20/03/2007

Byrds

Il lungo volo di Mr. Spaceman

Forse vale la pena ricordare alcuni fatti: Mr. Tambourine Man nella versione dei Byrds esce tre mesi prima che Bob Dylan si presenti sul palco del Festival di Newport con una chitarra elettrica; quando Bob Dylan sta cercando il sound che lo avrebbe reso il re della nuova musica rock, durante le session di Highway 61 Revisited, si rivolge al chitarrista blues Michael Bloomfield con un esplicito: “Non suonare quella merda che fa B.B. King, suona come fanno i Byrds”; l’album Fifth Dimension, il primo serio tentativo di coniugare psichedelia e musica rock, esce un anno prima di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, il disco universalmente ritenuto manifesto della psichedelia; Roger McGuinn usa un Moog, primo musicista rock in assoluto, durante le session di Notorious Byrd Brothers, quando ancora Keith Emerson non sa cosa sia; benché tutte le enciclopedie del rock citino il disco Nashville Skyline di Bob Dylan pubblicato nel 1969 quale primo esempio di country-rock, Sweetheart Of The Rodeo dei Byrds – registrato a Nashville con musicisti della locale scena country – esce un anno prima.

Non è abbastanza? I Byrds sono anche i primi musicisti rock a sperimentare con la world music, prendendo Ravi Shankar e la musica indiana come ispirazione. Certo: come ha sempre ammesso McGuinn, i Byrds si misero insieme dopo aver visto il film dei Beatles A Hard Day’s Night (tanto che Roger si comprò una Rickenbacker perché vide che George Harrison ne usava una), ma grazie ai fatti citati poc’anzi, appare chiaro perché i Byrds siano stati la più influente e ancora oggi più significativa rock band americana di tutti i tempi. Il loro sound, sempre diverso e sempre innovativo, ha influenzato e continua a influenzare miriadi di gruppi rock.

E dietro a tutto ciò (benché per i primi due album il compositore più prolifico e di vaglia fosse stato lo scomparso Gene Clark) c’era la mente lucida e geniale di Roger McGuinn e il suono jingle jangle che lui coniò sulla sua Rickenbacker a dodici corde. “Notorious Byrd Brothers è il mio disco preferito dei Byrds. Quello e Younger Than Yesterday” dice McGuinn nel corso di una intervista telefonica dello scorso luglio. “Eravamo davvero sperimentali ai tempi, lo studio era la fonte di continue scoperte e viaggi musicali. Quei dischi suonano ancora così freschi”.

Oggi il musicista si è praticamente ritirato dalle scene musicali “che contano”: “Back From Rio (del 1991, con la partecipazione di ospiti come Elvis Costello e Tom Petty, due dei suoi tanti fan, nda) è stato il mio ultimo patto col diavolo” dice ridendo. “Ho chiuso con il music business, le case discografiche, le grandi tournée. Un mondo malato. Preferisco prendere il mio van e andare in giro con mia moglie a suonare nei piccoli club e nei teatri. Da solo”. E dedicarsi alla tradizione. Da diversi anni sul suo sito Folk Den Project (www.ibiblio.org/jimmy/folkden-wp/) McGuinn offre brani da lui incisi della grande tradizione folk del suo Paese e recentemente li ha raccolti in un cofanetto autoprodotto per festeggiare i dieci anni dall’inizio dei lavori. Ovvio che uno sperimentatore come lui si sia tuffato nel mondo di Internet e lo usi alla grande. Per di più offrendo queste incisioni del tutto gratuitamente, un altro schiaffo alla discografia.

Non è l’unico, gli faccio notare, tra i grandi nomi della scena musicale rock, ad aver ripreso in mano la tradizione: “È vero” dice. “Bob Dylan negli ultimi dischi sta pescando parecchio nella tradizione ma in fondo Bob è sempre stato legato alle sue radici folk. Ma guarda Springsteen: l’ultimo disco è un tributo a Pete Seeger!”. Che è una delle maggiori passioni e influenze di McGuinn, sin dai tempi dei Byrds di cui rifece in chiave rock Turn! Turn! Turn!. “Ma i Byrds in fondo” aggiunge “nonostante lo sperimentalismo, sono sempre stati essenzialmente un gruppo di matrice folk. Venivamo tutti da quella scena. Credo che quello che ha fatto sì che la musica dei Byrds rimanesse nel tempo è proprio la sua matrice folk. La musica folk, una forma d’arte senza tempo, è la base fondante dei Byrds. Ci consideravamo dei folksinger anche quando facevamo musica elettrica”.

 

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Nonostante il suo distacco dal mondo dell’entertainment “ufficiale”, ovviamente quando la Columbia, casa discografica dei Byrds, decide di mettere mano agli archivi del gruppo, Roger diventa il collante, il punto di riferimento obbligatorio, anche se lui dice di non aver curato la scelta dei brani inseriti nel nuovo box There Is A Season.

Certo, il fan accanito della band non potrà essere molto contento di questo nuovo box set. Sedici anni fa uscì Byrds, un cofanetto di quattro cd che conteneva praticamente gli stessi pezzi e nel periodo intercorso sono usciti tutti i dischi singoli con abbondante dose di bonus track. Non c’è davvero molto da scavare negli archivi, ecco perché su 99 brani There Is A Season contiene solo cinque pezzi finora inascoltati, e non sono onestamente niente di che: He Was A Friend Of Mine, alla radio svedese nel 1967, e quattro brani dal vivo nel 1970 (“Eravamo un’ottima live band a quel punto” dice McGuinn “con un chitarrista eccezionale come Clarence White potevamo anche fare brani blues”), Baby What You Want Me To Do, I Trust, Take A Whiff On Me e Black Mountain Rag. Per Roger “il vecchio cofanetto non era più disponibile nei negozi, questo è il motivo per cui ne è stato preparato uno nuovo. La tecnologia poi ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e la nuova masterizzazione è davvero eccellente”.

Forse a pagare un vecchio debito (sembra che uno dei motivi dietro il suo allontanamento dopo solo due dischi, ai tempi, fosse l’invidia di McGuinn per le enormi doti compositive di questi) There Is A Season offre molto spazio a Gene Clark: è impressionante, nel primo cd del box set, ascoltare una dopo l’altra le tante composizioni che lo scomparso musicista offrì alla band in poco più di un anno. “Gene era un talento formidabile. Mi manca tantissimo. Del disco della reunion del 1973 ho personalmente chiesto fossero inclusi solo i pezzi a sua firma (Full Circle e Changing Heart, nda)”.

Ci sono però alcune chicche, come il singolo dei Beefeaters, il primissimo nucleo della formazione con i soli McGuinn, Crosby e Hillman. Pubblicarono il singolo, nel 1964, i cui due brani (Please Let Me Love You e Don’t Be Long) appaiono qui per la prima volta da allora, bootleg a parte. “Eravamo decisamente presi dai Beatles a quei tempi, lo puoi sentire chiaramente da questi due brani”. Il passo successivo sarebbero stati i Jet Set (“Il nome Beefeaters fu deciso da Jac Holzman dell’Elektra per darci, secondo lui, un’aria più inglese, come voleva la moda del tempo. A me faceva schifo, lo cambiai appena ce ne andammo dall’Elektra per la Columbia” commenta McGuinn) e quindi i Byrds.

Un’altra chicca, seppur non inedita, è lo strumentale Nothin’ To It, risalente a uno special televisivo con Earl Scruggs di fine anni 60 in pieno periodo country e mai apparso su nessun disco del gruppo. Piace anche l’inclusione di due brani dalla rara colonna sonora del film concerto Banjoman, uscita originariamente nel 1976 e oggi introvabile, una acustica Mr. Tambourine Man (“Una versione acustica, molto dylaniana” dice Roger) e una rovente ed elettrica Roll Over Beethoven di Chuck Berry.

Ma naturalmente la vera chicca di questo cofanetto è il primo dvd dei Byrds disponibile in commercio. Dieci canzoni, di cui alcune dal vivo nella line-up che registrò l’eccellente live del 1970, Untitled, quella con Clarence White (So You Want To Be A Rock’n’Roll Star, Eight Miles High e Mr. Spaceman), una Tambourine Man risalente al 1967 durante il breve rientro di Gene Clark in formazione al posto dell’escluso David Crosby, più sei clip risalenti al 1965. Fa specie vedere una band come i Byrds alle prese con brani come Mr. Tambourine Man o Turn! Turn! Turn! esibirsi come voleva la moda del tempo con un cast di aitanti ballerine che si dimenano davanti a loro. Roger ride: “Era divertente. Uno dei clip è registrato al Whisky A Go Go, il club di Los Angeles che insieme al Ciro’s fu il nostro trampolino di lancio. È lì che venne lanciata la moda delle ballerine in gabbie sospese e devo dire che ai tempi essere circondato da tutte quelle ragazze così sexy non era male. Faceva parte del nostro biglietto d’ingresso nel mondo delle star”.

Peccato però che il dvd contenga solo dieci pezzi: “È vero. Non so, non ho deciso io cosa includere. C’è parecchio altro materiale che è ancora inedito, ad esempio ricordo il film The Big Tnt Show in cui facevamo un set dal vivo. Long Tall Sally e Not Fade Away se non ricordo male. Forse hanno avuto problemi di diritti per l’utilizzo di quelle immagini. Ma fatti un giro su Internet” aggiunge ridacchiando “non dovrei dire queste cose ma ci sono parecchi siti dove puoi trovare nostri filmati inediti”.

Internet è sicuramente un posto dove l’ex Mr. Spaceman si diverte parecchio. Oltre al già citato Folk Den Project, all’indirizzo http://ro germcguinn.blogspot.com/ troverete il blog ufficiale di Roger. Sì, proprio un blog, come ormai sanno fare anche le ragazzine di 14 anni, il diario virtuale del terzo millennio in cui tutti raccontano se stessi e nessuno – a parte l’autore – si prende la cura di leggervi. Siamo però sicuri che il blog di McGuinn abbia parecchi visitatori: oltre al diario on the road scritto dalla moglie Camilla che racconta tappa per tappa la vita itinerante della coppia con simpatici siparietti (tipici da donna) sulla qualità dell’albergo dove la coppia ha passato la notte o il menu di quel particolare ristorante, a seconda del posto visitato interviene lo stesso ex Byrd raccontando aneddotti ed episodi risalenti agli anni 60, al periodo con i Byrds o anche precedenti la nascita del gruppo. Una manna, per gli appassionati: “Sì” dice quando gli chiedo se abbia mai pensato di raccogliere quelle storie in un libro “sto discutendo con diversi editori la possibilità di raccoglierle in una specie di biografia”.

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