25/05/2010

JACKSON BROWNE & DAVID LINDLEY

LOVE IS STRANGE EN VIVO CON TINO (INSIDE / AUDIOGLOBE)

Si erano conosciuti a fine anni 60, quando entrambi facevano parte di quel giro di giovani folksinger losangelini che stavano rinnovando il rapporto tra rock e tradizione nordamericana. Mentre Jackson frequentava una jug band chiamata Nitty Gritty Dirt Band, Lindley (insieme a Chris Darrow) distribuiva vibrazioni psycho-folk con i Kaleidoscope ma, in quel contesto, lui era considerato il «mago delle corde», inarrivabile virtuoso di banjo, violino, mandolino, dobro e dintorni. Poi, nel 1973, le loro strade si sono unite (professionalmente) in occasione delle registrazioni di For Everyman e, da allora, «suonare con Lindley«, ammette Jackson, «è una cosa che mi trasmette entusiasmo, ispirazione e felicità».
Quando può, Jackson Browne richiama accanto a sé quel suo buffo amico basettone di  Claremont, appassionato di armi da tiro e vestiti in poliestere ma soprattutto capace di fare suonare in modo divino qualsiasi cosa abbia delle corde. Per la tournée spagnola del 2006, però, Jackson aveva in mente anche un altro nome: quel Tino Di Geraldo da molti ritenuto uno dei più raffinati percussionisti al mondo. Sono pochi, infatti, quelli capaci di usare il cajon (o il beat box, come lo chiamano gli anglofili) in modo così efficace e creativo. «Quando ho saputo che Tino era disponibile», scrive Browne nelle note di copertina del disco, «non ho più avuto esitazioni: tour e disco erano già in agenda. Anche perché» aggiunge il songwriter californiano, «en vivo con Tino (dal vivo con Tino), in spagnolo è una specie di gioco di parole che può anche significare “fare la cosa giusta”».
E che Jackson abbia fatto la cosa giusta lo si capisce subito: il cd 1 si apre con una delicata ma sincopatissima versione di I’m Alive che, oltre a dare lustro melodico-ritmico, ringiovanisce la canzone che ha visto la rinascita artistica di Mr. Browne nel 1993. Da lì, in avanti c’è solo l’imbarazzo della scelta: la dolcezza melodica intrisa di forte consapevolezza politica di The Crow On The Cradle (inno pacifista impreziosito dal flauto del grande Carlos Núñez) o il boogie vintage di Mercury Blues dove uno strepitoso Lindley dà lezione di Weissenborn? L’immarcescibile fascino di una Take It Easy da antologia o i sapori tex-mex di El Rayo X, autentica sigla programmatica del Lindley d’epoca? I profumi orientali di una Looking East arrangiata con tabla indiane e oud nordafricano o la seducente bellezza nordamericana di Call It A Loan?
Dovunque pescate, qui pescate bene.
Vi basti pensare che il cd 2 si apre con un classico come For Everyman, capace ancora oggi (a 37 anni di distanza) di mantenere inalterate bellezza melodica, testo evocativo e facilità d’ascolto. E che poi snocciola, tra le altre, una toccante versione di These Days, interpretata dalla suadente voce di Luz Casal che si distacca dall’interpretazione della favolosa Nico ma che non ne smorza affatto l’impatto emotivo e l’eleganza stilistica. A due greatest hits come Late For The Sky (in cui Jackson si esibisce al pianoforte) e Running On Empty (trascinante versione in cui David pennella con la Weissenborn, valorizzando in modo fantastico il cantato di Jackson con back up da brivido) fa da contraltare il medley Love Is Strange / Stay in cui (come nella migliore tradizione) Lindley sfoggia il suo inimitabile falsetto. L’unico momento perdibile (una stravagante revisione di Take It Easy in spagnolo, Tu tranquilo, di Kiko Veneno) è riequilibrato dal finalone con tutti gli ospiti spagnoli sul palco ad accompagnare Jackson & David in una supersonica The Next Voice You Hear che manda in sollucchero i fortunati che hanno assistito allo show e tutti gli appassionati che ora lo possono riascoltare su cd.
«Questo tour, come a volte diciamo noi in California, è stato un flash», spiega Jackson Browne, «un momento magico accaduto senza sforzo apparente, talmente intenso e divertente che mi sono chiesto se sia realmente avvenuto… ecco perché ho voluto che il tutto fosse immortalato su cd: così questo è per me una specie di ponte (o di porta minuscola) tra sogno e realtà, tra la mia vita passata prevalentemente in America e quella manciata di momenti vissuti in terra spagnola, in mezzo a tanti amici».

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