Scopri che sei invecchiato quando ai concerti i ventenni cominciano a darti del lei. Quando inizi a pensare che i dischi anni ’60 di Barbra Streisand non sono malaccio. Quando le band che amavi da ragazzo si riformano. Ecco, io da ragazzo adoravo i Dream Syndicate. Quelle scariche d’elettricità. I testi letterari. L’esaltazione e la poesia. Le chitarre che ti segavano le ossa. Me li sono ritrovati davanti ieri sera, al Bloom di Mezzago. Come negli anni ’80, eravamo noi cinque. Era una cosa fra di noi… più altre 499 persone. È stato favoloso.
Che poi non erano quei Dream Syndicate. C’era Steve Wynn, ovviamente. In gran forma. C’erano il batterista Dennis Duck e il bassista Mark Walton a muovere i pistoni della band. Ma non c’erano né Karl Precoda, né Paul Cutler, co-protagonisti rispettivamente della prima e della seconda parte della carriera della band. A duettare/duellare con Steve c’era Jason Victor. Nel giro di un paio d’ore hanno suonato tutto quello che dovevano suonare, ricreando il suono degli ultimi Syndicate, quello più duro e distorto. Mi è mancato il senso di pericolo, quell’ombra di follia che faceva sembrare la band sul punto di deragliare. Non è mancata l’urgenza che questa musica deve comunicare. Credo che nemmeno uno dei 500 presenti sia uscito meno che soddisfatto. E a fine concerto Steve si è dedicato al pubblico per almeno mezz’ora stringendo mani, firmando autografi, dispensando sorrisi. Che poi è il bello delle reunion: ritrovare nel pubblico degli “amici” che si credevano perduti.
Quando i Dream Syndicate pubblicavano Live At Raji’s – un monumento d’elettricità e furore che ho consumato su vinile, su cd, su doppio cd, in digitale e persino nella mia immaginazione – ero intollerante alle reunion. Oggi non ci trovo niente di male. Mi chiedo perché ho, perché abbiamo cambiato idea. Forse i musicisti che facevano furore negli anni ’80 e ’90, quelli che ultimamente hanno rimesso in piedi le loro band, quelli come i Syndicate, hanno fatto tesoro dei cattivi esempi del passato. Forse siamo solo condiscendenti verso i musicisti che amiamo. Forse queste canzoni, intense come sono, non ammettono vie di mezzo: non la puoi suonare se non hai ancora fame di musica. O forse sono io, che inizio a pensare che i dischi anni ’60 di Barbra Streisand non sono malaccio.
Ho dato un’occhiata alle prossime date dei Syndicate. Ho scoperto che oggi sono a Salonicco, poi a Larissa e ad Atene. Per qualche ragione, in Grecia sono sempre andati forte. Mi ha fatto venire in mente l’estate del 1993. Camminavo per le stradine di Mykonos. Da una finestra uscivano le vampate di Ghost Stories. E io che credevo di essere l’unico al mondo ad amarli così intensamente. Era un altro tempo. Quando era allergico alle reunion.