09/10/2024

Il lungo viaggio tra heavy-psych e stoner

Tsunami pubblica il nuovo libro di Davide Pansolin

 

Benché nomi come Kyuss, Fu Manchu e Monster Magnet siano tra i più gettonati nel rock degli anni ’90, il fenomeno stoner non ha mai ricevuto in Italia un’adeguata trattazione. Anche a partire dalla dicitura, che i cultori ritengono inesatta e fuorviante. Meglio parlare di heavy-psych, di psichedelia pesante, come ha fatto da anni sulle colonne di Vincebus Eruptum Davide Pansolin, autorità indiscussa per quello che riguarda le diramazioni desertiche e lisergiche del rock duro contemporaneo. Tsunami ha appena pubblicato il suo libro Kiss the Sun. Il lungo viaggio dell’heavy psych – 1980-2000, che si candida immediatamente a punto di riferimento in materia. Ne parliamo con l’autore.

 

Per abitudine e comodità lo chiamiamo tutti stoner rock, eppure sin dal titolo precisi che la dicitura migliore è heavy-psych. Una questione di forma, di terminologia, o dietro c’è una sostanza diversa?

Per me c’è una sostanza diversa. Si iniziò a parlare di stoner rock solo durante la seconda metà degli anni ’90. Tanto per intenderci, con i Kyuss attivi nessuno identificava la loro musica in quel modo. Dopo la diaspora della band di Palm Desert, forse per trovare un contenitore in cui immagazzinare tutta la musica da loro influenzata, alcuni giornalisti iniziarono ad usare quel termine. E in quel contenitore veniva inserita tutta la musica pesante che avesse vagamente spore psichedeliche al suo interno. Avendo il termine “stoned” un’accezione non proprio positiva, la maggior parte degli artisti dell’epoca non apprezzavano affatto tale definizione. Fin dalla nascita di Vincebus Eruptum decisi di definire il genere (se di genere si tratta…ma ho qualche dubbio) heavy-psych. A partire dai primi anni 2000 il termine stoner rock venne sdoganato e negli ultimi anni a mio avviso è stato perfino abusato.

 

Che sia una storica avventura, quella della musica che hai raccontato, è fuori discussione. Più intrigante scoprire che viene da lontano, da prima del trionfo dei Kyuss di Blues For The Red Sun. Il lungo viaggio comincia nel 1980?

Magari non direttamente come heavy-psych, ma già dai primi anni ’80 si coltivarono i primi semi: la scena del deserto ha proprio origine in quegli anni come evoluzione dell’hardcore californiano, come allo stesso modo avvenne nel New Jersey dopo l’esplosione dei Misfits di Glen Danzig, grazie al suo “discepolo” Dave Wyndorf e i suoi futuri Monster Magnet. Non a tutte le latitudini il viaggio iniziò ad inizio anni ’80, ma le spore principali dell’heavy-psych attecchirono proprio in quel periodo.

 

Benchè, come tu stesso approfondisci nel testo, ogni nazione abbia avuto una sua scena, certi luoghi contano più di altri. La California, la Coachella Valley, Palm Desert. Perché sono state così importanti queste location?

In quei luoghi si formò una vera e propria scena, fatta di collaborazioni e grande amicizia. Il desert-rock creato dall’influenza di Mario Lalli, a mio avviso, può essere assimilabile a quello che per certi versi avvenne a Seattle. La grossa differenza è l’ambiente desertico, al posto di quello piovoso e metropolitano della città nello stato di Washington. Il deserto, come detto anche da parecchi testimonial nel libro, è servito anche da fonte di ispirazione per la musica e i testi di queste band: vogliamo parlare del progetto Desert Sessions per esempio? Io purtroppo non ho mai visitato quei luoghi, ma chi lo ha fatto mi ha sempre descritto l’affinità con la musica generata dalle band “incriminate”.

 

In che termini invece hanno contribuito le varie scuole nazionali? Mi vengono in mente la Svezia degli Spiritual Beggars, l’Inghilterra dei Cathedral, la Germania dei Vibravoid…

La scena di ogni nazione ha avuto una genesi diversa, spesso influenzata dalla musica storicamente sviluppata dai decenni precedenti: il kraut-rock di Can e Amon Düül (per citare i gruppi più famosi) ha influenzato le band che negli anni ‘80/’90 si sono formate in Germania, come l’hard-rock di Black Sabbath, Ufo e Atomic Rooster ha influenzato quelle britanniche. Nel caso di Svezia e Olanda la genesi fu, a mio avviso un po’ diversa, perché in quei luoghi, l’influenza di band americane quasi coeve come Kyuss e Monster Magnet, ebbe decisamente il sopravvento.

 

Ricordo una eccezionale band nostrana, i Vortice Cremisi, e in generale anche l’Italia ha espresso proposte di notevole interesse. Lo stoner italiano merita un riascolto?

Assolutamente sì! Tra metà e fine anni ’90 emersero band davvero interessanti, la cui musica potrebbe emergere ancora oggi a distanza di quasi 30 anni! I Vortice Cremisi di Ancona furono sicuramente tra i paladini, ma non si possono dimenticare padrini dell’heavy-psych nostrano come That’s All Folks, Hogwash e Acajou…oltre alla band che (unica nella scena) ancora oggi sta raccogliendo ottimi successi come gli Ufomammut!

 

Inevitabile parlare di Kyuss, dalla cui estinzione sono nate diramazioni importanti (penso alla popolarità dei Queens Of The Stone Age) ma anche progetti fedeli alla linea come i numerosi gruppi di John Garcia e i progetti di Brant Bjork. Qual è stata l’importanza di Josh Homme e compagni nella storia del rock anni ’90?

I Kyuss e le sue diramazioni hanno avuto un’importanza seminale. Oggi questo libro non esisterebbe neppure se non ci fossero stati i Kyuss. Se pensiamo soltanto alle infinite collaborazioni di Josh Homme negli anni (Screaming Trees, John Paul Jones, Iggy Pop, Dave Grohl, Paul McCartney, PJ Harvey, etc.) penso si possa facilmente asserire che la sua parabola sia stata una delle più importanti degli ultimi 30 anni.

 

Come mai il nutrito e eterogeneo movimento heavy psych non ha avuto un’adeguata copertura mediatica? Al di là del tuo magazine non c’è mai stata particolare attenzione…

A questa domanda non so rispondere…

O meglio, il movimento heavy-psych ha vissuto negli anni di ondate dalla durata piuttosto breve e non pianificabile: questo significa che spesso le pubblicazioni sono arrivate poco dopo l’apice dell’ondata, diventando quindi terreno di fallimento subito dopo. Il “mio” magazine nacque e visse negli anni in maniera molto umile, a prescindere dalle ondate e dalle mode e per questo motivo fu più longevo di altri.

 

Hai menzionato e approfondito centinaia di gruppi, principalmente americani, ma hai esplorato anche mercati periferici come Argentina e Giappone. Nella tua ricerca, è emerso qualche gruppo un po’ nell’ombra che invece ritieni sia meritevole di un nuovo ascolto?

Io sono fissato con la scena Texana, molto meno conosciuta e davvero underground. Penso che nessuno (oltre al sottoscritto) avrebbe dedicato un capitolo intero a quello Stato. Ma quella fu proprio una scena, come quella del deserto, solo che non ebbe mai un’amplificazione mediatica. Band come i The Mike Gunn e i Linus Pauling Quartet avrebbero meritato molta più fama rispetto ad essere relegati nelle collezioni viniliche di poche centinaia di collezionisti in giro per il mondo.

 

Ti fermi, come evidenzia già il titolo, al 2000. Nell’ultimo ventennio il lungo viaggio heavy psych si è fermato?

Assolutamente no. Sono emerse anche molte band interessantissime e fondamentali. Solo che, a mio avviso, nel 2000 si è spenta quella fiammella di spontaneità che portò molti gruppi a diventare di riferimento per i giovani dell’epoca. Tante band di quegli anni oggi sono coverizzate, oppure vengono citate come influenze fondamentali per le band di oggi.

Un po’ come i Leafhound, i Sir Lord Baltimore, i Captain Beyond lo erano per le band degli anni ’90….

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