23/03/2007

Pearl Jam

Lost Dogs – Epic/Sony

E così i Pearl Jam hanno finalmente aperto i cassetti e hanno pubblicato il loro piccolo Tracks. Ma a differenza di Bruce Sprin-gsteen, che aveva incluso nel suo box set anche versioni differenti di brani noti, il gruppo di Seattle punta solo su titoli non inclusi nei sette album ufficiali finora pubblicati. Le 32 canzoni del doppio cd Lost Dogs offrono un ampio spaccato del catalogo parallelo costruito della band dal 1991 fino ad oggi, composto da outtake, b-side, brani inclusi in compilation, 45 giri natalizi riservati agli iscritti al fan club ufficiale. Una produzione copiosa e spesso di qualità, che è stata criticata (“Un modo per succhiare soldi ai fan”, dicevano, come se questi benedetti fan fossero robot senza cervello) e che trova pochi eguali nella scena discografica contemporanea.

Cosa sono questi Lost Dogs? Amici fedeli e preziosi che finalmente tornano a casa, come suggerisce il titolo, oppure spazzatura recuperata dal cassonetto, come illustra con un pizzico d’ironia la copertina? Un po’ tutt’e due. Da una parte, Lost Dogs mette in fila alcuni brani formidabili che era uno stramaledetto peccato restassero un segreto di pochi; dall’altra, offre inediti che permettono di spiare il gruppo mentre si prende, come dire, alcune licenze. Spaziando dagli scarti di Ten del 1991 fino alle b-side dei singoli di Riot Act usciti in questo 2003, l’album mostra anche l’evoluzione del gruppo, che ha stemperato con gli anni la rabbia e ha trovato una via al rock maturo.

Per chi negli ultimi dodici anni ha speso un occhio della testa in singoli e compilation, ascoltare brani notevoli come Yellow Ledbetter, qui nella versione dal singolo di Jeremy e non in quella rimaneggiata che era stata annunciata, o Leaving Here, fulminante cover rhythm & blues imparata dagli High Numbers (gli Who ante litteram) e regalata sette anni fa all’album benefit Home Alive, rappresenta una conferma. La sorpresa è che alcuni brani si presentano in versioni leggermente differenti da quelle pubblicate. Prendete Footsteps, uno dei primissimi pezzi completati dalla band (faceva parte della trilogia di canzoni di Mamasan che sancì nel 1990 la nascita dei Pearl Jam): la versione di Lost Dogs sembra quella originale ma è arricchita da un’armonica a bocca. Fate attenzione e scoprirete che altre outtake dei primi due album come Wash, Dirty Frank o Alone suonano in modo diverso dalle versioni pubblicate su singolo. I 45 giri natalizi sono ampiamente (ma non totalmente) rappresentati e mostrano il lato più soft dei Pearl Jam. Il secondo cd, in particolare, contiene una sequenza di brani elettro-acustici particolarmente intensa che si chiude con il singolo di maggior successo della band: Last Kiss.

In quanto agli inediti, è inutile farsi le illusioni che per anni si sono fatti quei creduloni dei fan di Springsteen: Lost Dogs non contiene capolavori di scrittura. Belle canzoni e curiosità sfiziose, quelle sì. Il ritmo serrato, i cambi di tempo e il solo di All Night oppure il pathos di Sad, nota anche come Letter To The Dead, non hanno nulla di nuovo. Ma la divertente e retrò Hitchhiker e Don’t Gimme No Lip sono divertimenti che spiazzano: la seconda, cantata da Stone Gossard (ma al momento di andare in stampa non sono disponibili note di copertina), ha un ritornello tamarro da metal anni 80 e una strofa pop alla Mankind. Altra curiosità di poco peso, Sweet Lew è dedicata al cestista Kareem Abdul-Jabbar e segna il debutto canoro del bassista Jeff Ament. Una chicca vera c’è: è Fatal, ballata scritta da Stone, ma interpretata da un Eddie ispirato, incisa per Binaural. Da brividi. Tra i pochi inediti del repertorio d’inizio anni 90, spiccano Brother, pubblicata non nella sua interezza, ma solo nella formidabile coda strumentale dominata dalla chitarra di Mike McCready, e la registrazione informale di Bee Girl, bozzetto acustico di Vedder ispirato alla bambina vestita da ape del video dei Blind Melon No Rain. Alcuni minuti dopo la fine di Bee Girl parte una traccia nascosta: è uno spoken word amaro che rimanda all’Eddie Vedder narratore di I’m Open. Non è l’annunciata 4/20/02, scritta dal cantante la notte in cui si seppe che Layne Staley degli Alice In Chains era morto: verrà inclusa all’ultimo momento?

Lost Dogs rappresenta, ma non esaurisce le rarità. E allora viene da chiedersi: perché un brano minore come Whale Song sì e la fondamentale State Of Love And Trust no?

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Voto: 7,5
Perché: è il piccolo Tracks dei Pearl Jam. E suona benissimo. Saranno solo scarti e curiosità, ma le chicche sono di valore assoluto e superano di gran lunga i brani sottotono.

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