Sono trascorsi un paio d’anni dalla pubblicazione di Four-Legged Fortune e i Green Like July spuntano nuovamente con un disco che toglie il fiato. Nella mezz’ora di Build A Fire la band italiana è in grado di fondere molteplici atmosfere, diluire nelle melodie di grande impatto le voci strumentali più diverse e collaborazioni degne di un inchino, da A.J. Mogis a Enrico Gabrielli. È Andrea Poggio, voce, chitarra e anima poetica del gruppo, a raccontare il disco.
Quali sono le differenze con il vostro lavoro precedente?
«Le registrazioni di Build A Fire sono state, sotto molti versi, nettamente differenti rispetto a quelle di Four-Legged Fortune. Quest’ultimo è stato registrato e missato in un arco temporale relativamente breve, due settimane appena. È un disco quasi interamente registrato in presa diretta e per il quale avevamo in mente un suono preciso: volevamo suonare… americani. E questo si rispecchia anche nel tipo di strumenti utilizzati per gli arrangiamenti: Hammond, piano, chitarra e pedal steel».
Siete già stati da A.J. Mogis per Four-Legged Fortune: com’è stato tornare laggiù e lavorare con lui?
«Nel corso di un mese abbiamo registrato un numero sconfinato di tracce, accumulando moltissimo materiale. Al momento di chiudere la fase della registrazione, A.J. ha avuto un ruolo determinante nel dipanarsi tra tutto il materiale accumulato. Come ha avuto un ruolo determinante nel definire il suono di Build A Fire».
Nell’album compaiono nomi quali Enrico Gabrielli, Mike Mogis dei Bright Eyes, Jake Bellows dei Neva Dinova… Puoi descrivermi cosa accade quando questi artisti incontrano i Green Like July?
«Non saprei, forse dovresti fare a loro questa domanda [ride]… È sempre difficile lavorare con persone esterne al tuo gruppo di lavoro. Nel nostro caso, abbiamo passato più di un anno chiusi in sala prove a rifinire e collimare le strutture delle canzoni di Build A Fire. Siamo entrati in studio di registrazione avendo ben chiaro il nostro obiettivo. Tuttavia, a livello di arrangiamenti, molte soluzioni erano state lasciate volutamente aperte. L’apporto di Enrico è stato certamente diverso rispetto al, pur importante, apporto dato da Jake e Mike».
E poi ci sono le visioni di Olimpia Zagnoli. Come nascono le vostre copertine?
«Di solito ne parliamo a lungo. In genere cerco di spiegarle a parole quelli che sono i riferimenti del disco, provando a creare una sorta di moodboard scomposto e, ahimé, assai confuso. Olimpia pazientemente processa e riordina il tutto e lo trasforma in un’immagine. Per Build A Fire, ma anche per Four-Legged Fortune, l’immagine di copertina è perfetta sintesi degli elementi che compongono il disco».