28/05/2007

AIMEE MANN

Lo scapolo sta con lo stupido

In una recensione apparsa su una rivista americana, c’era scritto che “l’amarezza, il rammarico e la recriminazione non hanno mai avuto un suono più dolce e più intelligente” di quello delle canzoni di Aimee Mann. Tutta raccolta, in jeans, Nike e maglioncino, sul divanetto della sala di un albergo milanese dove la incontro, Aimee Mann è l’immagine della dolcezza e della mitezza in persona: “Guardami, ti sembro una persona amara e incazzata?”. No, certamente, ma è altrettanto vero che le canzoni di questa singolare cantautrice sono un flusso di emotività raro, capaci come poche di narrare i tumulti, le delusioni e le speranze di un rapporto di coppia. A cominciare dai titoli (decisamente appropriati) che sceglie per i suoi album, come quel I’m With Stupid (“Io sto con uno stupido”, che lei oggi, ridendo, dice essere una definizione perfetta del discografico medio con cui aveva a che fare un tempo) di qualche anno fa. Un tempo le si chiamavano “cantautrici confessionali”, per quel che può significare, ma è certo che, complice una proposta musicale originalissima e di gran classe, Aimee Mann vada a far compagnia a quelle regine del genere in questione, rappresentate da Joni Mitchell, una che di relazioni di coppia narrate in modo autorevole se ne intende: “Ci sono stati dei periodi della mia vita in cui tenevo un diario”, dice Aimee. “Quando le cose mi andavano bene, non scrivevo nulla. E’ un po’ quello che faccio con le mie canzoni, a volte scrivi di una situazione dolorosa per sentirti meglio, e non necessariamente una cosa che è successa a me. Non sento la necessità di scrivere una canzone per dire quanto mi senta bene, ho più la necessità di scrivere e di raccontare delle cose che non vanno affatto bene.” Dolce e mite, Aimee è una che per fare quello che le riesce meglio, cioè scrivere canzoni, ha dovuto (e deve ancora) combattere. Innanzitutto contro la stupidità e il cinismo di certe case discografiche. Il suo sito ufficiale (www.aimeemann.com) si apre con una drammatica lettera in cui Aimee invita a boicottare The Ultimate Compilation, una raccolta pubblicata dalla sua vecchia casa discografica (Geffen, vedi anche JAM 67, e che in realtà contiene più che altro scarti, demo e apparizioni radiofoniche di scarso valore). Le dico quanto sembra impossibile che nel 2000 accadano ancora questi soprusi: “Già, non imparano mai”, dice con sofferto realismo. “Sarebbe stato così semplice trovare un accordo con la Geffen: inserire alcune canzoni diverse, fare una copertina migliore. Mi hanno risposto: ‘No grazie, preferiamo che tu non sia coinvolta, facciamo quello che ci pare a noi’. Così non ho avuto altra scelta che scrivere una lettera nel mio sito ufficiale in cui dire alla gente di non comprare quel disco”. Ma di battaglie ne ha sostenute anche altre: case discografiche misteriosamente fallite a disco pronto, ad esempio. Ci si domanda dove trovi la forza di continuare a fare musica questa (apparentemente) fragile ragazza: “C’è stato un momento in cui volevo smettere”, ammette. “Era diventato davvero difficile. Ma continuavo a scrivere canzoni. Ci furono un paio di episodi che però mi aiutarono. Uno di questi fu esibirmi in un piccolo club di Los Angeles, il Club Largo, di cui era proprietario un mio amico. Fu in quell’occasione che io e mio marito (il cantautore e produttore Michael Penn, nda) cominciammo a esibirci insieme (i due vanno solitamente in tour insieme in spettacoli acustici intitolati The Acoustic Vaudeville Shows, esibendosi prima uno, poi l’altra e in un finale di duetti, nda). Mi esibii regolarmente in questo locale una volta alla settimana, fino a realizzare che la gente veniva lì appositamente per vedere me, che erano autentici fan della musica, non venivano lì per farsi un drink e chiacchierare tra loro. Fu la prova, di cui avevo bisogno, per capire che c’era gente cui interessava la mia musica. E soprattutto si trattava di musica, pura e semplice, non music business, ed è una bella differenza. Ritrovai le motivazioni che quindici anni fa mi fecero cominciare a fare musica. Oggi ho la mia etichetta personale (SuperEgo Records) e il controllo totale della mia musica. Ti assicuro che è tutta un’altra cosa, che mi permette di fare finalmente questo lavoro nel modo migliore”. Il ritorno di Aimee Mann alla ribalta giunse grazie al film Magnolia che utilizzava diverse sue canzoni e soprattutto, così si dice, uno script ispirato proprio dalle canzoni di Aimee: “Non direi che la storia di Magnolia sia stata ispirata dalle mie canzoni. Direi piuttosto che il regista, mentre preparava quel film, ascoltava assiduamente le mie canzoni, come egli stesso mi ha detto, cosa che lo ha aiutato a mettere insieme il film. Essendo buoni amici ci capitava di chiacchierare della storia che stava sviluppando, ma non ero mai consapevole che le mie parole o le mie canzoni lo stessero ispirando a tal punto”. Aimee Mann nasce, musicalmente, come bassista (oltre che lead singer) di un gruppo, i ‘Til Tuesday. Il basso è uno strumento che in studio lei suona ancora in ogni brano.

Quanto è importante la parte ritmica, nel suo processo di costruzione di una canzone in studio? “Non mi considero tecnicamente adeguata per dire che la parte ritmica dei miei dischi è esclusivamente opera mia, lascio che i batteristi che suonano con me e i produttori definiscano questo processo. Sicuramente amo il suono della batteria tipico dei dischi degli anni Sessanta. Una parte ritmica troppo in evidenza può oscurare la forza di una canzone. Amo il sound dei dischi dell’epoca, gli strumenti che escono in modo ben definito dalla cassa destra e dalla sinistra dell’amplificatore. In poche parole: amo il suono dei dischi dei Beatles!” Tra i tanti ospiti di prestigio che appaiono in Bachelor No. 2, come Grant Lee Phillips, Juliana Hatfield, Benmont Tench (“Tutti miei amici. Non vedo Juliana da parecchio tempo, è tornata a vivere a Boston, da dove provengo anch’io e dove la conobbi. Ma sapevo che avevo bisogno della sua voce”, spiega) c’è anche la presenza, seppur solo come co-autore, di Elvis Costello: “Ho conosciuto Elvis un po’ di anni fa, non lo vedo da qualche anno. Quella canzone (The Fall Of The World’s Own Optimist) è un brano che lui scrisse sei o sette anni fa e che doveva comparire su un mio disco di quel periodo ma per un motivo o per l’altro non trovò spazio. Decisi di completarlo per questo disco, perché mi piaceva molto, ma non si può dire che sia stato scritto insieme, uno di fronte all’altra, per intenderci”. Nella musica di Aimee c’è una forte componente ‘inglese’, sonorità che non possono che ricordare appunto i Beatles e che danno alla collaborazione con Costello pieno significato: “Sì, è vero, c’è molta Inghilterra nella mia musica. Sai, quando sei un ragazzino e ascolti i dischi non ti chiedi di che nazione è quel tipo, ad esempio Elton John, oppure che Neil Young è un canadese. Ma sicuramente ho ascoltato e amato tantissima musica inglese”. Chi conosce la musica di questa cantautrice oggi, farà fatica a immaginarla leader di una teen band come furono i suoi ‘Til Tuesday, nel bel mezzo dei glamourous anni Ottanta. Eppure è da lì che proviene Aimee Mann: “Quella è una musica a cui non faccio più riferimento. A parte forse il nostro ultimo album, il terzo. Vedi, ci sono cantanti come Fiona Apple: già a quindici anni scriveva canzoni incredibilmente mature. Per quanto mi riguarda, allora, quando avevo vent’anni, stavo procedendo nel più classico dei modi, ero alla ricerca della mia vera identità. E questo implica aver cominciato con una musica commerciale e facile facile. Allora, come ogni ragazza, ero affascinata da quel mondo un po’ pazzo che erano gli anni Ottanta, i vestiti, il taglio dei capelli, quelle cose lì, ma col tempo arrivi a capire che la tua personalità è un’altra cosa. Ed è giusto così. Eppure, il mio modo di scrivere canzoni è ancora legato alla musica che ascoltavo da ragazzina, e cioè Neil Young, i Beatles, i Badfinger, Elton John”. Potremmo andare avanti ancora a lungo, ma c’è solo il tempo di scambiare ancora qualche battuta a proposito del marito, quel Michael Penn abile cantautore e altrettanto abile produttore (fra i suoi ultimi credits come producer quello di Breach dei Wallflowers). “Michael non viene in studio con me quando devo registrare, anche se ha co-prodotto qualche brano di Magnolia e Reason To Believe, il brano che facciamo insieme nel tributo a Nebraska di Springsteen. Però, avere un cantautore ‘in casa’ è una bella cosa. Sai, gli chiedo: ‘Cosa ne pensi di questa sequenza di accordi? Ti sembra che questa canzone sia troppo noiosa?’. Un po’ di consigli utili per l’uso, insomma”. Aimee adesso deve proprio scappare: con una nomination ai Grammy Awards come miglior performance pop femminile (il brano Save Me, nella colonna sonora di Magnolia), deve correre a fare shopping, a comprare qualcosa di elegante da indossare per una serata prestigiosa che al momento di chiudere questo articolo non sappiamo se le darà soddisfazioni. “Fosse per me”, dice dolcemente, rivelando tutta la sua disarmante anima di anti-star, “andrei anche con questi jeans e queste Nike…”

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