08/11/2013

De Crescenzo, a qualcuno piace jazz

Il cantautore napoletano stupisce tutti e rilegge i suoi classici in chiave swing

Eduardo De Crescenzo si dà al jazz? Strano, ma vero. Anzi, a ben vedere, neanche tanto strano. In “Essenze jazz” (Universal) lo chansonnier napoletano stupisce tutti e rilegge i suoi classici in chiave swing. Una sorta di terza carriera, dopo quella di autore e di cantautore. Ad assecondarlo, una band di altissimo livello con jazzisti del calibro del pianista Stefano Sabatini, dei sassofonisti Daniele Scannapieco e Sandro Deidda, del bassista Enzo Pietropaoli e altri. L’idea? Reinventare quindici classici del suo repertorio – tra cui la superfamosa “Ancora” –, dando loro una nuova veste. Com’è nato il progetto lo chiediamo al musicista partenopeo.

Da quando stavi ragionando su “Essenze jazz”?
“Il progetto ha avuto un’incubazione lunga. Da molti anni ne parlavo con Stefano Sabatini, che collabora con me fin dal 1983. Poi progressivamente si sono create le condizioni per poterlo realizzare. Ci sono stati i concerti a Perugia in occasione del quarantennale di Umbria Jazz, a Napoli e a Ravello. E ora è diventato un disco. Il jazz poi è un amore di sempre. Il gusto per l’improvvisazione e per la composizione estemporanea sono una radice forte della mia musica tipica del mio modo di cantare, anche se non sempre sento di dare un’etichetta precisa.”.

Per l’occasione hai anche ripreso in mano la fisarmonica…
“In realtà, io non ho mai lasciato la fisarmonica. La suono da quando avevo tre anni. Ho debuttato a cinque come fisarmonicista al Teatro Argentina di Roma e ho iniziato gli studi di musica classica. E’ un prolungamento delle mie mani. C’è stato solo un breve periodo, agli inizi degli anni 80, in cui non la suonavo in pubblico ma la composizione è sempre nata da lì. L’ho ripresa in pubblico nell’89 con l’album “C’è il sole” e di seguito fino a oggi”.

Con quale criterio hai scelto i brani del tuo repertorio da arrangiare in questa chiave?
“Un criterio musicale innanzitutto. Ho dato precedenza ai brani che già avevano questa matrice di fondo. Poi, in un repertorio lungo 30 anni, ci sono temi che ormai appartengono al pubblico e non mi sono sentito di escluderli”.

Che effetto emotivo ti ha fatto cantare di nuovo questi tuoi hit con una band di jazzisti?
“Il mio “Essenze jazz” è nato dal desiderio di creare sul palco un dialogo artistico ed emotivo. Ho pensato a lungo prima di scegliere ogni musicista. Volevo che fossero jazzisti esperti ma anche in grado di suonare abbandonandosi alle emozioni prodotte sul palco, senza paura di staccarsi da schemi preconfezionati. Noi siamo stati molto felici di suonare insieme e credo che il pubblico nei concerti delle anteprime lo ha percepito e condiviso”.

Quali sono le fonti della tua ispirazione?
“Tutte le esperienze musicali che ho vissuto: classica, pop, jazz, soul … mi hanno lasciato qualcosa. Io le sento tutte mentre canto e suono, so da dove arrivano. Lo scopo di un artista però è sempre quello di cercare un proprio stile. L’ispirazione non deve mai diventare imitazione”.

Dobbiamo considerare questo cd una parentesi nella tua carriera o un nuovo inizio?
“Per me ogni lavoro è un nuovo inizio. Tolti i primi tre anni di vita, tutti gli altri li ho vissuti su un palco. Sarebbe stato difficile arrivare fin qui se non fossi stato in grado di camminare nella musica cercando sempre nuove strade e nuove emozioni”.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!