21/12/2007

Led Zeppelin

Londra, 02 Arena, 10 dicembre 2007

Buio in sala. Solo i led degli amplificatori brillano sul palco insieme ai riflessi della batteria trasparente. Sul maxischermo parte il video di un telegiornale americano del 1973 che annuncia l’abbattimento del record di pubblico dei Beatles ad opera dei Led Zeppelin. Jimmy Page, Robert Plant, John Paul Jones e Jason Bonham entrano in sordina, pronti per lanciarsi in Good Times Bad Times. Sono compatti, suonano l’uno vicinissimo all’altro al centro del palco. Page sorride dopo aver finito il solo e per contro stenta a prendere il tempo di Ramble On, malgrado lo sguardo paziente di John Paul Jones. Robert Plant sembra il meno emozionato: pare che ascolti tutto e tutti, la musica e i pensieri che s’intrecciano on stage. “Se saliremo sul palco sarà per provare che non siamo immortali” aveva dichiarato pochi giorni prima il concerto. Nell’arco di due ore i Led Zeppelin offrono il meglio del loro repertorio. Dazed And Confused vede ancora protagonista Jimmy Page racchiuso nella piramide laser con tanto di archetto di violino, senza sembrare retrò o fuori luogo: dopo quasi quarant’anni, assistere dal vivo a un momento di cui si è sentito solo parlare finisce per donare spessore e credibilità all’atto stesso, tanto più che a suonare l’archetto è colui che lo ha fatto per la prima volta nel lontano 1968.

È proprio la fusione tra i riff senza tempo e i volti, invecchiati e “veri”, di coloro che li suonano ad aggiungere stasera una nuova dimensione alla musica dei Led Zeppelin. In My Time Of Dying, Trampled Underfoot, Nobody’s Fault But Mine hanno ritrovato la loro essenza blues, non soltanto per le parole con cui Plant le presenta (“È un blues che abbiamo sentito per la prima volta nel 1932” dice ironicamente di In My Time Of Dying) ma per la loro fisicità e vitalità. Per ogni sbavatura, alcune abbastanza evidenti, c’è stato il brivido di avvertire il piacere e lo stupore negli occhi di tre non più giovani amici musicisti che a sessant’anni decidono di mettere a rischio la loro reputazione di “dei pagani” suonando un repertorio che non fa sconti a nessuno. “Ehi Ahmet, ce l’hai fatta un’altra volta” scherza Plant dopo Stairway To Heaven. Questa volta, però, i tre Zeppelin non sono solo saliti di nuovo insieme su un palco come nel 1988, ma si sono riappropriati di una parte della loro vita da cui scappavano da troppo tempo, confermando che “the song remains the same” – la canzone rimane la stessa – e che siamo noi a cambiare, qualche volta, per fortuna, in meglio.
Jacopo Meille

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