di un uomo che fino a pochi anni prima  era perduto moralmente e fisicamente, divorato dall’alcol e dall’eroina.  Un disco che diventa una sorta di acuta indagine introspettiva e che  ha il proprio centro nell’Io. A Love Supreme è quindi strettamente  legato alla vita e diviene inevitabilmente un momento essenziale per  la creazione di una nuova dimensione umana e musicale di .

Quella specie di poesia  introduttiva di Coltrane è la sintesi di un itinerario esistenziale  che conduce l’uomo e il musicista a un confronto con Dio. L’articolazione  sonora dei quattro movimenti (Acknowledgement, Resolution, Pursuance,  Pslam) risente di queste esigenze interiori e la costruzione musicale  va a toccare addirittura strutture appartenenti a tradizioni musicali  e religiose sia occidentali che orientali; infatti per il sassofonista  l’orientamento verso forme rituali di tipo indiano si miscelava con una forma di cattolicesimo personalissimo, intriso di spiritualità e  crisi di coscienza. Quindi, oltre a basarsi su una grande libertà  improvvisativa rispetto alle strutture delle sequenze armoniche a  favore dei valori timbrici, l’opera si snoda maestosa nei labirinti  nascosti del jazz e finisce per approdare a una serie di appunti  continui e a un clima molto meditativo.

Questo nuovo corso (Coltrane  aveva abbracciato da qualche anno lo spiritualismo panconfessionale e praticava lo yoga) viene inaugurato dal quartetto composto Jimmy  Garrison al contrabbasso, Alfred McCoy Tyner al pianoforte ed Elvin  Jones alla batteria. Muovendosi dentro alla logica della suite, sente  di esprimersi come fosse un circuito dell’anima che prende e  coinvolge di riflesso anche gli altri musicisti – tutto sommato meno  ascetici di lui. Il sax comincia a respirare forte viaggiando al di  là dell’estro e dell’invenzione: qui c’è qualcosa di più  grande dell’ingegno sonoro, c’è l’intima necessità di arrivare finalmente a una coscienza positiva come essere umano. Anche se molti  ritengono che questo disco è per certi versi un lavoro di jazz  modale, in realtà risente molto della avvenuta a New York nel 1960,  ovvero della New Thing e delle esperienze con Monk. I significati  religiosi si sviluppano sulle scia delle teorie di Martin Luther King  e di un equilibrio mistico interiore alla ricerca del Bene. Una  posizione ideologica assunta da Coltrane e da tutti quei musicisti non  aderenti al Black Power e alla sua tensione verso una rivoluzione.  Tutto ciò ne modifica la personalità. A Love Supreme è acqua  purissima, limpida: musica come trasformazione vitale, musica e  movimento, musica e Dio, così d’impatto emotivo da andare al di là  di ogni innovazione stilistica.

Con il passaggio dall’etichetta  Atlantic all’Impulse di qualche anno prima, si nota proprio questa trasformazione, il desiderio forte di innestare nella sua esperienza  musicale un discorso mistico. Una specie di respiro naturale che vuol  dimostrare che la vita stessa è musica, musica della spontaneità e  in essa non c’è contraffazione. . Religione e religiosità,  complementari ma di fatto contrapposte, lottano in un’immensa  esplorazione di intenzioni e di desideri: impulsi che vanno verso l’Assoluto  con la simbologia dell’ (Acknowledgement); cui seguono la (Resolution)  e l’ (Pursuance) per arrivare al (Psalm). Il sax viene lanciato in  alto, la ritmica coinvolge l’ascoltatore, il piano lascia ampi spazi  di pensiero e tutto risponde all’esigenza di .

Il primo movimento, con il  riff di quattro note fa-la bemolle-fa-si bemolle ripetuto con la  cellula A-Love-Su-Preme, è l’inizio di un corsa verso l’Assoluto.  McCoy Tyner è il riferimento armonico per il suo sax dal fraseggio  volutamente scarno, essenziale, mentre il complesso drumming  poliritmico di Jones diventa l’interlocutore privilegiato per l’improvvisazione  insieme con il solido basso di Garrison. I sette minuti di Resolution  sono illuminanti per comprendere il nuovo suono di , che con il  sassofono prende quattro note e le fa viaggiare ora verso gli acuti,  ora verso il grave, creando una specie di urto con l’accompagnamento  sempre ancorato alla scala base e donando così insondabili  profondità emotive (il sax tenore sdoppiato per effetto di  sovraincisione).

Il finale Psalm risponde alla  volontà di avere Dio dentro di sé e di volare verso spazi stellari  in un abbandono luminoso. Il suo microcosmo diviso da esperienza  audace e linguaggio viene definito da molti come la liturgia dell’hard  bop. In realtà è ancora di più, è l’esplorazione di una  sonorità fino a vertici emotivi inarrivabili. Dice il critico e  storico del jazz Nat Hentoff: . Un suono come forza di trasformazione,  come rapporto diretto tra l’uomo e Dio. Un sogno estatico,  metafisico, verso aree incontaminate dove si può incontrare la musica  mantrica. Atmosfera che prende corpo e si sviluppa anche in un flusso  ritmico suggestivo. indaga, s’intromette con il suo soffio e crea  qualcosa di enorme come nella traccia conclusiva, quando lo  stravolgimento, la vitalità del suono e la saggezza d’espressione accendono il senso del giusto e del bello. .

Questo è stato l’insegnamento  spirituale-artistico di , che non è legato esclusivamente al mondo afroamericano, ma è universale come i capolavori di Parker, Ellington,  Davis. . E da qui in avanti si aprirà il periodo mistico di , che  dopo questo lavoro si addentrerà anima e corpo in una fase molto sperimentale e dagli itinerari stravolgenti radicalizzati nel free di  Ascension, nei duetti astratti di Interstellar Space per concludersi  solo con la sua improvvisa scomparsa.

Questo capolavoro, a distanza  di anni, resta ancora uno dei dischi più venduti, amati e citati  nella storia del jazz. Nonché territorio prediletto per il mondo del  rock, che ha fatto propria quella semplice ma efficace cellula di note  chiamata.

DISCHI DELLA  MEDESIMA VENA ARTISTICA

Benny  Golson / The Philadelphians (United Artists, 1958)
 Il sassofonista di Philadelphia, trascurato dai contemporanei e all’ombra  di Coltrane e Rollins, è stato un grande maestro per artisti come  Archie Shepp. Nella sterminata e un po’ discontinua discografia di Golson, questo è un disco da non mancare se si vuole intedendere  appieno il significato di hard bop e l’importanza che avrebbe avuto su  come ulteriore sviluppo della sua ricerca. Blues March e Stablemates sono entrati di diritto nel miglior repertorio del jazz moderno.

Yusef Lateef / Yusef Lateef  (Prestige, 1961)
 Un grande manipolatore sonoro e uno dei primi – insieme a Coltrane e a  Don Cherry – a inserire la world music nel jazz, portando qualcosa di  nuovo in fatto di atmosfere. Questo disco è una mini-summa del suo  lavoro con la Prestige. Un’antologia che permette di mettere a fuoco  le numerose sfaccettature e il talento multistrumentista.

Elvin Jones / Illumination!  (Impulse, 1963)
 L’ombra di Coltrane aleggia maestosa su questo secondo album da leader  del poderoso batterista. Coltraniano convinto, Elvin Jones è stato il  pilastro insostituibile del quartetto di dal ‘60 al ‘65 fornendogli  un beat eccezionale e inconfondibile. In questo lavoro troviamo un  sestetto ispirato dove spiccano le figure di un altro collaboratore di  Coltrane, McCoy Tyner, Prince Lasha e Sonny Simmons, tutto verso una  musica in equilibrio tra il miglior hard bop e forme decisamente free.

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