“Ogni nostro nuovo lavoro non è la sintesi di un percorso prestabilito lungo il quale ci muoviamo coscientemente, è piuttosto frutto dell’elaborazione di nuovi interessi che per puro caso incontriamo per strada.”
Così commentano il loro modo di fare musica gli Almamegretta durante un incontro con la stampa, nella sede della Bmg, la casa discografica per cui è uscito il loro nuovo cd Imaginaria. “Il vero problema che si pone”, continuano Raiz e Gennaro T, “è quello di dire qualcosa di interessante mantenendo una certa originalità, nonostante il linguaggio universale che siamo costretti a usare. I nostri interessi e la nostra crescita musicale si sono inevitabilmente sviluppati sotto la spinta fondamentale della cultura anglo-americana. Il rock per la nostra generazione ha costituito una specie di rivoluzione alla quale ci siamo tutti allineati; ora sono cambiati i tempi e l’elettronica ha determinato la svolta, ma ancora una volta abbiamo a che fare con dei canoni che sono stati dettati dalla cultura occidentale dominante. Noi siamo coscienti di ciò, ma adottiamo gli stessi strumenti di tutti perché sono quelli che conosciamo e sappiamo controllare meglio, il nostro impegno è quello di sfruttarli nel modo più personale e coerente possibile.”
Il discorso scivola inevitabilmente sul politico e quando viene chiesto come sia possibile uscire integri da un periodo storico che prevede la globalizzazione di qualsiasi progetto culturale e come si possano controbattere le scelte di totem commerciali come Mtv, in grado di influenzare il gusto di larghissime fette di pubblico con musiche standardizzate, gli Almamegretta rispondono: “Mtv è musicalmente quello che McDonald’s rappresenta per l’alimentazione e cioè l’omologazione. La qualità dei prodotti e i gusti che ne derivano sono opportunamente realizzati nel modo più standardizzato possibile, così da dare l’illusione dell’eguaglianza e attenuare, fino a farlo scomparire, il piacere della novità e della diversità. Bisognerebbe riuscire a far capire che i jeans sono pantaloni comodi anche se non sono necessariamente della Levis, così come le magliette hanno la loro funzione anche se non appartengono alla marca di moda, che i linguaggi del mondo sono interessanti proprio per quel che rappresentano e non per come vengono confezionati. A noi interessa la confusione, il meticciato e la rottura delle barriere culturali, non perché queste vengano poi codificate in un melting pot standard, ma, al contrario, perché possano costituire la base di molti nuovi linguaggi. La scommessa è quella di mantenere viva la variabilità di comunicazione grazie all’uso più ampio possibile delle sue componenti. Non è un caso che il nostro album si chiami Imaginaria, è una specie di utopia nella quale si cerca di dare al linguaggio una valenza aperta, un significato che nasce dal dialogo e non dall’omologazione”.
In attesa del G8 previsto a Genova nel luglio prossimo, artisti come Manu Chao hanno già dichiarato la loro intenzione di manifestare contro questo vertice organizzando concerti in contemporanea alle riunioni dei politici. Come si schierano gli Almamegretta a questo proposito? “Siamo ovviamente contrari allo strapotere di questo fantomatico organismo che ha la capacità e l’arroganza di dettare le regole economiche a tutto il mondo, ma non è certo una novità: da sempre chi ha più soldi impone il suo gioco, che lo si voglia o no è la logica del capitalismo. Organizzare manifestazioni in questi casi può servire a sottolineare la contraddizione che otto paesi decidano la sorte di altri trecento, ma per incidere veramente è necessario un progetto culturale a più vasto raggio che vada nella direzione opposta a quella a cui ci sta portando la cultura di massa espressa oggi dai media. Bisogna far capire alla gente che la ricchezza culturale sta nella diversità e non nella preclusione e per far ciò bisogna cercare di essere seri anche nel fare le canzoni. La musica di merda è senz’altro funzionale a questo tipo di potere e come tale va combattuta.”
“Noi viviamo in una società che è più che mai quella dello spettacolo”, continua Raiz, “in cui lo schierarsi è sempre legato ad un ritorno, a qualcosa che si riceve in cambio. Anche chi lo fa in modo onesto dovrebbe interrogarsi e capire come fare ad evitare che le persone pensino che lo schierarsi non sia altro che marketing. Non ci si può improvvisare paladini di qualcosa senza poi essere coerenti con il proprio lavoro, con la propria immagine.”
La musica commerciale è insomma il grande feticcio da abbattere, da superare culturalmente, anche se a ben vedere è proprio grazie al marketing che si possono superare le barriere imposte dai confini di stato. “Come diceva Benjamin il mercato ha due facce, una è quella dell’alienazione e l’altra è quella che mette in relazione con gli altri. È proprio in virtù di quest’ultimo aspetto che non ti puoi sottrarre totalmente dalle sue leggi. Se non vuoi scomparire devi essere abile a giocarti le tue chance e cioè ad accettare criticamente quello che ti propone. Bisogna essere consapevoli.”
Quando viene chiesto loro se Internet non possa rappresentare un veicolo alternativo attraverso il quale crearsi un mercato a propria immagine, rispondono: “Spesso si considera ancora Internet un terreno neutro, invece non lo è più perché grandi compagnie come America On Line e Warner Bros si sono subito gettate a pesce per gestire la gran parte degli spazi. Anche realtà potenzialmente molto interessanti come Napster hanno dovuto scendere a compromessi con le major per sopravvivere. Forse prima dell’accorpamento delle varie realtà era più facile emergere, ora si è schiacciati dalla colonizzazione di chi conta economicamente. Anche qui poi bisogna avere l’intuizione e la capacità di digitare gli indirizzi giusti perché un conto è leggere una notizia filtrata dalle agenzie di stampa, un altro è attivare direttamente l’informazione dal sito dell’interessato. Recentemente sono andato sul sito dei Telebani e ho letto alcune loro idee riguardo ai più svariati argomenti. Posso essere d’accordo o meno, ma se non altro ho raccolto informazioni di prima mano, certamente non manomesse da nessuno. La gente normalmente non va a cercare siti di questo genere, si accontenta di quello che passano i server con le loro home page”.
Di fatto il progetto degli Alma-megretta è da sempre quello di coniugare l’aspetto tradizionale nel quale si riconoscono con un linguaggio più consono al presente, quello elettronico, appunto, che permette di entrare con più facilità in sintonia con un mondo giovanile ormai proiettato in modo deciso in quella direzione. È sostanzialmente quello che molti loro fratelli maggiori napoletani hanno fatto nel passato con il rock o con il pop.
Stessa contaminazione con il medesimo intento, quello di valorizzare la propria cultura, spesso allargata al mondo mediterraneo.
Ma la componente musicale del Sud del mondo non si ferma certo al Mediterraneo. In Imaginaria, come già del resto anche in dischi del passato, sono ben udibili, per esempio, riferimenti indiani e arabi. Quando viene chiesto loro se queste influenze derivano da viaggi effettivamente compiuti nei vari paesi, Raiz risponde: “In questo momento mi sento come una specie di Salgari della musica, come lui tratto di mondi straordinari senza esserci mai stato; per la verità abbiamo pure viaggiato molto, i paesi arabi per esempio li abbiamo girati quasi tutti, ma non siamo mai stati in Giamaica anche se il reggae è un aspetto fondamentale del nostro repertorio. Andiamo invece molto spesso a Londra che rappresenta un po’ la sintesi delle nuove tendenze, in virtù anche delle varie comunità dei quartieri della città, ma molto più spesso le idee nascono ascoltando o vedendo materiali da casa, chiacchierando con qualcuno. Insomma, è come se tu ti trovassi da un amico e lì incontrassi per caso una persona che ti dice delle cose interessanti che ti intrigano, che ti fanno venire voglia di approfondire per conto tuo. Bisogna stare con le orecchie aperte e poi sperimentare su quello che ritieni possa dare esiti interessanti, ma non è che vada sempre bene, a volte si accantona tutto o, nel mi-gliore dei casi, lo si riprende molto più in là nel tempo”.
Non c’è un unico modo per arrivare al disco finito, a volte si procede a piccoli passi, altre volte si aspetta di avere il materiale finito per entrare in sala di registra-zione e incidere di filata in modo definitivo. Come è nato Imaginaria? “Forse per la prima volta questo lavoro è il frutto di un’enorme, unica session che poi è stata debitamente tagliuzzata e ricom-posta”, confida Gennaro. “Ce lo siamo potuti per-mettere perché il materiale che ave-vamo a dispo-sizione era già sostanzialmente pronto, ma soprattutto perché lo studio in cui abbiamo lavorato, quello di Mauro Pagani, a Milano, è davvero straordinario. Avevamo a disposizione una gamma di strumenti incredibile che andava dall’antico al più sofisticato, così abbiamo potuto lavorare al meglio sui suoni che volevamo ricavare. Inoltre avevamo a disposizione una macchina dotata di tracce digitali che ci ha semplificato la vita. Abbiamo lavorato in tutta libertà e siamo soddisfatti del risultato anche se siamo coscienti che, proprio per quel che si diceva prima, non sarà un disco che passerà facilmente nei circuiti di diffusione mediale, certamente non su Mtv”.
Quasi a ribadire l’aspetto world del disco, i testi sono in gran parte cantati in napoletano, ma trovano spazio anche canzoni in inglese, come Crazy Days & Crazy Nights, in spagnolo, come Caña, e in africano, come Pa’ Chango; inoltre pezzi come Rubayyat hanno una genesi strana. “Rubayyat nasce da una raccolta di quartine proibite di un poeta sufi. Le ho tratte da un libro che cercavo da tempo e che quando finalmente ho trovato mi ha ispirato questo tipo di lavoro. Sono affascinato dalla musica pakistana, dalla sua vocalità, da quei dischi straordinari di Nusrat Fateh Ali Khan che, come prevede la tradizione, cantava solo testi sacri o addirittura versetti del Corano. Mi piace il forzare sillabico delle parole che mette a dura prova la comprensione di quel che viene narrato pur di mantenere una musicalità. Io ho cercato di tradurre in napoletano una poesia non sacra che mi ha particolarmente colpito usando la stessa tecnica di espressione.”
Gli Almamegretta sono un ensemble aperto che permette ai suoi componenti collaborazioni, anche prestigiose, e Raiz ha recentemente collaborato con gli Asian Dub Foundation. “Sì, gli Asian Dub Foundation mi hanno chiesto, ormai un anno fa, di cantare un pezzo per il loro nuovo album, che dovrà uscire nel 2002. È stata un’esperienza interessante. Da poco collaboro anche con l’Orchestral World Groove, un combo italo-pakistano che ha base a Londra.”
L’album Imaginaria, che è già stato anticipato dal singolo omonimo, verrà portato in tour dagli Almamegretta fino a settembre.