24/05/2007

Lo strano caso di Eva Cassidy

Tanti anni fa, quando la tv era ancora in bianco e nero, c’era un programma che si chiamava Non è mai troppo tardi che insegnava i rudimenti della lingua italiana alle persone che non avevano potuto frequentare la scuola. Condotta da un (presunto) maestro, un certo Alberto Manzi, quella trasmissione ebbe un tale successo che il suo titolo entrò nel linguaggio di tutti i giorni diventando un vero e proprio tormentone per commentare qualsiasi cosa si avverasse dopo interminabili tempi d’attesa. Se non suonasse sin troppo ironica (e forse un tantino volgare), quella frase/titolo sarebbe assolutamente appropriata per commentare il caso di Eva Cassidy, una delle storie più inusuali e commoventi che il mondo della musica ha proposto negli ultimi anni.

Nata a Oxon Hill, Maryland, il 2 febbraio 1963, Eva cresce ad Alexandria, Virginia, nei pressi di Washington. La sua è una famiglia con una spiccata propensione musicale tanto che il padre, appena può, forma una piccola band con i figli: lui suona il basso, Eva (oltre al canto) la chitarra, mentre il fratello Danny svisa con il suo violino. La giovane Cassidy è altrettanto brava nelle arti visive, dipinge, scolpisce e crea composizioni di varia natura. Tanto che nel 1986 un amico, Dave Lourim, le propone di curare la parte grafica della copertina di un disco del suo gruppo, i Method Actor. Oltre a ciò, Dave chiede anche alla Cassidy se ha voglia di cantare in un paio di brani dell’album. La voce di Eva impressiona notevolmente il produttore del lavoro Chris Biondo che decide di farla collaborare in altre operazioni discografiche. Così, quando nel 1991 sta registrando con Chuck Brown (un band leader piuttosto conosciuto nella zona di Washington), la voce della Cassidy colpisce ancora una volta: i due si uniscono artisticamente e iniziano a suonare dal vivo su base continuativa.

Un anno dopo Eva entra in ospedale: le viene diagnosticato un tumore della pelle. Sottoposta ad un’operazione chirurgica, la Cassidy recupera piuttosto bene. Nel 1994, registra un album per la Blue Note Records e va in tour con una band (Pieces Of A Dream) ma trova il tutto insoddisfacente. Decide di ripartire da capo. Nel gennaio 1996 si ripresenta da sola alla Blues Alley di Washington per registrare una performance live. Ma nel frattempo, comincia a soffrire di dolori sempre più forti all’anca: essendo un periodo nel quale sta dipingendo dei murales per la caffetteria di un amico pensa sia colpa delle ore trascorse appollaiata su una scala. Purtroppo gli esami clinici rivelano il suo triste destino: cancro, dai tre ai cinque mesi di vita.

Ricoverata al Johns Hopkins Hospital di Baltimora, Eva riceve ogni giorno gruppi numerosi di amici e di fan. Al posto di ricevere fiori e frutta chiede che ognuno di loro scriva poesie o faccia dei disegni che poi lei appende sul muro di fronte al suo letto. Spesso capita di vedere fuori della sua stanza ragazzi seduti per terra che dipingono e ascoltano le canzoni della Cassidy facendo amicizia tra loro. In settembre si organizza un piccolo concerto-tributo che viene chiuso proprio da What A Wonderful World, pezzo che Eva canta insieme a Chuck Brown. È l’ultima volta che la Cassidy canta in pubblico: il 3 novembre muore a soli 33 anni.

Al suo funerale partecipano 500 persone commosse: il fratello Danny suona il violino per lei per l’ultima volta. Dopo la sua morte un paio di etichette discografiche decidono di pubblicare i suoi lavori. Una piccola label inglese (la Hot Records) compra i diritti per l’Europa. Martin Jennings, il responsabile, riesce a fare avere un nastro con la musica di Eva al produttore radiofonico Paul Walters che subito ne rimane incantato. Passa quel nastro a Terry Wogan, conduttore della Bbc2 a cui piace in modo particolare la versione di Over The Rainbow (il celeberrimo brano del musical Il mago di Oz, reso immortale alla fine degli anni 30 da Judy Garland). Il brano piace soprattutto ai suoi ascoltatori che tempestano di telefonate la radio. E così si decide di stampare una raccolta antologica (Songbird) dei pezzi della Cassidy. Addirittura il suo primo produttore Chris Biondo recupera un filmato amatoriale in cui Eva canta Over The Rainbow: il video viene trasmesso nello show televisivo Top Of The Pops. È un successo clamoroso: in poche settimane Songbird vende un milione di copie e raggiunge il primo posto delle classifiche inglesi. Da artista conosciuta a malapena nella zona di Washington, Eva Cassidy diventa una stella internazionale. Per lei si sprecano paragoni persino imbarazzanti: qualcuno la paragona a un mix tra Ella, Aretha e Odetta, altri (Sting) stravedono per la versione di Eva di un proprio brano (Fields Of Gold), altri ancora (Pete Townshend, Mary Chapin Carpenter, ecc.) la considerano una delle migliori voci della sua generazione.

Delicata, emozionante e garbata, la Cassidy è una buona vocalist capace di destreggiarsi bene tra jazz, R&B, rock raffinato e folk d’autore. Oggi, che i suoi cinque album (tra i quali l’antologia Songbird, il buonissimo live alla Blues Alley e il divertente Time After Time) sono disponibili anche in Italia (distribuzione Venus) ci possiamo avvicinare tutti alla musica della Cassidy. Che piace soprattutto nelle sue versioni minimaliste, chitarra acustica e voce, di grandi classici come Time After Time, Woodstock, Kathy’s Song, Wayfaring Stranger, People Get Ready, ecc., ma convince di meno quando si avventura in territori jazz e dintorni. Anche la sua versione di Over The Rainbow è, secondo noi, tutto fuorché memorabile. Ma la sua storia rimane davvero singolare; così come il suo personaggio che sembra davvero essere puro e cristallino come l’acqua dei fiumi delle Appalachian Mountains dove a lei piaceva tanto trascorrere i suoi pomeriggi.

Chi la conosceva bene diceva che fosse una ragazza timida, introversa e piuttosto fragile; una che soffriva le critiche. E che avesse gusti semplici, che amasse la natura e nutrisse come principale ambizione di vita quella di potersi un giorno stabilire in un cottage sulla spiaggia. La musica era la sua grande passione e, insieme alla pittura, la sua principale forma d’espressione anche se non vedeva né l’una né l’altra come attività professionali. Temeva che un successo in termini materiali avrebbe potuto compromettere la sua integrità morale. E anche se non siamo del tutto sicuri che a Eva tutto questo parlare di lei sarebbe davvero piaciuto, è rassicurante pensare che oggi la sua voce, le sue canzoni ma soprattutto il suo spirito candido siano di pubblico dominio. Anche se sono già passati cinque anni: ma, si sa, per apprezzare le cose belle non è mai troppo tardi…

On demand

Iscriviti alla Newsletter

Vuoi rimanere sempre aggiornato su rock e dintorni? Iscriviti alla nostra newsletter
per ricevere tutte le settimane nuovi video, contenuti esclusivi, interviste e tanto altro!