02/01/2012

TALKING HEADS

CHRONOLOGY (EAGLE VISION / EDEL)

Per alcuni gruppi la vita musicale è tanto intensa che la loro carriera può essere per forza di cose limitata a una ben precisa, e spesso breve, parentesi temporale. Tanto più le esperienze sono varie e ricche e tanto più l’ego di un (o più) leader si irrobustisce e gonfia, quanto più arriva l’inevitabile conclusione. L’esempio più eclatante è quello dei Beatles, ma un simile corso di eventi aderisce quasi alla perfezione anche ai Talking Heads, che con i quattro di Liverpool hanno in comune l’aver dato a un certo punto l’addio alle scene live. E proprio da questo ultimo punto di vista Chronology ricostruisce il percorso della band di David Byrne. Un’opera preziosa che ha richiesto anni di lavoro per recuperare i diritti di tutte le immagini, molte delle quali registrazioni amatoriali e ospitate televisive in programmi come il Saturday Night Live o l’Old Grey Whistle Test. Senza contare che a rallentare la pubblicazione ci si sono messi anche i rapporti non idilliaci tra Byrne e il resto del gruppo. Consoliamoci con l’idea che il tempo sia stato utile a compilare un’opera da livello fuori dal comune. Diciassette istantanee registrate tra il 1975 e il 1983, alcune delle quali molto grezze, come la prova microfono di un timidissimo Byrne al The Kitchen, altre di livello professionale, come la ripresa di Love -> Building On Fire suonata dal gruppo in fase matura (e allargata) all’Us Festival del 1982 di fronte a mezzo milione di persone. L’epilogo è costituito invece dalla fugace reunion del 2002, alla Rock’n’Roll Hall Of Fame. Momenti significativi per tratteggiare rapidamente i continui cambiamenti del gruppo, passato dal trio un po’ naïf, ruvido e influenzato dai fumi del punk (sentire la sgangherata I’m Not In Love eseguita al CBGB nel 1975) fino ad arrivare alla big band con percussionisti, coriste e la chitarra acida di Adrian Belew a formare un sound ancor più ricco e stratificato di quello creato in studio. Perché a dispetto di quello che molti possono credere i Talking Heads sono stati essenzialmente una live band, ed è per questo che la cronologia si attiene solo a quella dimensione escludendo i videoclip.
Una band senza steccati o stelle polari da seguire se non la propria voglia di confrontarsi di volta in volta con le curiosità e le ispirazioni del momento. Una libertà di espressione spiegata benissimo nell’interessante documentario presente negli extra, uno special risalente alla pubblicazione di Fear Of Music (1979). Per i Talking Heads (nome scelto proprio perché di primo acchito non associava il gruppo a nessun genere canonizzato) è stato naturale evolversi nella forma e nel sound mano a mano che dal punk degli esordi si passava attraverso la new wave, per poi assorbire influenze ritmiche lontane andando a lambire la world music per finire con un pop di classe dalle melodie più accessibili. Un cammino intrapreso come solo in pochi hanno saputo fare, ovvero stando un passo avanti, anticipando sempre ciò che sarebbe venuto di lì a poco. «Ci sono alcune cose assolutamente fuori moda e cose che sarebbero presto diventate molto trendy», dice Byrne nella presentazione, aggiungendo che «quello che è veramente importante è il senso di quanto fosse unita la band». Almeno all’epoca, visto che poi la stessa si è dissolta sotto il peso della timidezza di Byrne divenuta col tempo incomunicabilità con i suoi compagni, trattati alla stregua di soci a cui comunicare le proprie decisioni (compreso lo scioglimento) a cose fatte. Ma finché è durato, i quattro si sono mossi come un sol uomo pur nelle direzioni più imprevedibili. A impreziosire il tutto c’è la confezione che, per una volta, non è un semplice involucro. A contenere il dvd è infatti un vero e proprio libro con immagini d’epoca, la riproduzione dei manoscritti originali dei testi di Psycho Killer, Life During Wartime e Heaven, ma soprattutto un saggio di Lester Bangs scritto all’epoca come recensione di Fear Of Music per il Village Voice. Un testo troppo esteso e troppo “denso” per la rivista («un manifesto esistenziale», lo definisce Byrne) che lo tagliuzzò ma a cui Bangs teneva particolarmente, al punto da mandare la versione integrale al leader dei Talking Heads che ora l’ha tirata fuori dal suo archivio.

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