Alice Merton vince la sua scommessa con le major: apre la sua etichetta insieme al manager e amico Paul Gruwinkel, la Paper Plane Records Int., e pubblica un singolo, No Roots, che le maggiori case discografiche rifiutano perché “poco radiofonico” e che invece diventa una hit mondiale.
No Roots è il risultato di una vita vissuta tra Germania, Canada e Inghilterra, un brano che ha conquistato il Doppio Platino e il primo posto delle classifiche internazionali, che è stato inserito in serie tv e spot pubblicitari e ha portato l’autrice anglo-tedesca a girare il mondo. I successivi singoli, Lush Out e il recente Learn To Leave, sono solo una conferma del talento della Merton e un tentativo, in buona parte raggiunto, di replicare i numeri e il successo di No Roots: oggi, dopo circa due anni, la venticinquenne senza radici debutta finalmente con Mint – come la menta che tiene tra le labbra sulla copertina – un disco che parla della sua storia, del crescere spostandosi continuamente, ma anche delle difficoltà incontrate con l’apertura della label, “quando devi dimostrare a tutti quanto vali”.
Le incalzanti linee di basso, come quella che ci ha conquistato in No Roots, sono lo scheletro di tutto il disco, undici tracce prodotte da Nicolas Rebscher, già al fianco della norvegese Aurora, che la rispecchiano totalmente e senza censure: chitarre fresche e coinvolgenti che ben supportano le sfumature eleganti della voce della Merton, la quale entra di diritto, con questo primo lavoro discografico, nella rosa delle eroine del folk-pop e pop-rock di oggi, da Florence Welch, a cui rimanda già l’apertura Learn To Leave, a St. Vincent, fino alle più popular Sia o Lana Del Ray nelle atmosfere, ad esempio, di Speak Your Mind o della ballad Honeymoon Heartbreak.
Le difficoltà e le sofferenze causate dai rifiuti delle case discografiche sono testimoniate a più riprese nel disco: “trust me” suona come un mantra in Funny Business, mentre la chiusura, affidata a Why So Serious, è la sua risposta alla continua domanda are you a one-hit wonder?
Di non essere una da una hit e via Alice lo ha dimostrato, non ci resta che sperare che Mint non sia frutto della fortuna del principiante: abbiamo aspettato due anni per ascoltare questo disco, ma con questi presupposti siamo più che fiduciosi.
No Roots è il risultato di una vita vissuta tra Germania, Canada e Inghilterra, un brano che ha conquistato il Doppio Platino e il primo posto delle classifiche internazionali, che è stato inserito in serie tv e spot pubblicitari e ha portato l’autrice anglo-tedesca a girare il mondo. I successivi singoli, Lush Out e il recente Learn To Leave, sono solo una conferma del talento della Merton e un tentativo, in buona parte raggiunto, di replicare i numeri e il successo di No Roots: oggi, dopo circa due anni, la venticinquenne senza radici debutta finalmente con Mint – come la menta che tiene tra le labbra sulla copertina – un disco che parla della sua storia, del crescere spostandosi continuamente, ma anche delle difficoltà incontrate con l’apertura della label, “quando devi dimostrare a tutti quanto vali”.
Le incalzanti linee di basso, come quella che ci ha conquistato in No Roots, sono lo scheletro di tutto il disco, undici tracce prodotte da Nicolas Rebscher, già al fianco della norvegese Aurora, che la rispecchiano totalmente e senza censure: chitarre fresche e coinvolgenti che ben supportano le sfumature eleganti della voce della Merton, la quale entra di diritto, con questo primo lavoro discografico, nella rosa delle eroine del folk-pop e pop-rock di oggi, da Florence Welch, a cui rimanda già l’apertura Learn To Leave, a St. Vincent, fino alle più popular Sia o Lana Del Ray nelle atmosfere, ad esempio, di Speak Your Mind o della ballad Honeymoon Heartbreak.
Le difficoltà e le sofferenze causate dai rifiuti delle case discografiche sono testimoniate a più riprese nel disco: “trust me” suona come un mantra in Funny Business, mentre la chiusura, affidata a Why So Serious, è la sua risposta alla continua domanda are you a one-hit wonder?
Di non essere una da una hit e via Alice lo ha dimostrato, non ci resta che sperare che Mint non sia frutto della fortuna del principiante: abbiamo aspettato due anni per ascoltare questo disco, ma con questi presupposti siamo più che fiduciosi.