22/03/2007

De André, Pagani e i 20 anni di Creuza De Mä

“Quando Mauro Pagani e io ci eravamo stancati di sentire della brutta musica di importazione americana, per non parlare di quella emulativa che si faceva in Italia, decidemmo di realizzare Creuza de mä, un disco che abbracciasse, sia dal punto di vista strumentistico sia da quello linguistico, i suoni dell’intero bacino del Mediterraneo.”

Così si esprimeva Fabrizio De André durante la tournée del 1998 presentando i pezzi tratti da Creuza de mä. Interessante anche il prosieguo della spiegazione: “Altro motivo è la nostalgia per Genova, città dove ormai non abito più da quando avevo 34 anni, alla quale si sovrapponeva una nostalgia per un passato glorioso come Repubblica Marinara. Per questo motivo la lingua usata nel disco non è il genovese odierno, ma quello di 500/600 anni fa. Per quanto riguarda invece il linguaggio musicale, abbiamo usato strumenti provenienti da regioni che vanno dal Bosforo fino a Gibilterra, passando per la Turchia e la Grecia”.

Creuza de mä, che quest’anno compie vent’anni, è l’album più ambizioso pubblicato da Fabrizio De André, la cui bellezza è celebrata in Italia e all’estero: “Probabilmente la massima opera realizzata in Italia nel campo della canzone”, scrive Enzo Gentile sul Dizionario del Pop Rock di Baldini & Castoldi, mentre sono noti gli apprezzamenti espressi da David Byrne. Inoltre il disco ha ottenuto molti riconoscimenti, tra cui i prestigiosi “miglior album dell’anno” per il Club Tenco e “miglior disco italiano degli anni Ottanta” per la rivista Musica e Dischi.

Il ventennale del disco e la recente pubblicazione di 2004 Creuza de mä di Mauro Pagani offrono lo spunto per ricordare e raccontare la genesi di questo importante album. Per farlo la via migliore era intervistare Pagani, che ci ha gentilmente accolti nei suoi studi di registrazione milanesi, Next – Officine Meccaniche.

——————————————————————————–

Un disco mediterraneo

Le domande e i ricordi non possono che partire dall’incontro tra De André e Pagani, il cui connubio artistico fu la base per la creazione di Creuza de mä.

“L’incontro è stato casuale”, esordisce l’ex musicista della PFM. “Stavamo entrambi registrando agli studi Stone Castle di Castello di Carimate. Io stavo lavorando alla colonna sonora del Sogno di una notte d’estate di Gabriele Salvatores, non il film ma la versione teatrale, mentre De André stava incidendo L’indiano. Inizialmente mi ha chiesto di andare in tournée con lui perché aveva bisogno di qualcuno che potesse aiutarlo nelle esecuzioni dei suoi pezzi arrangiati in stile PFM. Mentre eravamo in tour si è interessato agli studi che stavo conducendo sulle musiche mediterranee, e da qui è nata l’idea. Ha iniziato a dire: facciamo un disco mediterraneo, basta con gli americani. Infatti era reduce da due album molto americani (Rimini e L’indiano), ne era un po’ stufo e cercava una nuova direzione, che è stata la musica mediterranea.”

Per la scrittura dei pezzi i due musicisti si dividono i compiti: “Io”, spiega Pagani, “ho provveduto alla parte musicale, mentre Fabrizio si è occupato dei testi. È stato molto coraggioso: era un cantautore famoso per i suoi testi e di colpo pubblicava un disco del quale non si capiva neanche una parola. Per quanto mi riguarda, ho un legame molto stretto con Creuza de mä: è stata la mia prima vera produzione di un album, un disco che poi è stato accolto molto bene, tanto che ho continuato a cantarne le canzoni durante i miei concerti. Non è stato solo il primo lavoro che facevo con Fabrizio, ma anche quello in cui ho riversato tutti gli studi che da anni stavo conducendo sulla musica mediterranea, iniziati nel 1977 e che avevano già caratterizzato il mio primo disco solista, Mauro Pagani del 1979. Quello che ho convogliato in Creuza de mä era il risultato di anni di lavoro”.

“La musica del disco”, prosegue Pagani, “è ispirata al suono del bacino del Mediterraneo, ma non ha precedenti o confronti, non è figlia di una tradizione. Creuza de mä non ha nulla a che vedere con la tradizione genovese. È una musica creata dal nulla, è come un viaggio nel tempo inventato che descrive il Mediterraneo senza viaggiare veramente, un po’ come un libro di Salgari. Un disco che richiama il Mediterraneo ma che non è suonato da nessun musicista mediterraneo. Siamo noi, un gruppo di italiani, che ci siamo inventati un suono sulla base delle nostre conoscenze: non un documentario, ma un film in costume. È un progetto contaminato: abbiamo mescolato un solido impianto di disco europeo (basso, batteria e tastiere) con degli strumenti mediterranei.”

——————————————————————————–

Una Genova fuori dal tempo

La forza dell’album è “quella di essere fuori dal tempo, e infatti è ancora molto attuale. È un progetto così originale che non assomigliava a nulla che c’era allora”.

Non si può che essere pienamente d’accordo con Pagani: Creuza de mä, così sganciato da ogni moda o tendenza musicale, suona ancora fresco e vitale, e le storie che racconta piacciono ancora (grazie anche all’inevitabile decisione di pubblicare le traduzioni dei testi all’interno della copertina). Le liriche tratteggiano l’antica Repubblica Marinara di Genova, riuscendo a coglierne i riti quotidiani, il brulichio delle vie e dei mercati, i sapori della cucina, descrivendo le vite avventurose dei marinai, il fascino delle prostitute, il grigiore di tristi personaggi come gli addetti alla riscossione dei crediti. La decisione di ambientare le storie narrate nei sette pezzi del disco nella Repubblica Marinara di Genova nasce “dall’impianto sonoro del disco, che ha richiamato una Genova lontana nel tempo ma soprattutto una Genova senza tempo”, spiega Pagani. E, a proposito della scelta linguistica, l’ex PFM ricorda che “il progetto iniziale era che i testi dovessero essere scritti in una lingua da marinaio, quindi influenzata da genovese, arabo, catalano e turco. Una lingua da inventare. Poi Fabrizio ha avuto una grande intuizione: il genovese è una lingua così, una lingua di marinai figlia della contaminazione con molte lingue straniere. Ci sono molte parole di etimo arabo nel genovese. Usare una lingua inventata sarebbe stato un progetto letterariamente molto bello ma che avrebbe richiesto anni di lavoro”. In merito alla ricerca linguistica e alla documentazione consultata da De André in fase di scrittura (vedi anche box a pag. 61, ndr), Pagani precisa che si è trattato “non tanto di una ricerca di antichità linguistica, quanto della ricerca di relativa purezza linguistica dall’italiano: Fabrizio cercava una lingua che non fosse figlia di incroci tra genovese e italiano”.

L’unico pezzo il cui testo non è riferibile a Genova è Sidún, che parla di un padre che perde il figlio per morte violenta. La canzone si apre con le voci di Reagan e Sharon (quando fu scritta la canzone era Ministro della Difesa) e con rumori di carri armati, quindi si può intuire che il pezzo sia ambientato in un campo profughi palestinese. Pagani: “Sidún è il modo genovese di chiamare la città libanese Sidone, dove c’erano dei campi profughi palestinesi nei quali entrarono i carri armati israeliani. Il pretesto è stato questo, però l’idea era scrivere un pezzo su un padre che piange la morte del proprio figlio, dramma che non ha confini o connotazioni”.

——————————————————————————–

Un album di rottura

Mentre De André e Pagani incidevano Creuza de mä non temevano né si preoccupavano delle possibili reazioni di pubblico e critica al cospetto di un disco così innovativo e di rottura: “Non ci ponevamo il problema”, ricorda Pagani, “perché eravamo completamente innamorati del progetto: io ci avevo buttato dentro tutto me stesso, Fabrizio era rimasto folgorato dall’idea e non c’era niente e nessuno che potesse fermarci. I timori li ha avuti la casa discografica, che era preoccupata. Fabrizio però teneva i discografici ben distanti: la prima volta che hanno sentito il disco è stato a cinque giorni dalla consegna del master, quindi poco più di un pro forma. L’amministratore delegato della Ricordi dopo averlo ascoltato esclamò: speriamo di venderne almeno qualche copia a Genova”.

Come detto, e a dispetto delle pessimistiche previsioni dei discografici, Creuza de mä raccolse un ampio successo, sia di pubblico sia di critica. De André ne interpretò con continuità i pezzi non solo nella tournée conseguente al disco, ma anche negli anni successivi, come testimoniano il doppio album dal vivo 1991 Concerti, nel quale Creuza de mä appare integralmente, e i (relativamente) recenti In concerto e In concerto volume II, che includono tre pezzi dall’album. Per il pubblico era un piacere ascoltare queste canzoni, mentre per i musicisti suonarle era faticoso, precisa Pagani, “perché Fabrizio ha sempre avuto un’idea dell’arrangiamento statica. Ridendo sosteneva che fare un arrangiamento è come dipingere un quadro: una volta che lo hai dipinto non è che tutte le volte lo rifai da capo. Il suo approccio era molto classico, così Creuza de mä è stato sempre trattato da Fabrizio come una partitura predefinita: si faceva in quel modo e basta. Il risultato erano concerti bellissimi ma veramente faticosi da suonare, perché era come eseguire musica classica. Non potevo mai cambiare note, altrimenti Fabrizio brontolava. Invece, in questo tipo di musica, la variante interpretativa momentanea, mi riferisco in particolare all’estro, presuppone una diversità da concerto a concerto”.

——————————————————————————–

In barca per scrivere il seguito

L’ottima riuscita del disco convinse De André di aver trovato una nuova strada da intraprendere, così programmò la realizzazione del seguito di Creuza de mä. Per prepararsi partì, in compagnia di Pagani, per un viaggio in barca nel Mediterraneo per andare alla ricerca di spunti e sonorità. “L’obiettivo del viaggio”, ricorda Pagani, “era cercare ispirazione per scrivere il nuovo disco. Abbiamo navigato per tre mesi tra il sud dell’Italia e la Grecia: ci siamo divertiti moltissimo ma non abbiamo scritto una nota. Io ho preso parecchi appunti e spunti che poi mi sono serviti anche per il mio recente album Domani.”

“Fabrizio”, continua Pagani, “voleva realizzare il seguito di Creuza anche perché era felice di cantare in genovese visto che non ne poteva più di farlo in italiano. Io però non ero d’accordo perché temevo che avrebbe sofferto del confronto, fare i sequel è sempre difficile. Io volevo che facesse un disco in italiano alla De André, cosa che non faceva da tempo (prima di Creuza c’erano stati Rimini e L’indiano, due lavori molto influenzati dalla musica americana, nda). Alla fine il successivo Le nuvole è uscito con una facciata in italiano e una in dialetto proprio perché era figlio di due progetti diversi.”

——————————————————————————–

La versione 2004

Nel ventesimo anniversario dell’uscita del disco Mauro Pagani pubblica la propria versione dell’album: 2004 Creuza de mä. L’idea di questa rivisitazione nasce non solo per lo stretto legame che Pagani sente nei confronti di questo album, ma anche perché “Creuza de mä è come un canovaccio di viaggio intorno al Mediterraneo, e dopo vent’anni mi è venuta voglia di rifare il giro da capo”. Ma non solo: “In un periodo come questo in cui le politiche delle major discografiche sono tutto tranne che l’emblema del coraggio, mi è sembrato giusto ricordare un disco che vent’anni fa era molto coraggioso. E mi sto rendendo conto che continua ancora oggi ad essere coraggioso: infatti sono certo che non verrà trasmesso dalle radio”.

2004 Creuza de mä è stato registrato in parte dal vivo (lo scorso 26 agosto in piazza del Campo a Siena) e in parte in sala d’incisione, ma “non lo presento come un disco dal vivo con delle correzioni come va di moda in questi tempi”, precisa Pagani, “bensì come un progetto di rivisitazione, un progetto sonoro che sovrappone parti incise dal vivo ad altre registrate in studio. L’album ha l’ambizione di coniugare la precisione dello studio di registrazione con il calore dell’esecuzione dal vivo”.

2004 Creuza de mä è un’operazione coraggiosa: non solo incombe il paragone con l’originale, ma anche la domanda se un lavoro simile abbia senso. Ombre che si stagliano su 2004 Creuza de mä senza però offuscarne il valore. Bisogna infatti prendere atto dell’intraprendenza di Pagani, che riesce a dare un senso all’intero lavoro facendo evolvere il progetto originario dell’album, confermandosi così un artista di notevole caratura. Il viaggio nel bacino del Mediterraneo ai tempi solo immaginato è stato ora compiuto: la rivisitazione vanta la presenza di artisti tunisini, turchi e israeliani. Per quanto riguarda il paragone con l’originale, Pagani si augura che “il confronto con la voce inimitabile di Fabrizio sia bonario e affettuoso come nei confronti di qualunque altro straniero venuto in pace”.

L’evoluzione dell’originale si concretizza nella presenza di quattro pezzi in più. Oltre ad una suggestiva introduzione, Al fajr, ci sono, come racconta Pagani, “Quantas Sabedes che nasce da due testi di Martim Codax, un cantore galiziano del XIII secolo, che avevo musicato nel 1981 nel periodo in cui iniziammo a scrivere le canzoni di Creuza de mä. Il pezzo poi è finito nella colonna sonora di Sogno di una notte d’estate di Gabriele Salvatores. Fabrizio aveva brontolato perché la riteneva più consona a Creuza, quindi l’ho reintegrata. L’altro pezzo non presente sul disco del 1984 è Neutte, una poesia del poeta spartano Alcmane che ho musicato. Era un’idea che avevamo avuto per Creuza de mä, musicare poesie di autori antichi, che però non abbiamo realizzato. Così l’ho fatto ora”. Infine, troviamo Megun Megun, un pezzo apparso su Le nuvole e scritto da De André, Pagani e Ivano Fossati, ma considerato dall’ex PFM come diretta continuazione di Creuza.

Nel disco ci sono anche ospiti italiani di pregio – come Andrea Parodi, ex cantante dei Tazenda che fa sentire la propria voce nel brano Dä me riva, e Gavino Murgia, polistrumentista sardo – e internazionali. Segnaliamo le presenze di Savas Zurnaci, clarinettista dell’Istanbul Oriental Ensamble, considerata una delle maggiori musiciste zigane della Turchia, ma soprattutto quelle di Mouna Amari, cantante tunisina, ed Emil Zhrian, ritenuto uno dei migliori controtenori in attività e attualmente voce della sinagoga di Ashkelon in Israele. Le straordinarie voci di Amari e Zhrian sono alla base del capolavoro di 2004 Creuza de mä: un’emozionante versione di Sidún cantata a tre voci in altrettante lingue, genovese antico, arabo e israeliano. Un potente grido contro le guerre che uccidono i bambini, proprio perché “quello che palestinesi e israeliani hanno attualmente in comune è il piangere i propri figli. Una semplice canzone non può cambiare nulla, ma sentivamo di doverla fare”.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!