15/05/2007

Ekoostik Hookah

Ohio Grown – Ariel

Gli Ekoostik Hookah (che loro scrivono con la prima “e” alla rovescia) arrivano da Columbus, capitale dell’Ohio, una delle lande meno considerate nella geografia del rock, con qualche notevole eccezione. Attivi da circa dieci anni, ne facciamo la conoscenza solo oggi. D’altro canto il panorama delle jam band è talmente vasto e qui nel Bel Paese ne arriva soltanto un vago eco sulle note degli esponenti più popolari, come Phish o Dave Matthews Band. Molto difficile stare al passo con una scena effervescente e sempre più vivace.

Anche gli Ekoostik, come la gran parte di questi gruppi, vantano un seguito di migliaia di fan che li seguono in migrazioni cicliche, qualora essi siano in tour, come il libro del perfetto figlio dei Deaheads insegna, ma che soprattutto ne hanno decretato il successo e la popolarità alla faccia di Mtv o di Rolling Stone, che si accaniscono a presentare del rock americano solo una facciata, quella promossa dai grandi gruppi discografici, facendo credere agli sprovveduti che il rock degli ultimi dieci anni sia solo crossover, Red Hot Chili Peppers o rigurgiti post grunge. Niente di più falso, perché la scena jam band attira decine di migliaia di spettatori, permette ai gruppi di autogestirsi discograficamente (vendendo anche parecchio) e di fare la musica che piace loro.

E allora: questa band dell’Ohio è autrice di un rock spettacolare, brani che alternano riffoni chitarristici implacabili alla Blues Traveler e puntate scanzonate nel bluegrass: esemplare la strepitosa Dragonfly, dove è un continuo alternarsi tra rock che viaggia a cento all’ora con staccati tipicamente bluegrass (con tanto di fiddle e mandolino). Dotati di un chitarrista assolutamente formidabile (Steve Sweney; gli Ekoostik sono tutti musicisti impeccabili), regalano aperture musicali a tutto campo: ad esempio lo swamp dagli accenni R&B di Raging River (tappeto percussivo in evidenza, uno splendido pianoforte a ricamare, la chitarra che si lancia in assolo devastanti degni del miglior Santana e una linea melodica trascinante); la ballad tipicamente californiana di Ohio Grown (che dimostra che il gruppo, a differenza di molte jam band, sa anche scrivere canzoni di ottima fattura); il blues lisergico di Another You (ancora la chitarra in evidenza); l’immancabile tributo ai Grateful Dead early 70’s di Godspeed dove la parte vocale è più che un richiamo a quella classica di Jerry Garcia; il country rock dai piacevoli sapori caraibici di Sweet Lucy; il funk (con tanto di brillante sezione fiati) di Music; lo swing trascinante di Dancin’ Outlaw, il bluegrass di Deal With It.

È ovvio che questo gruppo, come d’altronde quasi tutte jam band, il meglio lo offre dal vivo (ne siamo sicuri pur non avendoli mai visti all’opera, ma con le loro capacità tecniche non potrebbe essere altrimenti) ma raramente un gruppo di questo filone musicale aveva saputo comprimere così degnamente la propria proposta musicale in un album di studio che sembra proprio. live. Ascoltare in questo senso il formidabile solo di chitarra che abbellisce l’iniziale Dragonfly.

Insomma, ce n’è di grande musica in questo cd: anche se i media e le major ce lo tengono nascosto, non è possibile pensare che il rock americano siano soltanto i Creed e altre ‘spumeggianti’ novità in heavy rotation.

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Voto: 8
Perché: un disco trascinante, ottimamente suonato, ricco di spunti e di affondi in stili musicali differenti. In una parola: rock’n’roll.

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