16/05/2007

Altan

The Blue Idol – Narada/Virgin

Sono probabilmente il miglior gruppo di irish folk degli ultimi vent’anni. Quello che, in qualche modo, ha raccolto l’eredità delle grandi band di revival di fine 1970. I vari Planxty, De Dannan, Bothy Band, Clannad, per intenderci.

Si chiamano Altan e prendono il loro nome (come ci dice la puntualissima Monica Melissano nella sua Guida Rock Irlanda, Editori Riuniti, 2000) “dal Loch Altan, un lago molto profondo che si trova nella parte nord ovest del Donegal, all’ombra dell’Errigal e del Musckish, due delle vette più alte della catena Derryveagh Range. Il nome esprime, in maniera suggestiva, l’impegno del gruppo nel riproporre il fascino della musica tradizionale e in particolare l’eredità dei suonatori di fiddle e delle voci del Donegal”.

Costituitisi nei primissimi anni 80 attorno al nucleo artistico di Frankie Kennedy (flautista di Belfast) e Mairead Ni Mhaonaigh (cantante e violinista di Gweedore), gli Altan pubblicano il loro primo lavoro nel 1987. Dopo la morte di Kennedy (nel 1994 per un tumore), il gruppo prosegue con determinazione il suo cammino artistico. Nel 1996, firma un contratto con la Virgin e diventa la prima folk band irlandese a lavorare per una major.

Con Blue Idol giunge al decimo album ufficiale. Che, forse ancora più del precedente, il per altro ottimo Another Sky (2000), centra in pieno il bersaglio: il disco, infatti, è una prelibatezza acustica per palati raffinati. Ci sono deliziose canzoni (come la buffa Uncle Rat, su tempo di giga, che proviene dalla tradizione della cantante Elizabeth Cronin di Ballyvourney, nella contea di Cork), trascinanti medley di reels (vedi The Trip To Cullenstown, arrangiati in modo squisito con cambi di tonalità sorprendenti e variazioni nella leadership degli strumenti), arie strumentali delicatissime (come l’incantevole Slàinte Thélinn – A Health To Teelin, composta da Mairead) e la versione in studio di cavalli di battaglia del gruppo dal vivo (come la slip-jig Comb Your Hair And Curl It con cui si apre il medley finale intitolato Gweebarra Bridge).

La perizia strumentale dei membri del gruppo (che oltre alla sbalorditiva Ni Mhaonaigh, sono Ciaran Curran, bouzouki, Dermot Byrne, fisarmonica, Mark Kelly, chitarra, e Ciaran Tourish, violino) è fuori discussione. Il gusto estetico pure. Aggiungete a tutto ciò un repertorio calibratissimo e un nutrito, ma mirato, cast di ospiti e capirete che Blue Idol è uno dei più intriganti album di new irish folk degli ultimi anni. Ascoltate senza esitazioni il fantastico duetto tra Mairead e Dolly Parton (oh yes, proprio lei.) nella dolcissima ballad The Pretty Young Girl con il prezioso bouzouki di Donal Lunny in sottofondo per rendervi immediatamente conto del valore del disco. Per non parlare della track d’apertura (Daily Growing che altro non è se non una delle innumerevoli versioni del celebre The Bonny Boy altrimenti detto The Trees They Do Grow High) in cui a duettare con la Ni Mhaonaigh c’è il grande Paul Brady. La sua vocalità, perfetta, è un monumento all’arte musicale d’Irlanda. Almeno tanto quanto l’arrangiamento, sincopato e avvolgente, del brano gaelico Cuach Mo Lon Dubh Buì che vede ancora l’eccezionale intervento vocale di Brady e che ricorda le migliori cose dei Clannad (prima che la band inseguisse vanamente sogni da pop star).

Tra gli strumentali, merita menzione il raffinato medley di gighe Roaring Water in cui si rivedono (e risentono.) le uillean pipes eleganti di Liam O’Flynn (indimenticato piper dei Planxty). Ma anche il curioso The Low Highland dove alle tre highland iniziali (una danza di coppia assai popolare, di origine scozzese ma molto comune nella contea del Donegal) si unisce nel finale uno scatenato reel (The Wild Irishman).

Anche se, alla fine, è tutto l’album che si erge acusticamente in modo compatto lasciando all’ascoltatore scelte soggettive, legate alla propria sensibilità e ai propri gusti. Il lavoro, infatti, non presenta né punti deboli né alcun momento di calo e riconcilia davvero tutti gli appassionati con la imperitura bellezza della tradizione celtica. Suggestivo e rigenerante.

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Voto: 8
Perché: c’è tutta la bellezza melodica, ritmica e armonica dell’inesauribile e sempre attualissimo patrimonio musicale irlandese. Qui interpretato con gusto estetico notevole e classe indiscutibile. Con lo spirito delle grandi band di folk revival degli anni 70. Pochi ma selezionati gli ospiti, tutti bravissimi.

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