22/11/2023

Gli Acqua Fragile secondo Gino Campanini

Enrile, Pintelli e De Negri raccolgono la storia della prog band

 

La grande storia del prog italiano dell’epoca d’oro non può ignorare il contributo degli Acqua Fragile. La band capitanata da Bernardo Lanzetti ha pubblicato solo due album ma con quei lavori del 1973 e ’74 ha partecipato a testa alta alla definizione di un genere. Prog-rock sognante, dinamico e vivace, costruito intorno alle chitarre di Gino Campanini: Athos Enrile, Andrea Pintelli e Angelo De Negri lo hanno incontrato per raccogliere i suoi ricordi nel libro Racconti e schegge di Acqua Fragile (Arcana). Noi dialoghiamo con Enrile, sempre attivo tra un libro su Woodstock uscito da poco e uno sul rock del 1973 in dirittura d’arrivo.

 

Il prog italiano non può prescindere dal contributo degli Acqua Fragile. Perché sono stati così importanti?

Gli Acqua Fragile hanno rappresentato una anomalia all’interno del movimento prog italiano di inizio anni ’70, dotati di una diversità genetica che, probabilmente, ha impedito loro di raggiungere vette più alte, una rigidità comportamentale rispetto al modus del momento, che prevedeva un “cantato” in lingua italiana per tutte le nostre band di punta, che si adattarono al mercato anglofono con un po’ di ritardo, coverizzando praticamente sé stessi.

Gli A.F. iniziarono il percorso con la voce tipica di Bernardo Lanzetti, a cavallo tra Peter Gabriel e Roger Chapman, un vocalist che, per qualche segno del destino, passò qualche mese in Texas per studiare chimica nel pieno dell’adolescenza, periodo in cui ogni tipo di apprendimento è facilitato dalla freschezza mentale; la sua successiva padronanza della lingua lo spinse, in quando leader della band, a scegliere un’unica via per lui possibile. La musica era all’avanguardia, secondo gli stilemi del prog più avanzato, ma la difficile comprensione dei testi fu vissuta con difficoltà dalle case discografiche, impreparate da tutti i punti di vista.

Io sono testimone di un concerto visto a diciassette anni quando gli A.F. erano impegnati come “spalla” dei Gentle Giant: indimenticabili… entrambi!

Fortunatamente la loro musica è stata oggetto di revisione e rivalutazione e, a posteriori, possiamo dire che la band di Parma era davvero innovativa.

 

Solitamente la sigla Acqua Fragile viene fatta coincidere con la storia di Bernardo Lanzetti, ma non c’era solo lui. Non dobbiamo dimenticare le chitarre di Gino Campanini, che è stato il fulcro del libro. Vi ha svelato storie dimenticate e aneddoti preziosi…

Vale la pena ricordare come è nato il book, del tutto casualmente, il 30 maggio del 2013.

È quella la data in cui andò in scena il VOX40, la celebrazione dei 40 anni di attività professionistica di Lanzetti, che nell’occasione organizzò un megaconcerto a Parma e si circondò di musicisti vecchi e nuovi. Anche Campanini era presente, arrivato appositamente dalla Thailandia, luogo in cui vive da una vita. In quella occasione intervistai sul palco tutti i vecchi membri, ma Gino sembrava refrattario ad ogni cosa, e si aggirava liberamente tra i vari strumenti, evitando le mie domande. Tutto ciò fu immortalato da una videocamera e messo in rete.

A distanza di molto tempo Gino si rivide su Youtube e mi contattò, scusandosi e giustificando quell’atteggiamento un po’ scortese ma adeguato al personaggio stravagante.  Lo intervistai con domande scritte e lui prese coraggio e piano piano mi mise al corrente del fatto che aveva iniziato a scrivere le sue memorie. In moltissime puntate incominciò a inviarmi gli aggiornamenti, sempre più difficoltosi, visto il progredire della sua malattia degenerativa. Io aspettavo ogni volta con impazienza una nuova storia, perché la sua vita è stata inusuale, avvincente e incomparabile. Stranamente sono pochissime – rispetto alla totalità del racconto – le sottolineature musicali, che si basano in primis sulla tournée italiana di otto date realizzata con i Rolling Stones, ma c’è davvero poco sugli A.F., cosa che ha stupito lo stesso Bernardo, che pubblicamente ha fatto notare come Campanini imparasse in due ore ciò che lui assimilava in un giorno intero, a dimostrazione del talento naturale di Gino.

Ma sono certo che la lettura della sua storia – il cui rilascio lento è durato anni – che occupa buona parte del libro, possa interessare un pubblico trasversale, soprattutto quello giovane, che non può nemmeno immaginare cosa volesse vivere da vero hippie in quei giorni.

 

Facciamo un passo indietro all’epoca beat. Come tanti futuri gruppi, anche gli Acqua Fragile prima di essere tali furono un complesso, gli Immortali. Cosa li spinse a mutare nome, pelle e suono?

Erano quelli i momenti in cui l’influenza di ciò che arrivava da oltreoceano e oltremanica era davvero importante, per tutti i giovani, indistintamente. La differenza tra chi faceva già parte di una qualsiasi band ed un ragazzo “comune” risiedeva nelle possibilità di progressione, tipiche di chi è in grado di afferrare e creare, piuttosto che subire un ascolto.

Gli Immortali dovevano crescere, perché è quello che si deve fare a quell’età, soprattutto se stimolati nelle proprie passioni primarie. Ciò comportava cambiamenti radicali, ma la spinta derivante da esperienze vissute in prima persona, e il “nuovo e straniero” che stava arrivando da ogni parte, portò ad osare e a provare a percorrere un nuovo sentiero.

 

Inevitabile soffermarsi sulla loro esperienza con la PFM, anche se è ingiusto considerarli una clonazione di Franz e soci. Qual era la personalità musicale del quintetto?

La coesistenza tra i due gruppi andò avanti per un po’, se parliamo di live, quando esisteva il concetto di “gruppo spalla”. Entrarono in buona confidenza e nacque anche una certa stima da parte dei più blasonati verso i meno esperti, tanto che venne naturale “rubare” l’elemento più prezioso nel momento del bisogno: per il mercato estero ci voleva uno che cantasse in lingua inglese.

A mio giudizio, una volta uscito Lanzetti, venne a mancare un “conduttore”, quello che aveva personalità da vendere e che sapeva, allora come oggi, prendersi il ruolo di driver. Forse è bene parlare di personalità del gruppo intesa come sintesi ma, ovviamente, in un team al lavoro il leader è solo uno, e non ha nemmeno bisogno di sottolineare il suo ruolo, che gli viene riconosciuto dai compagni di viaggio senza grandi discussioni.

 

Acqua Fragile e Mass Media Stars sono due album validi, brillanti, ancora oggi con una freschezza rara nei dischi dell’epoca. Secondo te per quale motivo sono così amati tra gli appassionati stranieri?

L’amore degli stranieri per il nostro prog mi sembra sia una prerogativa che unisce molte band dell’epoca, che magari possono contare oggi su di un solo elemento originale e tanto basta per far amare, anche, la loro musica di fresca uscita. Non dimentichiamo a tal proposito che è appena stato rilasciato un nuovo album della band, il secondo nel nuovo millennio, e che sono presenti ben tre quinti del gruppo del ’73.

I due album risalgono a mezzo secolo fa, hanno il fascino di quei dischi che sono il compendio di tante entità musicali di quell’epoca, e così le atmosfere classiche si sposano ad un rock che si miscela ai tempi dispari e il cantato riporta ai grandi gruppi inglesi. La voce poi non lascia indifferenti – anche quella attuale – e credo che tutto questo mantenga vivi quei due fantastici progetti, mentre penso, in via generale, che poter comprendere al volo una lirica scritta nella lingua di Albione non incida più di tanto sul giudizio finale.

 

Lo scioglimento della band è dovuto all’ingresso di Bernardo nella PFM o c’era anche dell’altro?

I cicli, tutti, si chiudono, e gli A.F. trovarono difficoltà nel proseguire a produrre musica con le premesse a cui accennavo prima. Nondimeno, a mio parere, la possibilità di poter far parte di una band importante come la PFM, avendo poi un ruolo tutt’altro che marginale – come accade a tutti i frontmen – spinse Bernardo a voltare pagina (non aiutò l’entrata nel gruppo di Joe Vescovi, altro musicista di forte personalità). Come in qualsiasi lavoro le prospettive di carriera erano allettanti. Non furono rose e fiori e la storia di Bernardo nella PFM durò solo tre anni, ma tanto bastò per lasciare il segno e mettere un importante tassello sul curriculum che, ancora oggi, ha il suo valore.

Comunque, sì, la partenza di Bernardo e lo scioglimento del gruppo rappresentano al meglio il concetto di “causa-effetto”.

 

Per tanti gruppi del genere, la fine degli anni ’70 e ancora di più gli anni ’80 sono stati un periodo delicato, se non depressivo e pieno di delusioni. È stato così anche per Gino e compagni?

Dopo scioglimento dell’A.F. avvenuto a metà della decade, le vie si separarono: Bernardo dopo la PFM cercò alternative pop, il tastierista Maurizio Mori uscì dal giro musicale e Franz Dondi e Pieremilio Canavera (la sezione ritmica) intrapresero la via della musica tradizionale, defilata, cosa che in qualche modo caratterizza ancora oggi il loro quotidiano. Gino ebbe ancora un’esperienza con Umberto Tozzi, ma evidentemente erano strade destinate a separarsi. Praticamente la storia musicale di Gino Campanini finisce a Torino, nella casa dei genitori del cantautore italiano, che diventerà super famoso.

 

Potenza del revival: il ritorno degli Acqua Fragile è avvenuto. Prima A New Chant nel 2017, poi il recentissimo Moving Fragments. In cosa si differenzia dalle altre reunion dei gruppi storici?

Poter contare su tanti elementi del nucleo originale può fare la differenza. Io li seguo da vicino e, onestamente, riconosco un elemento trainante che è Bernardo, ma vedo anche l’affetto che li unisce, una sorta di accettazione che si manifesta quando nascono incomprensioni legate a banali necessità quotidiane, che magari fanno sì che la musica non sia più “la cosa della vita” e che potrebbero far nascere diatribe, soprattutto legate alla posizione geografica di Lanzetti che vive lontano da Parma e che per buona parte dell’anno migra verso il Sud Italia. Ma la tecnologia aiuta, e la volontà di mantenere vivo il sogno è più forte che mai.

Gli Acqua Fragile non hanno intenzione di fermarsi!

Acqua Fragile libro Gino Campanini

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