Il suo vero nome è Eliyahu Teichberg ma tutti lo conoscono come Elliot Tiber. Viene da Bensonhurst, un quartiere di Brooklyn famoso (come dice lui) «per il razzismo, la mafia e i… cannoli», ma anche per aver dato i natali a celebrità quali Danny De Vito, Elliott Gould o Larry King. Ma più che a Bensonhurst, la vita di Tiber è legata a una zona più a nord dello stato di New York. Nei pressi di White Lake, infatti, sulla route 17B, nell’estate del 1955 la famiglia Teichberg (ebrei russi emigrati in America) ha acquistato una vecchia e diroccata casa vittoriana che, dopo esser stata risistemata, ha deciso di ribattezzare El Monaco Motel. L’area delle Catskill Mountains, in quegli anni, è meta turistica piuttosto frequentata dagli ebrei newyorchesi che, in poco più di un’ora d’auto, si ritrovano in mezzo al verde, tra colline, boschi e laghetti deliziosi. Mettere in piedi un albergo sembra, dunque, un’ottima idea. Purtroppo, però, nel giro di poco tempo i turisti diminuiscono drasticamente: con gli stessi soldi pagati per un soggiorno nelle Catskills capiscono che si possono fare vacanze assai più esotiche in Florida o a Santa Fe. E così tutta l’area (poco a poco) si svuota lasciando in braghe di tela gli imprenditori locali.
Elliot Tiber, alla metà degli anni 60, conduce una doppia vita: durante la settimana è un arredatore di successo a Manhattan, nel weekend tenta di dare una mano ai suoi genitori per salvare El Monaco Motel. Non solo. Elliot, quando è a New York City, frequenta l’ambiente omosessuale della Grande Mela: ha avventure notturne con il celebre fotografo Robert Mapplethorpe o i leggendari scrittori Tennessee Williams e Truman Capote. Conosce Marlon Brando, Wally Cox, Rock Hudson. È presente, la notte del 28 giugno 1969, alla rivolta dello Stonewall Inn, il minuscolo gay bar del Greenwich Village nel quale un centinaio di persone stanno commemorando Judy Garland, morta una settimana prima a Londra. La Garland è un idolo degli omosessuali: il suo spirito ribelle incarna alla perfezione il motto «io contro il mondo» tipico dei gay. La sua morte è vissuta da tutta la comunità come la perdita di una persona cara, di famiglia. Anche per questo, quando la polizia raggiunge lo Stonewall per uno dei consueti raid, invece di una rassegnata resa deve fronteggiare, per la prima volta, un atteggiamento ostile. Persino il timido, grassottello Elliot Tiber si trasforma in un fighter senza paura. La polizia si ritira e per tutti gli omosessuali la rivolta dello Stonewall Inn è un momento storico: l’ufficializzazione del movimento e la nascita del gay pride.
Quando si trova a White Lake, Tiber tiene nascoste le sue preferenze sessuali alla bigotta cittadinanza locale. Per tutti, lì, è semplicemente il brillante figlio dei rudi Teichberg, responsabile dei pochi eventi culturali nella depressa zona di Bethel, White Lake, Woodstock e paeselli limitrofi nella contea di Sullivan. Elliot, infatti, organizza da qualche anno, con la complicità del suo amico Max Yasgur (proprietario di una fattoria che produce latticini) un festival di musica di modeste proporzioni. Anche perché è proprio Elliot l’incaricato del rilascio dei permessi di eventi pubblici nella zona. Così, quando il 15 luglio del 1969 viene a sapere che gli organizzatori della Aquarian Exposition cercano una sede perché la città di Woodstock gliel’ha negata alza il telefono e chiama l’organizzatore, Michael Lang.
«Michael?», chiede Tiber, «credo di avere il posto per il tuo festival». E così, d’accordo con Max Yasgur, affitta la fattoria, mette a disposizione El Monaco Motel (che diventa il centro operativo del festival, il luogo di accoglienza degli artisti e il centro media) e contribuisce a risolvere le tonnellate di casini che quella vicenda si porta dietro ancora prima di iniziare.
Il resto è storia, una storia affascinante e ancora oggi (a 40 anni di distanza) di formidabile attualità. Proprio come quella di Elliot Tiber, l’uomo che ha salvato il festival di Woodstock.
Oggi, Elliot (arzillo settantenne di successo) è autore di teatro e televisione, comico affermato (il suo nome d’arte è Woodstock Daddy), attivista sociale (è fondatore di Gaystock, una comunità gay sul web) e, soprattutto, è uno scrittore assai ambito. Dopo Rue Haute (libro scritto nel suo soggiorno europeo negli anni 70), Elliot ha raccontato con ironia e divertimento i suoi «Woodstock days» prima in Knock On Woodstock (1994) e più recentemente (con l’aiuto del giornalista Tom Monte) in Taking Woodstock, uscito nel 2007 e oggi fonte primaria di ispirazione del prossimo, omonimo film di Ang Lee, il regista de I segreti di Brokeback Mountain, con Emile Hirsch (nel ruolo di un hippy reduce dal Vietnam) e Demetri Martin in quello di Elliot Tiber, mentre Eugene Levy e Jonathan Groff saranno rispettivamente Max Yasgur e Michael Lang. Nel libro (e nel film) le vicende personali di Elliot e della sua famiglia si intrecciano con quelle del festival che ha cambiato il mondo. Il racconto, documentato e puntuale, scorre fluido grazie a un linguaggio spiritoso che alleggerisce anche i momenti più crudi.
«La divertente storia di Elliot» testimonia il suo amico Richie Havens «è quella di un uomo che lotta per raggiungere la propria libertà. Proprio come coloro che hanno vissuto in prima persona lo spirito di Woodstock ed esattamente come ho cantato io da quel leggendario palco quando ho improvvisato Freedom…».