15/05/2007

Radiohead

Bergamo, Lazzaretto, 7 luglio 2003

Era arduo superare il suggestivo concerto di due anni fa all’Arena di Verona, ma i Radiohead riescono a fare anche questo. Nella raccolta cornice di un chiostro quattrocentesco (è ormai risaputa l’abitudine della band di scegliere luoghi storici per i propri show), davanti a 6mila persone il quintetto di Oxford ha percorso lungo due ore e 23 canzoni l’intera evoluzione della propria musica. Passando dalle sfuriate chitarristiche alle ballate elettroacustiche e alle sperimentazioni elettroniche, i Radiohead hanno tracciato un cammino sempre più personale e originale, spostando i confini del pop-rock unendo la vena istintiva e quella intellettuale. Dopo i severi controlli della polizia, allarmata da un messaggio via Internet a favore della causa palestinese, e il rock rarefatto e dilatato dei Low, il concerto si apre (sul sottofondo delle b-side Where Bluebirds Fly e Paperbag Writer) con il primo singolo di Hail To The Thief, There There. I chitarristi Johnny Greenwood e Ed O’Brien si improvvisano per un momento percussionisti, suonando i tamburi e conferendo al pezzo una forte carica tribale. Segue 2+2=5, che ricorda al pubblico come i Radiohead possano ancora suonare come una rock band. È poi la volta di Lucky, uno degli inni di Ok Computer, seguita da Talk Show Host, b-side di Street Spirit e anche nella colonna sonora di Romeo & Juliet. Le nuove canzoni suonano diverse rispetto all’album, come dimostrano Backdrifts e The Gloaming, dedicata alla falsa democrazia dell’attuale governo italiano e arricchita da una poderosa linea di basso e da una batteria sincopata, così come totalmente rinnovata è la veste data a Kid A, in cui la voce di Yorke si libera fiera da soffocanti effetti. Il set prosegue rilassato e potente e alcune canzoni suonano con un ritmo leggermente rallentato. Il pianoforte è protagonista nella sublime Sail To The Moon, ninna nanna dedicata da Yorke ai propri figli, in Like Spinning Plates (era in ballottaggio con The Tourist), nella ineccepibile esecuzione di Pyramid Song e in A Punch Up At The Wedding, dove tornano le provocazioni politiche (il verso “hypocrite opportunist” diventa infatti “hypocrite Berlusconi”). Rimangono indimenticabili classici come Fake Plastic Trees, Karma Police ed Exit Music, quest’ultima ascoltata nella parte iniziale dal pubblico in religioso silenzio. Da lodare il suono perfetto, attento ad ogni sfumatura, e le luci che giocano fra contrasti e splendore.

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