20/03/2013

Invoco la dittatura del vinile

Del cd e delle sue lungaggini di troppo

Chiamatemi passatista, nostalgico, conservatore. Alzo le mani e ammetto le mie colpe. Amo il vinile. Lo confesso. Ma non ne faccio una questione di qualità del suono e di calore dello stesso. Sono cresciuto a suon di musicassette, quelle che con il tempo si smagnetizzavano e il cui nastro rimaneva incastrato nelle testine della radio-registratore portatile o, peggio, dell’autoradio, costringendo un lavoro di riavvolgimento manuale aiutati da una penna Bic. Amo il vinile e la musicassetta perché sono tiranniche nei confronti del lavoro del musicista. E questo è un bene, lo salvano spesso dal proprio ego e da un’incapacità di scegliere tra figli e figliastri all’interno delle proprie creature. Sì, perché i limiti del vinile sono invalicabili: 46 minuti, più o meno, pure da dividere su due facciate. E così si è costretti a scegliere, tagliare, sintetizzare. Nel pop e nel rock non si sfugge a una regola che funziona anche nella scrittura: prima stesura 20mila parole, alla seconda 17mila, alla terza si scende ancora. Significa che almeno 5mila parole erano di troppo. E così accade con il cd. I quasi 70 minuti che il suo spazio fisico mette a disposizione hanno fatto sì che le canzoni si dilatassero in numero e lunghezza.
Rispetto a qualche tempo fa la tendenza si è leggermente ridotta, ma ancora oggi molti confezionano quello che fino ai primi anni 90 sarebbe stato non un doppio ma un album e mezzo. Con il risultato che spesso metà della roba è da buttare, annacquando pure quanto di buono c’è. Pochi sfuggono alla regola. L’ultimo Bowie è bellissimo, ma un paio di pezzi in meno l’avrebbero reso un capolavoro. E i Depeche Mode? Tredici canzoni, 58 minuti, quanti di questi davvero indispensabili? Per carità, gli orrori c’erano pure in album di 30 minuti, ma è ovvio che in questo modo il rischio cresca esponenzialmente.
Senza contare che in tempi come questi, dove corriamo sempre per un motivo o per l’altro, chi li ha 70 minuti liberi per godersi con calma e attenzione un album dall’inizio alla fine? Si finisce per ascoltarlo a spizzichi e bocconi perdendone il senso complessivo, la sensazione di viaggio, con un inizio-sviluppo-fine che c’era una volta. I cd non vendono più, i vinili invece crescono nelle vendite perché considerati oggetti da collezione. Bene, aboliamo l’orrido dischetto di plastica e lasciamo le lungaggini a extra digitali, che tali (extra) devono rimanere. Ne guadagneremo tutti, grazie.

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