Non è soltanto il titolo di una leggendaria canzone di Duke Ellington: quella dell'”avere swing” può essere una vera e propria filosofia di vita. Specie se uno, lo swing, lo intende non solo come senso del ritmo ma pure come gusto estetico, come un modo di cogliere le opportunità, come l’avere una marcia in più. Ce lo spiega uno che lo swing ce l’ha nel suo dna e che oggi lo rispolvera come solo lui sa fare.
Tonite! Renzo Swing! è l’ultima, frizzante invenzione di Arbore, un ritorno alle sue radici personali e artistiche racchiuso in un cd gradevolissimo che riscopre la tradizione dello swing italiano del dopoguerra e che contemporaneamente trasporta l’ascoltatore in un’eccitante cavalcata tra diversi stili di jazz.
“Io questa fissazione dello swing ce l’ho sin da quando ero bambino”, racconta Renzo, “tanto che i miei amici a Foggia mi chiamavano Renzo ‘Swing’ Arbore, parafrasando Nat ‘King’ Cole. Perché, all’epoca, noi ‘ragazzi dello swing’ odiavamo la canzone all’italiana, quella dei vari Claudio Villa, Giorgio Consolini, Luciano Tajoli”.
Oggi, più che mai, Arbore è un “ragazzo dello swing” tanto che la famosa citazione di Ellington cui facevamo riferimento all’inizio (“It don’t mean a thing if it ain’t got that swing”) campeggia nel libretto del cd opportunamente inserito in una elegantissima confezione digipak.
“Il miglior complimento che puoi fare a un jazzista”, sottolinea Renzo, “è proprio quello di dirgli che c’ha uno swing della madonna. o, al contrario, se vuoi trovargli un difetto, puoi dire a uno che è bravo, elegante ma che non ha swing. Persino grandi musicisti come John Lewis, pianista del Modern Jazz Quartet, o lo stesso Dave Brubeck, rispetto agli standard del genere, erano considerati gente con poco swing. Al contrario Oscar Peterson marciava solo a forza di swing: anche se, il migliore di tutti è stato Louis Armstrong che emanava swing da tutti i pori, anche quando faceva La vie en rose. grazie alla scansione dei fraseggi della tromba o della sua voce”.
Da sempre, insieme ad alcuni amici, Renzo nella sua casa romana si diverte a organizzare piccole jam a ritmo di swing. Che da momento giocoso si sono trasformate in progetto discografico: “Nel corso di queste serate”, racconta, “mi è capitato di ascoltare alcune canzoni di swing italiano (tipo Signorina Maccabei, per favore dica lei.) riscoprendone anche quel lato buffo che mi ha ricordato certo rock demenziale in voga tempo fa. E così mi è venuto l’uzzolo di registrarle. Anche perché ho trovato dei buoni musicisti. Che hanno swing”.
Tra questi una nota di merito particolare al chitarrista Emanuele Basentini, ai fiatisti Red Pellini e Carlo Ficini, al batterista Alberto Botta, già al fianco di Arbore ai tempi di Quelli della Notte.
“Invece della classica operazione di revival”, spiega Renzo, “ho provato a vedere se queste canzoni offrivano il destro per arrangiamenti pimpanti, per assolo originali. L’idea di razzolare nello swing italiano è una mia piccola scommessa. Tutti (compreso il sottoscritto) suonano All Of Me o Route 66. Ma divertirsi con pezzi tipo Conosci mia cugina ho pensato potesse essere più stimolante. Quello dello ‘Swing made in Italy’ è un repertorio assemblato da un drappello di musicisti benemeriti nel dopoguerra quando (tra il 1945 e il 1948) c’era una parte dell’Italia che si piangeva addosso (e che cantava Vecchio scarpone) e un’altra parte che voleva divertirsi. Tra questi giovani artisti un po’ scapestrati che impazzivano per il jazz mi piace ricordare un maestro indiscusso come Gorni Kramer (autore, al pari di Giovanni D’Anzi, di alcune tra le più belle ballad come Palco della Scala o Un bacio a mezzanotte) ma anche alcuni bravissimi artisti oggi dimenticati. Come Francesco Ferrari, un fisarmonicista diventato famoso con una sigla (Il castoro) che avrebbe potuto essere un brano-manifesto dello swing. Oppure come Pippo Barzizza, come l’allora giovanissimo Lelio Luttazzi (autore di uno swing esilarante come Il giovanotto matto o di incantevoli ballad come Souvenir d’Italie) o come altri autori quali Carlo Alberto Rossi (che poi in seguito ha composti brani epocali come E se domani). Per non parlare di Franco Cerri (un maestro della chitarra jazz) che a quei tempi faceva anche il cantante: ho dischi in cui Cerri duetta addirittura con Ravera!! Come in A quindici anni dissi ba, che è la canzone swing più stupida del mondo. Talmente stupida che anch’io mi sono rifiutato di inserirla nel disco e che fa più o meno così: ‘A 15 anni dissi ba / a 16 anni dissi be / a 18 anni con l’aiuto della zia dopo lunga malattia dissi ba, be, bi . ba, be bi’. Tra i grandi cantanti c’erano Alberto Rabagliati e Natalino Otto: gente che aveva davvero le carte in regola per fare grande musica”.
Con Tonite! Renzo Swing! Arbore e i suoi Swing Maniacs colgono nel segno: la perizia tecnica, il gusto e la ricerca negli arrangiamenti (doti queste già mostrate nei dischi con l’Orchestra Italiana) così come la raffinatezza della produzione (come sempre curata da Adriano Fabi) vengono messi al servizio di un repertorio spumeggiante che profuma d’antico ma suona moderno. E che emana un irresistibile senso del divertimento che finisce per coinvolgere anche l’ascoltatore più distratto. Anche perché, al contrario di parecchie produzioni americane di neo swing, il cd è vario, emozionante e spettacolare: “È un’autentica scorribanda tra vari stili di jazz”, precisa Arbore, “si va dallo swing-quasi-dixieland di Non sparate sul pianista o di Notte e dì al jumpin’ jive di un mio vecchio idolo. Quel Louis Prima a cui mi sento artisticamente molto vicino. Per l’occasione ho pure rispolverato la vecchia formula dell’orchestra canterina, quella cioè in cui i musicisti cantano all’unisono con il solista”.
Nel disco, tra brani scanzonati e ironici che piaceranno a tutti gli arboriani d.o.c., figurano anche un paio di momenti poetici. Uno, in particolare (una versione swingata e rilassante di Piove) è dedicato a un altro degli idoli musicali di Renzo: Domenico Modugno.
“Mentre ero in studio e stavo provando mi è venuta l’idea di suonare Piove, una canzone che (come Resta cu’ mme, qui cantata in inglese con l’accompagnamento dell’Orchestra Italiana) ha un posto speciale nella mia memoria e nel mio cuore. Pur essendo una canzone di ‘ispirazione rockettara’ (viene dalla scuola dei Platters), io c’ho trovato un’anima swing. Perché la sento come una sorta di brano afterhours che un pianista di night club suonerebbe notte tempo dedicandolo alla sua ragazza che se ne sta andando”.
Anche quando semplicemente racconta questi retroscena, Renzo appare davvero felice. Perché il jazz è la sua passione più vera e radicata. Un po’ come il blues per Eric Clapton. Perciò questo progetto non sarà soltanto un’operazione “one shot”. Anche perché, come lo stesso Arbore ammette, “è musica che mi ringiovanisce”, e poi perché. l’importante è avere swing.