04/11/2018

Gareth Sager

Il polistrumentista scozzese dall’esperienza post punk del Pop Group al disco di solo piano “88 Tuned Dreams”, presentato in esclusiva in Italia
(Foto di Chiara Meattelli)
 
Gareth Sager ha presentato il suo 88 Tunes Dreams in una chiesa sconsacrata, tra i vicoli della città vecchia di Bari, in occasione del Times Zones, festival che da oltre 30 anni porta in Puglia musica contemporanea, sperimentale e d’avanguardia. Dall’1 al 4 novembre, l’auditorium Vallisa ospiterà Piano Zones#1, una rassegna dedicata al pianoforte, che ha visto appunto ieri la partecipazione del polistrumentista scozzese Gareth Sager. Il suo nome è legato all’esperienza memorabile post punk del Pop Group, del collettivo di artisti d’avanguardia jazz/art pop Rip Rig & Panic e dell’indisciplinato gruppo rock dal nome Head.
 
Una carriera originale quella di Sager, che rispecchia una viscerale e urgente esigenza espressiva, in forte connessione con l’evoluzione della contemporaneità. Ricorda Nick Cave: “Ricordo che Gareth Sager stava semplicemente marciando sul palco, prendendo la chitarra e irrompendo in qualcosa senza guardare alcun amplificatore o qualcosa del genere. È stata solo questa musica empia, maniacale, violenta, paranoica e dolorosa che è venuta fuori. È semplicemente uno di quei momenti in cui senti gli ingranaggi della tua mente cambiare e la tua vita è cambiata irreversibilmente”. Una forma di empatia sonora con il presente, e con la memoria uditiva che questo si porta dietro. Il pianoforte in tal senso, sembra essere lo strumento che dentro di sé conserva i geni di una storia molto lunga, e che la sua potenzialità timbrica possa renderlo portatore sano di contemporaneità. 88 Tuned Dreams è stato registrato ad Abbey Road, un tempio della musica che non può non portare con sé la percezione di quello che la musica è stata e di ciò che non può essere senza quel ricordo. Gareth Sager ha eseguito il suo concerto in un rigoroso e unanime silenzio lasciando vibrare Erik Satie, Frédéric Chopin and Claude Debussy in un turbine virtuoso di improvvisazioni su tema.
 
L’utilizzo delle dinamiche e la maestria di Gareth Sager, hanno trasportato il pubblico in una dimensione panica che legittima la vita onirica, e la mette in scena come l’esperienza più vera che si possa provare. Una personalità, quella di Sager, che sa reinventarsi senza troppe parole, ma con le infinite possibilità del linguaggio musicale. Un concerto fatto di poche parole, luci sommesse, e un pubblico attento: 60 minuti di verità e presenza come una carezza traslucida che sa scuotere inesorabilmente 
 

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