29/04/2021

Ancora libero: il nuovo album di Ivan Ballerini

“Ancora libero” è il secondo album di Ivan Ballerini, una sorta di diario di viaggio, o meglio una finestra su un mondo interiore e su squarci di umanità
Dagli indiani d’America alla quotidianità italiana, il secondo album di Ivan Ballerini è una sorta di diario di viaggio, o meglio una finestra su un mondo interiore e su squarci di umanità. Si chiama Ancora libero, è stato pubblicato anche su vinile da Radici Music e rappresenta un momento prezioso nella vicenda artistica del cantautore toscano. Ne parliamo con lui.
 
Dall’epica pellerossa alla quotidianità, da un concept sugli Indiani d’America al nostro piccolo mondo di azioni e pensieri di ogni giorno. Il tuo nuovo disco arriva a due anni di distanza dal debutto Cavallo pazzo: che differenze ci sono rispetto al disco d’esordio?
Da un punto di vista di argomenti trattati c’è una differenza enorme, in quanto nel mio primo disco Cavallo pazzo tratto un argomento preciso che è quello degli indiani d’America. In Ancora libero spazio su più fronti, su più questioni: voglia di libertà, desiderio di cambiamento, amore verso una figlia, amore verso una donna, problemi legati al nostro modo di vivere. Tuttavia c’è un punto che a mio avviso accomuna questi due miei primi album… il modo di scrivere. Sto tentando, con un lavoro davvero appassionante ed appassionato, sto tentando di riprendere un filone che a mio avviso si era interrotto con la morte di Fabrizio De André, che è quello della canzone d’autore, dove la scrittura non sia secondaria alla musica o alla voce del cantautore, ma sia protagonista. Dico sto tentando, perché ho iniziato a scrivere da poco tempo e il lavoro di scrittura non è certo cosa semplice, ma una evoluzione continua.
 
Hai deciso di tirare fuori tutta la tua musica a cinquant’anni, dopo aver accumulato tanta esperienza. Hai mai pensato “Lo avessi fatto prima…” oppure il momento era quello giusto?
Ti rispondo con tutta la sincerità possibile. Non avrei potuto fare questo mestiere qualche anno fa. Non credo ne sarei stato capace e non ne avrei avuto il tempo. Mi limitavo a cantare le canzoni di altri… bellissime ma non mie. Poi ho sentito l’urgenza, la voglia, il desiderio, di iniziare a dire la mia perché mi ero veramente annoiato di cantare canzoni che studiavo a 13 anni. Per fare questo ho dovuto prima cosa riprendere in mano la chitarra, iniziare a studiarla in modo serio. Una volta presa una certa padronanza con lo strumento, ho iniziato a fare qualche mio componimento. Uno dei primi brani che ho scritto è stato proprio Cavallo Pazzo. È stato lui forse a farmi capire che era giunta l’ora in cui Ivan iniziasse a scrivere cose sue. Sono grato a Cavallo Pazzo per questo, per avermi indicato la strada.
 
Anche Ancora libero è un disco collettivo, nel quale suonano pochi ma selezionati partner fidati. In un’epoca di individualismo anche nell’ascolto, di consumo più che di confronto, la pratica della condivisione è ancora importante per chi fa musica?
Che bella domanda. A mio avviso è fondamentale. Quando ti confronti con altri musicisti, quando capita di suonare con chi “sente” la musica in modo differente da te, tu cresci. Nel confronto c’è la crescita, nella chiusura c’è la morte. Ecco il mio pensiero. Nei miei dischi hanno collaborato pochi “fidati”, Alberto Checcacci, bravissimo chitarrista acustico e mio arrangiatore, Alessandro Golini, bravissimo violinista, sono due punti cardine del mio ultimo lavoro, ma in futuro questo panorama si amplierà. Condividere lo ritengo fondamentale e per far capire cosa intendo dire, userò questa bellissima frase che a mio avviso racchiude e sigilla il tutto: “non c’è deserto peggiore di una vita senza amici. L’amicizia moltiplica i beni e ripartisce i mali”. Questo a mio avviso avviene a maggior ragione in ambito musicale.
 
Non si chiede mai a un cantautore se nascono prima le parole o prima la musica, anche perchè ognuno ha un suo mondo, un suo metodo, una sua urgenza espressiva. I brani di Ancora libero sono tutti figli di un medesimo iter compositivo o ogni pezzo ha una storia a sé?
Ogni pezzo ha una storia a sé. Tendenzialmente preferisco lavorare su una idea, qualcosa che mi ha colpito, può essere un sogno, un film, un libro letto, una poesia, come nel caso del brano Per me sempre sarai, non vi sono preclusioni riguardo agli argomenti. Una volta individuato l’argomento cerco di lavorare sulla parte musicale. Ogni canzone è un viaggio a sè. Quando riesco a portare a termine un brano che mi piace e mi emoziona provo una grande sensazione di appagamento. Infine passo alla fase di “limatura”,  in cui cerco di ottimizzare musica e parole. Questo può durare anche settimane.
 
Il disco non è un concept, eppure emerge un filo rosso tematico: il tuo mondo. Un monito di libertà, una dedica d’amore, il confronto con la tecnologia, il rapporto con tua figlia o con tuo padre…
Si, è esattamente così. In questo disco non ho voluto seguire un preciso argomento, cosa che mi avrebbe senza dubbio limitato nello spaziare con la fantasia, ma ho preferito poter parlare di più cose senza autolimitazioni. Come tu ben descrivi ho cercato di parlare di più argomenti: amore, libertà, disagio, desiderio di evasione e il nostro rapporto sempre più pressante con la tecnologia. Voglio precisare che non voglio mai dare delle verità, perché non le possiedo, anche se vorrei… mi limito solo a sollevare qualche problema, o qualche riflessione, senza mai dare risposte perché non le possiedo. Ognuno deve trovare la sua, dentro di sè.
 
Non manca il 33 giri, peraltro arricchito da un’opera di tuo padre Romano. Sei legato al suono ma anche al simbolismo del vinile?
Il vinile, tra l’altro bellissimo da un punto di vista grafico, è il compimento di un sogno che avevo sin da bambino. Adesso trovarsi tra le mani un disco in vinile con su scritto “Ivan Francesco Ballerini” mi crea una emozione davvero incredibile. Il vinile è sicuramente qualcosa di più toccante e caldo di un freddo CD. L’aggiunta all’interno di un quadro di mio babbo impreziosisce ulteriormente il tutto. Essere riuscito a coinvolgere in questo mio progetto un babbo di 84 anni è un regalo meraviglioso che mi sono voluto fare.
 
Cosa ci si aspetta da un disco uscito in piena pandemia?
Ancora libero mi è servito molto, dovevo scrivere cose che riguardano la mia vita. In Cavallo pazzo, trattando temi riguardanti gli indiani d’America, non potevo dare pieno sfogo a Ivan, perché non raccontavo storie mie. In questo caso invece non ero legato ad argomenti stabiliti. Ho quindi potuto scrivere brani in cui parlo di mia madre, pur non nominandola mai, di mia figlia e addirittura ho avuto il piacere immenso di poter comporre un brano su una poesia di mio babbo. Tutto questo scrivere, mi è servito non poco per poter iniziare a lavorare su un terzo progetto, molto più complicato, molto più ambizioso, che sarà il mio futuro terzo disco. I collaboratori saranno sempre gli stessi, l’insostituibile Alberto Checcacci, il bravissimo Alessandro Golini. Ma si aggiungeranno nuovi musicisti a colorare queste mie storie. La cantautrice Silvia Conti, a cui ho affidato un brano che sicuramente lei renderà meraviglioso. Il bravissimo musicista Silvio Trotta… insomma, tutto in evoluzione.
 
A fronte di questa evoluzione, dove pensi che si dirigerà la canzone di Ivan Francesco Ballerini?
Ho già praticamente scritto tutti i brani del mio futuro album. Sono potenti, nella scrittura e negli argomenti trattati… Cerco sempre più di staccarmi da quelle che sono le mode di cui sinceramente non sono interessato. Si scostano molto da Cavallo Pazzo e Ancora Libero. La scrittura è più nitida, più elegante, le soluzioni musicali più varie e ricche, ma non voglio dire di più.
 

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