21/03/2007

Eels

Rock da camera (e da sigaro)

Dopo l’acclamato Blinking Lights And Other Revelations, gli Eels pubblicano il loro primo disco dal vivo, Live At Town Hall, testimonianza dello show tenuto lo scorso 30 giugno a New York. A pubblicarlo sono gli Eels With Strings, per la precisione, perché a caratterizzare i recenti concerti della band è stata la presenza sul palco di un quartetto d’archi. È un progetto ambizioso, al quale E si è dedicato anima e corpo, cercando di unire musica da camera e cantautorato, allontanandosi dall’indie rock degli esordi e avvicinandosi al ruolo di musicista versatile che esplora in modo trasversale il territorio rock.

Come è nata l’idea di accompagnarsi con il quartetto d’archi?
Qualche giorno dopo la fine delle registrazioni di Blinking Lights me ne stavo nel mio giardino a fumare un sigaro. Ho cominciato a pensare a come realizzare un concerto degli Eels completamente diverso da quelli passati, nel quale poter tranquillamente fumare un sigaro durante lo show. E così mi è venuto in mente il quartetto d’archi: più ci pensavo e più non potevo togliermi questa idea dalla mente.

In base a quale criterio sono state scelte le canzoni?
Non è stato così naturale come potrebbe sembrare, anche perché con un quartetto d’archi non puoi immaginare a priori quale sarà il risultato. Ho scelto quelle che – per atmosfera – mi sembravano le più adatte a questo tipo di arrangiamento. È stata una vera e propria sfida, la più difficile nella storia degli Eels. Non ci è mai capitato di suonare davanti a uno spartito, io stesso non sono molto bravo a leggere il pentagramma. Non si è trattato del solito “prendi la chitarra, attacca la spina e vediamo cosa succede”. In acustico si sente ogni minimo errore che fai, perché non ci sono i feedback a coprirli. Come musicista sei messo a nudo.

Perché avete scelto il concerto di New York?
Di solito quando registri uno show, è sempre quello sbagliato. Molti ci avevano consigliato il concerto che avevamo tenuto la sera prima, a Boston, ma la Town Hall è un luogo leggendario. Vi si esibisce gente che ha pubblicato 50 o 100 album, e anche grandi nomi del jazz. Basta osservare le targhe appese sui muri per sentirsi in soggezione.

Raccolte o dischi dal vivo sono di solito occasioni per fare dei bilanci. Come consideri la tua carriera fino a questo momento?
È una domanda difficile. È come se chiedessi a qualcuno quando pensa di morire o quanto pensa ancora di vivere.

Te l’ho chiesto perché Blinking Lights è stato osannato da critica e pubblico. Molti lo considerano l’apice della vostra carriera…
Potrei essere al top della mia carriera oppure alla fine. So solo che questo era il momento giusto per affrontare la pubblicazione di un live.

Presentarsi con un quartetto d’archi può sembrare un progetto ambizioso.
In effetti, per dei rocker come noi, lavorare con un quartetto è stata quasi un’impresa. Non avevamo alcuna idea di come sarebbe andata a finire. Voglio precisare che non avevamo alcuna intenzione di spiazzare il pubblico ostentando ampi orizzonti musicali. È stata più che altro un’esigenza.

Nella forma acustica, i testi delle canzoni assumono una maggiore rilevanza. Quanto sono importanti per te le liriche?
Amo molto la musica strumentale. Però devo confessare che per Blinking Lights mi sono concentrato molto sui testi e relativi messaggi.

Qual è esattamente il significato di Blinking Lights?
Che nella vita certi eventi si manifestano di volta in volta, un po’ come le luci di un albero di Natale. È un concept album il cui messaggio è quello di vivere ognuno la propria vita.

Come sei riuscito a trasferire un concept album nella dimensione di un live?
Le considero due situazioni completamente diverse. Soprattutto nei confronti del pubblico: da una parte devi rendere conto a chi si accontenta solamente di acquistare il tuo disco in studio, dall’altra anche a chi spende ulteriori soldi per venirti ad ascoltare dal vivo.

Come mai non avete scelto di pubblicare il live in due cd?
In realtà non avevo intenzione di realizzare il documento di una serata dal vivo, piuttosto una sorta di album in studio. Se fosse stato possibile avrei addirittura tolto gli applausi fra una canzone e l’altra.

Sei soddisfatto del risultato finale?
È stato difficilissimo ottenere il suono che volevo, ci ho lavorato diversi mesi in fase di post produzione. Forse perché non è stato registrato nel modo professionale in cui speravo.

C’è qualche canzone che preferisci fra le altre?
Bus Stop Boxer, Dirty Girl, Hey Man, Flyswatter e Girl From The North Country.

L’ultima che hai elencato è una cover di Bob Dylan, considerato fra i padri dei singer songwriters. Ti senti più vicino a un musicista rock o a un cantautore?
Non è che prenda molta ispirazione dal rock vero e proprio, perché sai, non sono più un ragazzino. Quindi conservo alcuni punti di riferimento che considero dei maestri.

E come mai hai scelto Dylan?
Girl From The North Country è una canzone che conosco fin da ragazzino, forse una delle prime che ho imparato a suonare, al piano. Mi sembrava interessante riproporla alle nuove generazioni.

Tom Waits ha detto di voi: “Gli Eels sono degli outsider, come quelle persone che dipingono con i polpastrelli delle mani. Aspetto con ansia ogni loro pubblicazione”. Tu cosa pensi di lui?
Oltre ad essere un ottimo amico, è un mito. Fra i più grandi musicisti viventi.

Guardando alle canzoni del passato, scritte quando magari avevi 25 anni, pensi che ti rappresentino ancora oggi?
Spero proprio di no, mi auguro che ci sia sempre un’evoluzione. Sicuramente alcune sono state significative, ma il tempo passa e nel frattempo maturi. Quando sento un pezzo vecchio, un po’ soffro. Mi vengono in mente tutte le cose che non rifarei. Ma a salvarti arriva il momento dell’esecuzione dal vivo, perché puoi cambiare tutto. Considero la set list di un concerto come un nuovo album in studio.

Qual è il tuo rapporto con i fan?
Non so se ne esista uno in particolare. So solo che ascoltano la mia musica.

Ti consideri un eccentrico?
Penso di no, anche se talvolta qualcuno mi descrive come tale.

Che tipo di vita conduci?
Abbastanza tranquilla. Mi concentro molto sulla realizzazione dei miei dischi e non ho tanto tempo libero.

Progetti futuri?
Sto lavorando a nuove canzoni. Non penso sia il caso di parlarne, è ancora prematuro… Penso che per un po’ non ci sarà niente di nuovo.

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