26/11/2025

Ivan Graziani secondo Federico Falcone

Ianieri pubblica un nuovo saggio sull’amatissimo cantautore rock

 

Lo scorso 6 ottobre Ivan Graziani avrebbe compiuto ottant’anni. In occasione del compleanno di un artista tanto amato quanto frequentemente a rischio di oblio (o di una lettura superficiale, di maniera, di comodo), Ianieri Edizioni ha pubblicato Ivan Graziani, il libro di Federico Falcone che ha raccontato, da giornalista e anche da conterraneo, la storia personale e artistica di un grande musicista. Ed è proprio dalla grandezza di Ivan che parte questa chiacchierata con l’autore.

 

Ivan Graziani, caro Federico, è un artista impegnativo. Mentre con altri cantautori alcune valutazioni sono scontate, con Ivan tocca muoversi con una certa cautela, anche per la sua anomalia. Ma a ottant’anni dalla nascita, a quasi trenta dalla morte, perché possiamo affermare che è stato un grande artista?

Ritengo che la grandezza di un artista non sia misurabile esclusivamente dai dati di vendita o dal numero di concerti quanto anche, e soprattutto, dal suo sopravvivere alla prova del tempo. Ivan, in questo, anche a distanza di quasi trent’anni dalla scomparsa, fa parlare di sé, della sua musica e dell’enorme influenza che ha avuto e ha su un certo tipo di scena musicale tricolore. A lui sono dedicati ben due festival (il Maledette Malelingue di Novafeltria e il premio Pigro di Teramo), mostre e allestimenti, concerti tributo e molto altro ancora. Indice di un’eredità artistica che continua a entusiasmare e fare numerosi proseliti. In tempi recenti anche Zucchero e Marracash, due musicisti stilisticamente molto distanti, hanno registrato delle cover di suoi brani. Insomma, il nome di Ivan Graziani continua a essere attuale e ricercato.

 

Dando un’occhiata alla bibliografia e sitografia, ci sono pochi libri su Ivan a differenza dei tanti contributi online, segno che l’interesse verso la sua figura è cresciuto negli anni del digitale. Come te lo spieghi?

Se non ricordo male, prima del mio libro ne sono stati pubblicati altri due: quelli di Paolo Talanca e Lorenzo Arabia, entrambi molto interessanti e dei quali consiglio la lettura. Per entrare nel cuore della tua domanda, credo che parte del merito vada anche attribuito all’enorme lavoro della famiglia di Ivan che, attraverso numerose attività, organizzate direttamente oppure condivise da proposte varie, ha saputo tenerne viva la memoria. E poi la musica, quella di qualità, è immortale. Ivan ha composto dei brani meravigliosi, con una cifra stilistica ben riconoscibile e un’attitudine artistica in grado di renderlo distinguibile rispetto a tanti colleghi, derivativi seppure indubbiamente bravi. È stato originale, questo è innegabile. E in un mondo preconfezionato, essere un’anomalia del sistema può solo rivelarsi un punto di forza.

 

Hai ricostruito la vicenda di Ivan passo dopo passo e possiamo individuare alcuni momenti e ambienti chiave per la sua crescita. In primo luogo Teramo. Quanto è stato importante l’Abruzzo per la sua filosofia artistica?

Teramo e l’Abruzzo sono presenti nei suoi testi e hanno contribuito a ispirare alcuni brani che ne hanno contraddistinto il percorso. Da Ninna nanna dell’uomo fino a Gran Sasso, Signora bionda dei ciliegi, Il campo della fiera e Fuoco sulla collina. Ma hanno anche rappresentato la culla della sua ispirazione artistica, il Big Bang dal quale è nato l’amore per la chitarra e la voglia di sconfinare per fare ascoltare le sue canzoni in giro per l’Italia.

 

Ivan è stato un disegnatore e ha trasferito questa sua competenza alla musica. La sua abilità nel ritrarre luoghi e persone nelle canzoni nasce da qui?

La grande forza di Ivan, secondo me, è stata la sua innata capacità di osservare il mondo e le persone che lo abitano. Tanto nella musica, quanto nel disegno, è stato abilissimo a descrivere spaccati di vita e di società, a raccontare storie, esperienze ed episodi. Ha impresso in note, e su carta, ciò che la sua fantasia gli suggeriva. È stato un artista traversale e, credo, completo. Certamente coraggioso e con gran quantità di cose da dire. Lo ha fatto anche attraverso il disegno, forma d’arte nella quale eccelleva. Per chi non li avesse ancora visti, consigli di cercare i suoi disegni, li troverete incredibilmente attuali. Solo che, magari, sono stati realizzati cinquant’anni fa…

 

Nino Dale prima, l’Anonima Sound dopo. La palestra in cui Ivan ha definito la sua fisionomia chitarristica quanto lo ha influenzato? 

Immagino molto anche se, va detto, la scoperta dei Beatles ha definito la sua percezione di chitarra e di modo di stare sul palco. E non potrebbe essere altrimenti perché, a mio modestissimo parere, la storia della musica pop e rock si divide in un prima e dopo i Beatles. Hanno cambiato tutto. Nino Dale e Anonima Sound, come giustamente affermi, sono stati una palestra incredibile che gli hanno consentito di formarsi e di esprimersi. Ma era evidente a tutti che il contesto di gruppo gli stava stretto. Voleva viaggiare da solo, con la propria idea di musica e il proprio stile a contraddistinguerlo. Lo ha fatto, ed ha avuto ragione lui.

 

Con Ballata per 4 stagioni (1976), il primo disco per la Numero Uno, parte la sua storia da cantautore, eppure prima Ivan aveva già pubblicato tre album. Come mai sono stati un po’ dimenticati?

Il successo di un disco dipende da molti fattori. Solo per citarne alcuni: il periodo in cui esce, la sua promozione dal vivo, la campagna pubblicitaria, la distribuzione. A questo si aggiunga anche la concorrenza di colleghi che magari, perché già affermati, possono godere di un importante supporto da parte della casa discografica. In quel periodo Ivan aveva alle spalle una produzione più o meno interessante e con Ballata ha iniziato ad affacciarsi sul mercato che contava, è vero, ma ritengo che la sua esperienza sia stata in progressione, coerentemente con il cercare il proprio posto all’interno della scena musicale italiana. Non a caso tutti questi lavori sono stati uno l’evoluzione dell’altro e, non a caso, hanno sempre aggiunto un tassello a quelli precedenti.  Va anche detto che, a differenza di molti artisti, Ivan ha avuto la possibilità di crescere. E infatti, gli album venuti dopo lo hanno portato al successo commerciale, di critica e di pubblico.

 

In quella prima fase Ivan ha suonato per tanti colleghi, ma due in particolare lo hanno segnato: Battisti e Venditti. Secondo te cosa aveva in comune con loro e in cosa si è differenziato?

In comune non credo molto, se non la voglia di andare lontano e di comporre la propria musica. Fattore, quest’ultimo, che in effetti ha fatto sì che Ivan prendesse la propria strada dopo aver collaborato con loro. In lui è cresciuta, nell’arco del tempo, la voglia di esplorare il proprio linguaggio musicale, di cercare nuove strade e di ritagliarsi uno spazio all’interno del panorama musicale tricolore. Ecco perché ha preferito instradarsi verso una carriera solista piuttosto che restare nell’ombra o, comunque, sotto l’egida di entrambi.

 

Fino a Nove, l’album del 1984 con Celso Valli, Ivan è stato un artista in crescita, poi come tanti della sua epoca non ha affrontato con serenità gli anni ’80 e ’90. Credi sia stato un artista molto – anzi troppo – legato agli anni ’70?

In parte sì, ma solo perché negli ‘80 il mercato musicale è radicalmente cambiato, non solo con l’avvento di nuovi sound e strumenti (basti pensare ai sintetizzatori) ma anche perché sono stati anni di transizione verso quella che oggi conosciamo come digitalizzazione. Ciò ha fatto sì che il mercato subisse delle profonde mutazioni che hanno stravolto un po’ tutto e, infatti, quel tipo di cantautorato è restato profondamente legato ai decenni precedenti. Potremmo dire che diventò anacronistico. Ma è anche vero che Ivan era cambiato come artista, era ormai un uomo con famiglia e con una visione del mondo certamente diversa a prima. Ciò nonostante, io non credo che la sua produzione degli anni Ottanta sia da condannare. Vi sono episodi meno ispirati, ma altri che, invece, hanno valore assoluto. Forse andrebbe riscoperto.

 

Ivan ha partecipato a Sanremo per due volte, senza cedere nulla alle logiche del festival. Franca ti amo e Maledette malelingue sono pezzi trascurabili o vanno presi in considerazione per ricostruire la sua storia?

Se teniamo in considerazione la sua intera produzione, Franca ti amo non può essere annoverato tra i pezzi di maggior successo o che possano essere esemplificativi della sua carriera. Maledette malelingue, invece, è secondo me un pezzo in pieno stile Ivan Graziani, con una storia dietro e una struttura compositiva davvero interessante.

 

Dalla sua morte fino ad oggi la memoria di Ivan è custodita e valorizzata dalla famiglia ma anche da tanti artisti a lui vicini. Per quanto riguarda invece la sua eredità artistica, quali sono i nomi più rappresentativi che si rifanno al suo lascito? 

Non ci ho mai riflettuto, né sono interessato a farlo perché, più semplicemente, non ravviso l’utilità di una ricerca su uno o più possibili presunti eredi. Per me un artista deve avere una sua identità e un proprio stile, non essere il clone di qualcuno o fare di tutto per assomigliare a qualcun altro. Ispirarsi è un conto, provare a raccogliere un’eredità pure, ma emulare a tutti i costi no. Quindi, per dirla tutta, non saprei proprio individuare chi, in questi anni, può rifarsi a Ivan Graziani.

Ivan Graziani - libro Federico Falcone - copertina

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