23/03/2007

Jane’s Addiction

Milano, Alcatraz, 13 ottobre 2003

L’attesa è grande per il ritorno dei Jane’s in Italia, e l’Alcatraz è gremito. Personalmente – ma penso fosse l’idea di gran parte della gente accorsa – spero in una bella serata revival e quando le luci si abbassano e l’occhio di bue punta la chitarra di Dave Navarro, che attacca con la mitica intro di Nothing’s Shocking, è chiaro che l’intero show ruoterà attorno alle vecchie produzioni. E così avviene: Stop! e Ain’t No Right ci catapultano tutti indietro di 15 anni, attualissime e straordinarie nella resa live. Perry Farrell catalizza l’attenzione con un abbigliamento glamourous e kitsch, si muove come una vera drag queen e si spoglia strada facendo, ammiccante e irresistibilmente osceno, fasciato in un bustino di pelle nero, boa di piume di struzzo e orpelli vari. L’altra primadonna, ovviamente, è Navarro, tatuaggi a vista e la solita barbetta, forse solo un po’ troppo statico. La musica comunque è grandiosa: si continua a saltare con il funk di Been Caught Stealing, e poi la prima canzone nuova della serata (ma saranno veramente poche), True Nature.

Il nuovo disco suona hard e orecchiabile, ma molto meno articolato delle canzoni del passato, dove si trova di tutto: metal, psichedelia, Seventies e sperimentazione. A conferma di questo basta confrontare la lunghissima Three Days (e chi si dimentica la copertina blasfema di Ritual?), condita da un intermezzo drumming con Perkins e Navarro che duellano alle percussioni, e la recente Everybody’s Friend, solita ballatona con chitarra da spiaggia. Del tutto discutibile, inoltre, la versione acustica e lenta di Just Because, che perde quel bel riff elettrico dell’originale (a mio avviso, una delle idee melodiche più azzeccate dell’intero disco) e il carattere danzereccio. Il clima cambia con Price I Pay, The Riches e la poderosa Ocean Size che. chiude lo show. Un’ora secca, non un minuto di più! Questa avarizia è imperdonabile per dei musicisti smaliziati come Farrell e soci, soprattutto perché si tratta del primo e unico concerto in Italia da almeno due lustri, e lo spettacolo, fino a questo momento, è andato benissimo. Ma il quartetto concede solo il canonico bis con il grido di battaglia di Mountain Song – ancora un tripudio di percussioni aggiunte, chitarra tagliente e il basso dell’ottimo Chris Chaney, l’ultimo arrivato del gruppo. A questo punto, Jane se ne va porgendo il suo biglietto da visita per eccellenza, Jane Says, lasciando tutti eccitati e insoddisfatti, anche perché aveva sicuramente ancora una buona manciata di pezzi forti da sfoderare (Obvious, Summertime Rolls, Pig’s In Zen, Idiots Rule.). Un vero peccato!

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