09/12/2009

THEM CROOKED VULTURES

THEM CROOKED VULTURES (COLUMBIA / SONY)

Due leggende della storia del rock si incontrano durante una premiazione e decidono di collaborare ad un ancora non ben precisato progetto. Uno è Dave Grohl, mito recente come batterista dei Nirvana e poi come fondatore dei Foo Fighters; l’altro è John Paul Jones, un colosso dell’epica rock già entrato nell’immortalità come bassista dei Led Zeppelin. Dave invita John al suo compleanno, dove c’è anche uno dei suoi migliori amici, Josh Homme, frontman e chitarrista dei Queens Of The Stone Age (ai quali Grohl regalò memorabili pezzi di batteria), anche lui un mito, anche se nella scena alternativa e più di culto. Tre anime con background molto diversi, due dall’aura inarrivabile che quasi incute timore reverenziale (basta citare Led Zeppelin e Nirvana per creare il silenzio), ma unite dalla stessa umiltà che vuole continuamente dissacrare quella “marmorizzazione” artistica istituzionale che la storia ha assegnato loro; la terza, invece, così fuori dalle righe del rock storicizzato ma nel contempo così talentosa, da rivelarsi l’unica possibile scelta per un disco che dall’inizio vuole infrangere ogni possibile aspettativa e vivere di vita propria. Non è un caso dunque che a un primo ascolto questo Them Crooked Vultures paia raggiungere il paradosso: il tocco dei due eroi mitologici Jones e Grohl sparisce sullo sfondo per lasciare spazio a una dinamica che è il marchio di fabbrica di Homme e dei suoi Queens Of The Stone Age (ma che si sentiva in parte già nei Kyuss e che riverbera anche negli Eagles Of Death Metal). Per stemperare la tensione nervosa che sua maestà Jones incuteva suo malgrado, Dave e Josh hanno deciso di iniziare a comporre i brani quasi casualmente mediante jam session, anche se la responsabilità del songwriting e della parte vocale è comunque caduta sulle spalle del chitarrista “pel di carota”, che per reazione ha deciso di non cambiare la sua attitudine compositiva sempre molto istintiva, e già sperimentata a lungo nelle Desert Sessions (Grohl l’ha definita come random). Quest’ultima ha determinato dunque la personalità dell’album, che è omogenea ma non si definisce mai in canzoni di spicco, destinate a diventare hit single (tranne forse New Fang). Dalle ritmiche robotiche di Queens Of The Stone Age, ai complessi e stratificati tessuti sonori di Era Vulgaris, le trame di Homme si riconoscono in tutti i brani, caratterizzati dalle sue litanie vocali e dagli improvvisi cambi di registro. Ma se di primo acchito questo album pare un bambino di Josh, presto si intuisce che la sua vera forza d’urto sta nelle solide fondamenta che la superlativa macchina ritmica del duo Jones-Grohl ha saputo costruire. Le ostiche elucubrazioni che resero gli ultimi lavori delle Regine troppo esoterici e privi di potente impatto, possono qui espletare il meglio di sé perché sostenute da una base massiccia, che diventa gigante ed elettrica in Mind Eraser, No Chaser e compulsiva in No One Loves Me & Neither Do I. I giochi ironici e profanatori di ruoli che Dave e Josh amano fare non possono diluire la tensione drammatica che il carisma di Jones propaga, soprattutto in Elephants e Reptiles, colmi di crescendi zeppeliniani e di echi alla Kashmir. Mancano gli eclatanti trionfalismi alla Page-Plant, e i detrattori sostengono che da un supergruppo come questo ci si aspettava di più, ma non bisogna scordare che Them Crooked Vultures resta soprattutto il frutto onesto di un side project. Gli accordi spessi (Dead End Friends), gli stacchi di chitarra saltanti (Scumbag Blues), le cadute di tono asimmetriche e pericolanti e i coretti ludici (Interlude With Ludes) paiono partoriti più dal divertimento di tre geni che dalla volontà di strutturare un capolavoro hard rock. Basti ascoltare i ricami mariachi di Bandoliers e i gargarismi gutturali di Spinning In Daffodils per notare che anche Jones non ha voglia di prendersi troppo sul serio. Questo è un album di eccellente rock che vuole scompaginare le carte, sia quando vola alto per raggiungere il Dirigibile (Gunman), sia quando si dilunga in dinamiche ipnotiche già sentite a Joshua Tree (Warsaw Or The First Breath You Take After You Give Up). Splendida e pregna di sensualità madida è Caligulove, dove il talento di Homme copula con le tastiere in un humus umido e aggressivo. Nell’aria di Them Crooked Vultures si sente il volo sbilenco di tre avvoltoi che stanchi di sfiatare sempre nei soliti cieli hanno deciso di invertire l’impennata, per esplorare con coraggio e dignità nuovi orizzonti e nuove commistioni d’identità.

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