13/06/2022

Pier Adduce, esordio da solista con “La bottiglia blu” per il frontman dei Guignol

Primo album in solo per Pier Adduce dei Guignol che nella nostra intervista ci ha parlato di questo suo nuovo lavoro e in conclusione anche del suo romanzo (in qualche modo collegato) che è uscito sul finire dell’anno scorso

Dal 1999 è voce, autore dei testi, chitarrista e fondatore dei Guignol, band punk blues milanese che non ha mai rinunciato al proprio amore per il noir e per la canzone d’autore. Adesso ha deciso di pubblicare il suo primo album solista. Stiamo parlando di Pier Adduce e il suo nuovo lavoro si intitola La bottiglia blu. I nove brani del nuovo disco sono stati (quasi) tutti scritti da lui e sono stati suonati e arrangiati insieme a Giovanni Calella, qui anche produttore, nonché curatore del mix e del mastering al Diabolicus Studio di Milano.

La Bottiglia Blu è il tuo primo album solista: una pausa (temporanea mi pare di capire) dai Guignol e anche proprio la voglia di fare qualcosa da solo?

L’una e l’altra. Era arrivato il momento di dedicarmi ad altro e di staccare un po’ dal gruppo per vari motivi e quindi mi sembrava opportuno fare adesso quest’album.

 

Oltre al fatto di essere da solo, qual è l’elemento particolare che secondo te differenzia quest’album da un lavoro dei Guignol?

La veste sonora è leggermente diversa, quest’album forse è più elettronico e anche meno acustico, ma in realtà non è nemmeno così: molti mi dicono che è abbastanza affine a cose che abbiamo fatto col gruppo, però l’intenzione è sicuramente differente, è più incentrato sui brani, ancora di più di quanto non lo fossero gli ultimi lavori dei Guignol. È più personale, se vogliamo, anche dal punto di vista delle tematiche e questo aspetto aveva iniziato a prendere forma già con Luna piena e guardrail, l’ultimo disco dei Guignol che risale comunque a due anni fa.

La Bottiglia Blu è una metafora?

Sì, nel senso che indica una specie di contenitore ideale e allo stesso tempo anche un luogo dove si affollano spiriti, essenze, presenze, distillati di cose insomma; la bottiglia in senso stretto è quindi come la bottiglia di liquore o di vino pregiato che allo stesso tempo diventa un luogo per andare a cacciare dentro di te tutte queste presenze, questi spiriti… un po’ come il mitologico vaso di Pandora, ecco.

Bene. Parliamo degli ospiti dell’album che poi sono anche tuoi amici, vero?

Certo. Luca Olivieri suona con me anche nei live (e qui è ospite con piano e mellotron in Se ci manchiamo, ndr), mentre Massimiliano Gallo aveva già lavorato dal vivo con i Guignol in altre occasioni in cui aveva dato il suo tocco, per cui sapevo già dove andare a parare (nell’album sentiamo la sua viola in Rimani tu e Non per amore, ndr). Per quanto riguarda le voci femminili, con Barbara Eramo avevo bisogno di quel tipo di colori, perché ha una voce molto armonica, ariosa, mediterranea, invece Sarah Stride ha una voce più scura, trasmette più tensione, ha proprio un tiro differente (Barbara Eramo è presente con voce e armonizzazioni vocali in Se ci manchiamo e Sarah Stride canta in La bottiglia blu e La scommessa, ndr).

Volendo parlare più nello specifico di alcuni brani, com’è nato Non per amore?

Beh, Non per amore è nato dal testo che suonava già in un certo modo con un paio di accordi. Si riferisce a intrattenitori e politici in modo ambivalente e anche a una serie di figure pubbliche, ma anche private: c’è gente che spaccia sé stessa per qualcosa che non è a scopo di consenso. È un fatto molto italiano, molto attuale purtroppo: è una figura che cerco di non giudicare, ma allo stesso tempo mi intristisce e mi fa pena. Non so come, ma ho fermato qualche istantanea con una figura di questo tipo ed è venuto fuori questo brano.

A proposito di testi, l’unico non firmato da te del tuo nuovo lavoro è quello di Additivo.

Additivo, infatti, è un brano in versi scritto da Maurizio Baruffaldi, un vecchio amico scrittore, narratore ed editorialista per Il Foglio. Aveva scritto questo testo molti anni fa che era destinato a un altro autore in realtà, ma non se ne fece nulla, e allora l’ho adottato io perché mi piace. Mi piacciono molto le immagini, mi ci ritrovo abbastanza e ho pensato che ne sarebbe venuta fuori una buona canzone molto semplice, molto essenziale proprio, e così è stato.

In conclusione, va ricordato che, a parte l’album, in questi due anni non sei rimasto di certo a guardare, perché di recente hai pubblicato anche un romanzo, Epifania in via Campania (Europa Edizioni, 2021).

Sono due momenti abbastanza vicini e contemporanei. Grossomodo ci ho lavorato e li ho completati nello stesso periodo. Il libro è uscito alla fine dell’anno scorso e mi ha impegnato soprattutto durante l’ultimo grosso lockdown. Non avevo grande intenzione di pubblicarlo, proprio la pubblicazione di un romanzo mi atterriva molto, invece poi, non so come, le cose prendono vita per conto proprio. Ho pensato intanto che potesse essere una buona idea completarlo, poi, una volta completato, ho visto che girava e dopo cinque o sei revisioni ho iniziato a spedirlo in giro; a quel punto ho trovato la casa editrice interessata e ci siamo accordati per la pubblicazione.

Il romanzo è andato piuttosto bene e sono tuttora in giro a presentarlo.

A volte capita anche di presentare insieme album e libro.

Epifania in via Campania ha a che fare con la mia formazione, con la mia infanzia e con la mia adolescenza nell’hinterland milanese. Avevo bisogno di chiudere un cerchio con le figure che mi ero portato appresso negli ultimi due o tre dischi e infatti alcune delle immagini, dei luoghi e proprio delle figure descritte in quegli album in qualche modo fanno parte anche del libro, ma chiaramente la forma narrativa e il romanzo ti offrono più spazio per trattarle. Esperienza faticosa, ma anche divertente!

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