10/04/2024

Marco Cantini, “Zero moltiplica tutto”

Il cantautore toscano è tornato con un nuovo album che, pur non essendo un concept, è caratterizzato da un filo conduttore legato ai suoi lavori precedenti

 

I vinti, gli oppressi, alcune dolorose esperienze personali e poi personaggi storici per raccontare la fragilità del presente e il periodo di crisi che stiamo vivendo: c’è tutto questo in Zero moltiplica tutto, nuovo album di Marco Cantini. Abbiamo raggiunto al telefono il cantautore toscano che ci ha parlato di questo suo quarto lavoro… collegato ai suoi album precedenti, come si evince già dal titolo.

 

Hai dichiarato che quest’album non è un concept, ma il tuo discorso è comunque incentrato soprattutto e ancora una volta sui vinti, giusto?

Sì, c’è un filo conduttore che fondamentalmente è ancora quello: è un’urgenza che ormai ho da tempo. Gli oppressi sono sempre al centro della mia narrazione e sono dei personaggi per me necessari per raccontare alcuni fatti del presente.

Poi non c’è solo questo, ci sono anche degli accenni alla mia vita personale degli ultimi anni, accadimenti che sono stati piuttosto dolorosi; sembra un po’ un concetto retorico legato ai cantautori questo, ma davvero c’è molto dolore personale in questo disco: negli ultimi tre anni ho perso i miei genitori, entrambi per malattie purtroppo incurabili, e tutt’e due sono presenti innegabilmente in quest’album. Ci sono almeno tre canzoni in cui parlo di loro: Madre è dedicata appunto a mia madre, Quello che segue a mio padre e un’altra canzone, che si intitola Fiori, accenna sempre purtroppo a queste situazioni.

 

In Zero moltiplica tutto parli anche di grandi personaggi come Modigliani o Flora Tristan, titoli peraltro di due brani, e c’è poi una canzone intitolata Milionari di lacrime dedicata a Pablo Neruda.

Sono personaggi nei quali mi rivedo per tanti aspetti. Mi piace sempre citare a questo proposito Flaubert: Madame Bovary c’est moi. In realtà c’è sempre un po’ di me anche quando racconto storie e parlo di personaggi storici, come è normale che sia. Chiaramente sono personaggi che mi affascinano perché hanno lottato per degli ideali importanti, soprattutto Flora Tristan e Pablo Neruda che comunque sono strettamente legati: Pablo Neruda parla anche di Flora Tristan in Confesso che ho vissuto, che è la sua autobiografia. Per quanto riguarda invece Modigliani c’è sicuramente il fascino del personaggio, questo maledettismo che lo ha sempre accompagnato, ma non solo; c’è anche lo straordinario pensiero della sua arte che poi lo ha reso immortale. Come dico sempre, le canzoni ispirate spesso nascono davvero in pochi minuti, poi uno ci può tornare, le può comunque ritoccare, completare, rivedere, però quando sono ispirate nascono davvero velocemente e questa canzone è nata effettivamente così, pensando proprio all’artista, alla sua tragica storia con Jeanne Hébuterne che si uccise pochi giorni dopo la sua morte, e poi la vita bohémien che lo ha contraddistinto e l’amicizia con Utrillo, di cui appunto parlo anche nella canzone, perché ho immaginato una lettera di commiato che ovviamente non è mai stata scritta, indirizzata proprio a Maurice Utrillo e all’amata Jeanne Hébuterne.

 

 

Quando si parla di questi tempi fragili si fa spesso riferimento ai social ed è inevitabile e Ballon D’Essai è la traccia in cui affronti questo tema.

È una canzone nata dall’ormai celebre invettiva dell’estate del 2019 dell’allora Ministro degli Interni che chiese agli italiani pieni poteri, un’affermazione che nel gergo giornalistico si può definire un Ballon D’Essai, cioè qualcosa che ha come unico scopo quello di testare la reazione dell’opinione pubblica. Nasceva in un clima di certe espressioni ultra-identitarie come violazione, come invasione, servi dei forti e oppressori dei deboli. Da lì è nata l’idea di questa canzone rabbiosa, un brano anche sui generis per me, perché molto rock rispetto ai miei canoni, anche se prima di entrare in studio abbiamo optato per questa scelta artistica. Volevamo proprio dei suoni più incisivi anche per portare alla luce questa rabbia che avevo dentro e che emerge in tutti i brani: una rabbia, ma anche un disincanto, un dolore, sono queste le emozioni principali che sono all’interno di questo lavoro.

 

L’unica cover dell’album è Camminando e cantando (Pra Não Dizer Que Não Falei Das Flores): un brano che si legava perfettamente al resto del lavoro?

Conoscevo il brano nella versione di Endrigo e, sentendo anche quella originale di Geraldo Vandré, sono rimasto molto colpito da questa canzone. È una canzone brasiliana di grande importanza sul regime militare in Brasile e tra l’altro Vandré fu costretto all’esilio dopo l’uscita di questo brano. Poi Endrigo lo portò anche a Canzonissima. Ho deciso di metterlo nell’album perché si trattava di una traduzione molto fedele. Mi sono confrontato anche con la mia compagna – che è di origine brasiliana – e abbiamo potuto notare che non è la solita canzone di quel periodo con traduzioni a volte piuttosto opinabili, grossolane o superficiali; questa è una traduzione davvero ben fatta dal grande Sergio Bardotti, oltre che da Sergio Endrigo, che comunque è stato sicuramente un grande autore.

 

Marco Cantini

 

Parliamo anche della copertina, un’opera del pittore Gianni Dorigo.

Sì, e anche la grafiche interne sono opera sua. Gianni Dorigo è un pittore che stimo molto da tanti anni. L’ho conosciuto grazie a mio padre perché è stato anche lui un pittore. Lui e Gianni sono cresciuti artisticamente insieme alla Galleria Inquadrature, storica galleria di Firenze. Lo conoscevo da tanti anni, ho anche delle sue opere in casa e tra l’altro è una persona straordinaria che ha accettato subito di realizzare appositamente la copertina dell’album non appena gli ho fatto la proposta.

 

In conclusione, ma tornando anche al discorso iniziale, già dal titolo Zero moltiplica tutto alcuni tuoi temi appaiono ricorrenti, anche perché era un verso dell’ultima traccia di un altro tuo album, Siamo noi quelli che aspettavamo.

Quello è un disco uscito nel 2016 ed era tutto legato al ’77 bolognese. Raccontava anche delle avanguardie artistiche di quel periodo, infatti c’è una canzone dedicata ad Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli ecc. Nell’ultimo brano In partenza c’è questo verso e mi sembrava una citazione molto adatta anche a quello che raccontano queste canzoni. Ha certamente più significati questo pensiero, perché vale anche quando tutto si azzera e in qualche modo bisogna tornare a ricostruire sulle macerie, quindi non è un titolo necessariamente pessimistico come può sembrare. In Zero moltiplica tutto sembra più un’affermazione tranchant, come dire: “Non c’è più niente da fare”. Chiaramente non è così, però è innegabile che comunque stiamo vivendo in un periodo di grande crisi e qualsiasi tentativo di cambiare le carte in tavola moltiplicato per zero alla fine fa sempre zero… però, ripeto, credo che ci debba essere anche una speranza, un tentativo di ripartire anche dal nulla, di tornare a costruire.

Marco Cantini - Zero moltiplica tutto

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