Fino a qualche anno fa, associavo Garlasco alle sue “rotonde” (niente a che vedere con le abitanti formose né con il traffico stradale: è semplicemente il nome di una megadiscoteca tamarra). Poi, la cronaca nera ha portato alla ribalta nazionale questa piccola cittadina, sprofondata nella noia della “bassa Padania”, a pochi chilometri da Pavia, e anch’io non ho potuto fare a meno di seguire il tragico caso di Chiara Poggi.
Infine, a Garlasco ci sono andato. Perché è lì che mi ha dato appuntamento Gianni Maroccolo. Lo avevo contattato qualche settimana prima, incuriosito dal suo nuovo progetto, Al-Kemi Lab. Me ne avevano parlato benissimo due amici che lo stanno promuovendo e che l’hanno definito una «Factory d’inizio millennio, un laboratorio di/per alchimisti che produce opere d’arte non distribuite nelle modalità tradizionali di mercato».
«Sai dove siamo?», mi chiede Gianni appena varco la porta dell’Angelo Studio.
«Non ho idea», gli rispondo, «mi sembra un bel posto…».
«Questo è lo studio di Ron» spiega Maroccolo «che è nato qui vicino ed è cresciuto a Garlasco… sono qui per fare un lavoro insieme ad altri quattro produttori».
Mi giro, e vedo Vittorio Cosma.
Poi, arrivano Riccardo Sinigallia e Max Casacci. «Conosci Howie?», mi chiede Vittorio. Sì, conosco Howie Bernstein, meglio noto come Howie B. Non solo per la sua strabiliante carriera da «principe dei deejay» nei dancefloor londinesi o come producer di superstar quali U2, Björk, Tricky, Goldie o Soul II Soul, ma anche per aver “rovinato” con la sua elettronica (un po’ troppo spinta, per i miei standard) opere di beneamati tipo Ry Cooder o Robbie Robertson.
In cuor mio, pensavo, se un giorno dovessi incontrare Howie B lo tiro sotto… E invece, mi ritrovo a chiacchierare amabilmente con lui di fronte a un fumante piatto di maccheroni e a parlare proprio di Robbie Robertson e Ry Cooder. Perché Howie B è simpaticissimo. Proprio come Maroccolo che però, in fatto di musica e attitudine artistica, ha gusti più vicini ai miei. E che mi racconta quella che lui stesso definisce «una bella avventura».
«In momenti storici come questo, in cui è difficile vendere dischi e ancora più arduo produrre e fare ricerca, noi andiamo controcorrente», ci tiene subito a dire. «Con Al-Kemi Lab intendiamo offrire ad artisti di discipline diverse la possibilità di interagire, proporre progetti innovativi, mettere a fuoco idee originali con l’obiettivo di creare una vera e propria comunità creativa. Al-Kemi Lab è la diretta evoluzione del Cpi, il Consorzio Produttori Indipendenti ed è nato dall’incontro con il discografico Tony Verona, la docente universitaria Silvia Grandi del Mambo di Bologna e il maestro artigiano Antonio Costiero. Quattro professionisti di estrazioni diverse, tutti con grande esperienza e capacità che vogliono mettere il loro background a disposizione dei più giovani».
Al-Kemi Lab, recita il comunicato ufficiale, «dà libero accesso. Nell’eterotopia dei linguaggi di oggi, si costituisce come “il” luogo della contaminazione espansiva, per mescolare linguaggi, contenuti e tecniche, per abbattere la specificità dei generi in favore della creazione di nuovi artefatti che coniughino tradizione manuale e innovazione tecnologica. Al-Kemi Lab sperimenta mo(n)di. Mentre tutto tende al “grande”, Al-Kemi Lab anela al “piccolo”…».
«In tempi di globalizzazione, di ritmi vertiginosi, di omologazione di mercato, noi scegliamo la strada della bottega artigiana», racconta Maroccolo, «vogliamo fare poche cose, con calma, e nel migliore dei modi possibili. Qualità vera, originalità espressiva, unicità di prodotto: questi sono i nostri comandamenti. Lontani da scadenze pressanti: se un artigiano impiega tre mesi a trovare il legno giusto per un cofanetto, quel progetto vedrà la luce solo in quel momento. In questo senso puntiamo al “piccolo”: lavoriamo, come bottegai specializzati, sulle piccole cose. Con la consapevolezza di farle bene. L’obiettivo è di tendere al piccolo per poter comunicare in grande».
Associazione non profit, Al-Kemi Lab esiste di fatto da poco più di due mesi ma ha già un feedback straordinario sul web (www.alkemilab.eu). «Migliaia di persone si stanno avvicinando ad Al-Kemi e tantissimi artisti ci stanno proponendo le loro opere», mi spiega Gianni con orgoglio, «se questo da una parte ci fa capire che stanno aumentando le responsabilità dall’altra ci riempie di entusiasmo e di voglia di fare».
Al momento, Al-Kemi Lab non è un luogo fisico. «Ma è in grado di creare degli eventi», puntualizza Maroccolo, «come successo a Bologna con Draft, un incontro tra videoartisti e musicisti, che si trasformano in veri e propri workshop».
Chi fa Andy Warhol? Cioè, chi tiene le fila del discorso? «Se non facciamo paragoni dal punto di vista artistico», sorride Gianni, «io cerco di essere il collante della vicenda, il motore dell’intero progetto. Mi piacerebbe anche trovare altri soci, oltre ai quattro fondatori. Tra poco, inizieremo la Al-Kemi Records e la Al-Kemi Factory, due strutture discografiche e di management per produrre e distribuire nuove proposte musicali. Proprio qui, all’Angelo Studio, inizierò a fare un piccolo sampler di 6 artisti che abbiamo deciso di inserire nel progetto Al-Kemi. I Marlene Kuntz non sono i Velvet Underground di Al-Kemi Lab, forse lo sono stati ai tempi del Cpi. Per Al-Kemi Lab, i Marlene Kuntz rappresentano una ulteriore garanzia di serietà».
Tra le cose uscite sino ad oggi, il primo “cofanetto alchemico” rappresenta il manifesto artistico e culturale del progetto di Maroccolo e dei suoi soci: racchiude un paio di sonorizzazioni effettuate dallo stesso Gianni e dai Marlene Kuntz su lavori dei Masbedo.
Il progetto è sulla rampa di lancio: si accettano scommesse.
01/04/2010