09/12/2010

IL DUETTO DEL SECOLO – RAY & JOHNNY

Nashville, 23 settembre 1970.
Nel giorno del suo 40esimo compleanno, Ray Charles è ospite del programma televisivo più amato dagli americani: il Johnny Cash Show.
Nel salotto musicale ricavato all’interno del leggendario Ryman Auditorium (la casa del Grand Ole Opry, primo e più longevo radio show musicale della storia) Brother Ray viene simpaticamente presentato dall’Uomo in Nero.
«L’ultima volta che sei stato qui», gli dice Johnny, «ricordo mi hai detto che Ring Of Fire era la canzone che preferivi del mio repertorio. So che pochi giorni fa è uscito il tuo nuovo album Love Country Style e che c’è una piccola sorpresa…».
«Sì Johnny, è molto gentile da parte tua ricordarlo», risponde Ray.
E parte subito con la sua formidabile, personalissima versione (grondante di soul) di quel brano che è stato il più grande successo discografico della carriera di Johnny Cash.
Scritto dalla seconda moglia June Carter (insieme a Merle Kilgore), Ring Of Fire è un’appassionata dichiarazione d’amore di June per quello che (di lì a 4 anni) diventerà suo marito. Registrato in prima battuta dalla sorella di June, Anita Carter nel 1963, Ring Of Fire è sempre piaciuta a Cash.
«Ti lascio 5, 6 mesi di tempo per vedere se lo farai diventare un successo», pare abbia confidato Johnny ad Anita, «in caso contrario, lo inciderò io».
La canzone, nella versione della Carter, non è mai decollata.
Una notte, così almeno narra la leggenda, Cash sogna la “sua” Ring Of Fire: si vede cantarla circondato dai fiati di un’orchestra mariachi.
Il mattino dopo si reca in sala d’incisione, registra il brano (con il celebre riff di tromba messicana) ed entra nella storia: balza al numero 1 e ci resta per sette settimane.

Los Angeles, 23 settembre 2010.
Quarant’anni dopo l’apparizione di Ray Charles al Johnny Cash Show i destini dei due giganti della musica americana si incrociano nuovamente.
Ci mette lo zampino John Burk, vice presidente A&R del Concord Music Group e produttore dell’ultimo album in studio di Ray Charles, quel Genius Loves Company del 2004 che tanti premi e riconoscimenti è valso a Brother Ray.
Burk trascorre 6 mesi agli R.P.M. International Studios (casa/ufficio di Ray e oggi sede della Ray Charles Foundation) per riascoltare registrazioni  di Charles (mai pubblicate) con l’idea di realizzare un album di inediti in occasione di quello che sarebbe stato l’80esimo compleanno del Genio.
«Ho troppo rispetto per Ray Charles, come uomo e come artista, per pensare a un’operazione commerciale», spiega Burk, «ma i nastri che ho recuperato di quegli inediti dei primi anni 80 conservano una forza e una freschezza inaudite. Ho pensato che il mondo dovesse ascoltarli. Poi, a sorpresa, è arrivata la chicca di quel fenomenale duetto tra Ray & Johnny».
Registrato a Nashville nel 1981 da Billy Sherrill (uno dei producer di country music più famosi negli anni 70), Why Me, Lord è un gospel composto da Kris Kristofferson e da lui stesso inciso nel 1971. Anche se prima lo stesso Cash e poi addirittura King Elvis lo avevano affrontato con successo.
«Nessuno mi ha saputo dire come siano andate le cose», racconta Burk, «c’erano addirittura delle testimonianze di Ray e Johnny che parlavano dell’uscita di questo singolo per la Cbs. Non so proprio perché il brano non sia mai stato pubblicato».
La canzone, in questa versione, è da brividi. Ray accompagna al Wurlitzer la voce profonda (e ancora perfettamente integra) di Johnny nelle strofe per poi duettare in armonia (con svisate da Genio autentico) nel ritornello: «Lord help me Jesus, I’ve wasted it so / Help me Jesus I know what I am / Now that I know that I’ve need you so / Help me Jesus, my soul’s in your hand».
«La presenza di Ray nel pezzo» commenta John Burk «aiuta a creare lo stravagante connubio tra gospel, blues, country e christian music, una specialità nella quale il Genio era imbattibile».
Oggi, Why Me, Lord impreziosisce (come traccia conclusiva) Rare Genius: The Undiscovered Masters, l’album che Burk è riuscito ad assemblare con altre 9 canzoni ripescate dagli archivi della R.P.M. Pezzi come Love’s Gonna Bite You Back (che sebbene incisa 30 anni fa suona come un brano di moderno R&B) o la stratosferica I Don’t Want No One But You (che, fosse stata registrata alla Motown negli anni 60, sarebbe oggi una pietra miliare del soul) starebbero benissimo in una compilation del meglio di Ray. E laddove i brani ritrovati sono risultati incompleti, John Burk ha provveduto (con la pazienza, il gusto e l’abilità di un sapiente restauratore di opere d’arte) a completarli con l’aiuto di musicisti bravissimi come il chitarrista Keb’ Mo’ o l’organista Bobby Sparks.
Ma provate ad ascoltare A Little Bitty Tear dove Brother Ray ha fatto praticamente tutto (piano, voci, archi e persino la base di batteria) e capirete perché è stato soprannominato il Genio.
«Abbiamo solo aggiunto una linea di basso e un pizzico di batteria in più», commenta Burk.
Sentirlo cantare She’s Gone con naturalezza e senso del divertimento è, ancora oggi, incredibile. Ce lo immaginiamo Brother Ray ciondolante, con le sue giacche improbabili e il suo immancabile sorriso…
Siamo sicuri che lui, e l’Uomo in nero, da lassù approveranno compiaciuti.

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!