24/05/2007

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Roger McGuinn

Costretto da sempre a confrontarsi con il suo passato, Roger McGuinn nel nuovo millennio fa un balzo all’indietro ancora più ampio di quello che forse avrebbero voluto i suoi fan. E torna al primo amore, a quella folk music che nel Greenwich Village dei primi anni 60 ha incantato lui e tanti giovani musicisti destinati a diventare stelle di prima grandezza della musica nordamericana.

Rezzato è un paesino della ricca provincia bresciana. Da Milano ci vuole un’ora per arrivarci e, seppure la stragrande maggioranza dei milanesi quel posto non l’ha mai sentito nominare, per gli appassionati di musica esso dovrebbe invece avere un suono famigliare. Infatti, a parte il lavoro che nella provincia svolge da anni Adolfo Galli (che insieme al socio Mimmo D’Alessandro forma uno dei tandem di promozione di concerti rock più attivi del nostro paese), al CTM di Rezzato c’è una bella tradizione di musica di qualità. Non stupisce quindi che questo piccolo teatro si sia accaparrato anche una delle cinque date italiane del tour 2001 di Roger McGuinn.

Nativo di Chicago, Roger ha associato il suo nome e la sua arte ai Byrds, la grande band californiana che secondo le stesse parole di McGuinn ha “sancito l’incontro virtuale tra Bob Dylan e i Beatles”. Quando ci viene incontro, vestito elegantemente di nero, non possiamo ignorare il suo fisico asciutto e quel volto leggendario che non ha bisogno di lifting per mascherare le rughe: e pensare che il prossimo 13 luglio questo baldo giovanotto compirà 59 anni (e i suoi capelli non hanno ancora un filo bianco!). Dando però uno sguardo alla frizzante mogliettina Camilla (con lui da quasi 5 lustri), splendida ragazza di 50 anni, viene il dubbio che i McGuinn nascondano in casa una pozione magica.

Il nostro sguardo si distrae dalla coppia quando sul palco distinguiamo l’inconfondibile sagoma della Rickenbacker con al fianco una Martin acustica (entrambe 12 corde, of course) ‘modello Roger McGuinn’ ormai fuori produzione (niente paura guitar players: i 20 milioni necessari per acquistarla erano di per sé un bel deterrente). Infine, ci perdiamo nei ricordi quando nel soundcheck ascoltiamo il riff di Mr. Tambourine Man, quei versi cantati in modo inimitabile, quel ritornello straordinario: roba davvero da pelle d’oca. Ma non c’è solo nostalgia; come dicevano le parole di una canzone di Dylan, resa popolare dai Byrds, McGuinn sembra davvero “much older then, and younger than that now”, cioè più vecchio allora e molto più giovane ora. La sua rinascita artistica (ma anche fisica) riparte dall’amatissima folk music, quel genere che gli ha fatto perdere la testa quando all’inzio degli anni 60 ha lasciato la nativa Windy City per la scena newyorkese del Village.

“Ai tempi vivevo al secondo piano di un appartemento al Earl Hotel in cui stavano John e Michelle Phillips dei Mamas & Papas”, ricorda Roger. “Lavoravo come produttore artistico e direttore musicale di Judy Collins ma anche come autore al Brill Building. Poi, pochi mesi prima che si formassero i Byrds, mi sono trasferito in California. Ma la mia cultura musicale, i miei gusti e le mie attitudini artistiche erano già formate: ecco perché, da un certo punto di vista, non è corretto affermare che i Byrds abbiano rappresentato il suono della California. Anche perché l’unico vero californiano del gruppo (David Crosby) a quei tempi era a New York e quindi forse sarebbe più giusto dire che il sound dei Byrds sia nato al Greenwich Village. E infatti per me l’unico gruppo che ha davvero incorporato lo spirito e le atmosfere della California è stato quello dei fratelli Wilson: i Beach Boys sono stati la quintessenza della cultura californiana.”

Con buona pace della povera anima del sopra menzionato John Phillips (autore di California Dreamin’) che proprio a Roger si riferiva quando nella celeberrima Creeque Alley cantava “McGuinn and McGuire still gettin’ higher”. Barry McGuire (allora insieme ai New Christy Minstrels) frequentava sia McGuinn che i nuovi songwriter del Village. Poi, anche lui trasferitosi in California (mentre John Phillips faceva ancora fatica a mettere insieme i Mamas & Papas) pubblicava Eve Of Destruction poco tempo dopo il successo di Mr. Tambourine Man.

Nato James Joseph McGuinn III, Roger è figlio di due scrittori. È cresciuto sperimentando sul campo la vita on the road seguendo i tour dei suoi genitori per promuovere i loro libri (il più famoso dei quali è stato Parents Can’t Win). Tornato a Chicago, ha seguito l’innata passione per la musica perfezionandosi alla Old Town School Of Folk Music e cominciando ad esibirsi in città. Poi, poco prima di terminare gli studi al college fa la sua prima esperienza discografica quando accompagna i Limeliters nell’album Tonight In Person. Quindi si unisce al trio folk di Chad Mitchell prima di seguire il leggendario Bobby Darin. Dopo due anni passati alla corte di Darin, il trasferimento a New York e l’infatuazione per il folk.

“Sono stati giorni irripetibili. Ci si frequentava tutti, Pete Seeger, Odetta, Joan Baez, Bob Dylan, David Crosby. E si faceva musica semplice e onesta. La musica folk è la mia passione più profonda, come diciamo in America ‘è lì dove sta il nostro cuore’. E mi fa sentire a mio agio in una situazione che permette anche un rapporto confidenziale con il pubblico. E poi posso girare il mondo con mia moglie, vedere posti bellissimi, suonare le cose in cui credo maggiormente, riproporre, perché no, anche i vecchi classici dei Byrds per i tanti appassionati. È come essere in una vacanza senza fine! E te lo dice uno che vive a Orlando in Florida, in un posto in cui viene gente di tutto il mondo a passare le ferie. Eppure, io dopo un paio di settimane che sto a casa ho voglia di tornarmene in giro a esibirmi. Certo, avendo sempre suonato insieme a una band, non è stato facile per me abituarmi a stare solo sul palco. Ad avere tutta la responsabilità dello spettacolo sulle mie spalle. Questo però mi ha dato la libertà di studiare degli show su misura a seconda del pubblico. Ad esempio, qui in Italia so che ci sono molti appassionati del vecchio repertorio dei Byrds e così ho preparato un concerto che ha tenuto conto di questo. Penso sia una forma di rispetto verso chi mi ha sempre sostenuto anche nei momenti meno felici.”

Il suo nuovo look, con pizzetto da intellettuale, rende persino snob quel suo sguardo intenso e attento che potrebbe mettere in soggezione l’interlocutore se non se ne cogliesse il costante sorriso che traspare dagli occhi. Gentile e disponibile, McGuinn spiega bene i suoi obiettivi attuali che ruotano intorno a un progetto che lui stesso ha denominato McGuinn’s Folk Den, il covo del Folk.

“Cinque anni fa ho cominciato a mettere alcune canzoni su un sito Internet in modo che potessero essere scaricate gratuitamente. Per me era un modo di preservare questi brani e di tramandarli alle nuove generazioni. Anche perché in questo momento il music business sembra muoversi in una direzione opposta, lontanissima dal mondo delle tradizioni folk. Non esistendo un vero e proprio museo della Folk Music e non vedendo un posto dove la gente si possa recare ad ascoltare canzoni di questo tipo, ho pensato che Internet fosse il mezzo ideale: è raggiungibile in qualsiasi parte del mondo e attrae l’attenzione dei giovani che non andrebbero mai, senza una motivazione specifica, in un negozio di dischi per cercare i vecchi ellepì di Pete Seeger, Joan Baez o Judy Collins. Effettivamente, questa idea ha funzionato. E così, dal 1996, ogni mese nel Folk Den c’è un nuovo brano che gli appassionati o i semplici curiosi possono scaricare. Ma non c’è solo il download della musica: di ogni brano sono riportate le parole, gli accordi, una piccola descrizione relativa alla storia di ogni canzone e alcune immagini.”

“Sono molto contento e anche orgoglioso di questa piccola operazione che ha avuto anche un’evoluzione discografica. Infatti, ben 4 cd (aquistabili attraverso Mp3.com) racchiudono il meglio del Folk Den. Certo, è un’iniziativa discografica sui generis perché richiede che tu abbia una carta di credito e un computer. Anche per questo sto mettendo a punto un album vero e proprio che uscirà nei prossimi mesi (si parla di fine luglio/agosto, nda). Ovviamente, pur se prodotto dalla Appleseed, una piccola etichetta specializzata che ha un ricco catalogo di Folk Music, questo cd sarà disponibile nei negozi. È concepito nella medesima vena artistica del Folk Den ma presenta materiale inedito. La maggior parte dei brani sono duetti tra me e alcuni grandi nomi del Folk Revival: Pete Seeger, Jean Ritchie, Odetta, Joan Baez, Judy Collins, Tommy Makem (dei Clancy Brothers), Josh White Jr., Frank Hamilton. Al di là di un paio di brani in cui uso la 12 corde Rickenbacker, è un album interamente suonato con strumenti acustici: chitarra, banjo, violino, dulcimer. Ma la cosa davvero carina è che il disco è stato registrato nelle case dei vari musicisti con i quali ho collaborato. E così mi sembra che porti con sé un’atmosfera autentica di spensierato relax. Tutte le canzoni sono brani tradizionali, ballate old timey, canti dei marinai (sea shanties), qualche blues e un paio di cowboy song. Una volta finito il tour europeo e quello australiano, torno negli States per portare in giro uno spettacolo basato su questo nuovo disco: con me ci saranno Judy Collins, Ritchie Havens, Janis Ian.”

Impossibile resistere ad alcune curiosità riguardanti il suo glorioso passato: e così McGuinn ci parla di Easy Rider, Byrds, Dylan.

“Sono da sempre molto amico di Peter Fonda ma sono stato coinvolto in Easy Rider soltanto a produzione ultimata. Come tutti gli altri musicisti che hanno collaborato alla colonna sonora, fui invitato ad una proiezione alla fine della quale Peter Fonda e Dennis Hopper chiedevano il nostro parere (e le eventuali liberatorie). Ebbero dei problemi con Dylan e pertanto mi fu chiesto di scrivere e interpretare più brani di quello che era previsto. L’aneddoto sulla nascita del brano The Ballad Of Easy Rider è assolutamente vero (Dylan per farsi perdonare del fatto di non concedere l’autorizzazione a utilizzare la versione originale di It’s Alright Ma (I’m Only Bleedin’) ha scritto su un foglietto dei versi, lo ha consegnato a Fonda dicendogli: dallo a McGuinn, lui sa cosa farsene, nda).”

“A parte un paio di canzoni usate per Candy e per Don’t Make Waves (un film con Tony Curtis)”, continua McGuinn, “non mi è più capitato di lavorare nel mondo del cinema. Probabilmente, perché non mi è nemmeno interessato più di tanto. Sai, ci sono musicisti che fanno solo quello. Si trasferiscono a Hollywood e dedicano il 100% del loro tempo a scrivere, suonare e registrare colonne sonore. Non sono mai stato interessato a quel tipo di lavoro: ho preferito la classica carriera del musicista rock sempre in giro a suonare con qualche interruzione per la registrazione di nuovi album. Al di là di ciò, sono sempre in contatto con Peter Fonda che ho sentito proprio un paio di settimane fa. Così come Dylan, che ho appena incontrato in Giappone. La scorsa estate, invece, abbiamo fatto una reunion dei Byrds con Crosby e Hillman per una iniziativa di beneficenza.”

Quando parla delle possibilità dei giovani musicisti di emergere nel music business odierno o se gli viene chiesta un’analisi della scena neo folk, Roger si fa serio e anche un poco cinico.

“Se devo dirti la verità, non seguo molto le novità folk. C’è stato un momento in cui mi piacevano quelle band tipo Jayhawks o Wilco. Sì anche Dar Williams mi convince e apprezzo molto quello che fa Ani DiFranco. Trovo che chi si avventura in questo tipo di musica oggi dimostri un coraggio straordinario perché il music business è completamente disinteressato al genere. Mi sembra che ci sia ormai poca attenzione anche per le diverse forme di rock. Oggi (almeno in America) vanno il rap, il nu soul e le contaminazioni più estreme e violente tra techno, hip-hop e rock. Quindi, la situazione è completamente diversa rispetto agli anni 60. C’è molta più competizione anche se, a essere onesti, ci sono pure molti più media attraverso cui esprimersi. Oggi il mercato della musica è assai targettizzato e non so se per gli artisti questo sia un bene o un male. Non so neanche dirti se uno come me, avesse iniziato in questi anni la sua carriera, avrebbe avuto lo stesso successo di quello che i Byrds hanno avuto nei Sixties.

“È evidente che, da un certo punto di vista, è probabilmente impossibile ripetere quella stagione straordinariamente creativa che ha fruttato la maggior parte delle migliori produzioni in campo rock. Ma non sono neppure sicuro che il tutto ormai sia morto e che la musica dei Beatles sia come quella di Beethoven o Mozart. Ogni tanto, ascoltando la radio, mi capita di sentire giovani band che suonano dell’ottimo rock e che (pur con influenze precise e piuttosto riconoscibili) si sforzano di proporre qualcosa di nuovo. Che nuovo non lo potrai mai essere come d’altronde nessuno lo è mai stato: cosa sarebbero stati i Byrds senza Beatles e Dylan? E i Beatles senza Everly Brothers o Buddy Holly? E Dylan senza Woody Guthrie?

“Questo dal punto di vista artistico: da quello commerciale, come ho già detto prima, se dei ragazzi vogliono cercare una strada per il successo, il rock (o il folk) non sono le strade che in questo momento suggerirei loro di imboccare. Anche se nutro sempre la speranza che se qualcuno è davvero bravo prima o poi sia destinato ad emergere: la crema è sempre in cima al dolce. E poi c’è Internet che trovo sia una cosa fantastica. Attenzione, non sono così favorevole a Napster perché lì subentra un problema di diritti e di controllo della produzione. Ma se un artista ha la capacità di esercitare questo controllo sulle proprie produzioni, allora Internet diventa un mezzo davvero straordinario. Per un musicista, poi, rappresenta una fantastica possibilità di espressione.” McGuinn ne è consapevole: andate a visitare il suo sito http://www.ibiblio.org/jimmy/mcguinn/ e ve ne renderete conto.

C’è tempo ancora per un paio di curiosità e per una confessione finale: “Ho iniziato a suonare una dodici corde perché, da vero cultore del folk, sono sempre stato attratto dal suono di Leadbelly che appunto suonava una Stella acustica a 12 corde. Ma anche Reverend Gary Davis, Pete Seeger o Bob Gibson avevano una 12 corde acustica. Poi, una volta, ho visto A Hard Day’s Night il film dei Beatles: George Harrison aveva questa fantastica Rickenbacker. Me ne sono innamorato e da allora non l’ho più lasciata”.

“Oggi sto davvero godendomi la vita”, dice con visibile soddisfazione McGuinn, “per me fare musica in questo modo è una soddisfazione completa, impagabile. Ho un sogno: quello di emulare Andres Segovia che alla tenera età di 90 anni è stato ancora in grado di salire su un palco e intrattenere la gente con la sua arte facendo registrare il tutto esaurito alla Carnegie Hall di New York. Un po’ come da sempre fanno i vecchi bluesman o i grandi jazzisti: con integrità artistica assoluta e un pizzico di romanticismo.”

 

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