Vibrante, poetico, erudito. Colto nell’esecuzione, popolare nell’intenzione. Odusia è un viaggio musicale carico di suggestioni, un’opera di contaminazione alta che non ha nulla a che spartire con crossover discutibili o esotismi d’accatto. È un disco di grande immaginazione e di performance formidabili, riprova del talento e del gusto impeccabile d’uno dei nostri migliori violoncelli. Classe 1960 e già accademico di Santa Cecilia, Mario Brunello è noto ai cultori di classica per le interpretazioni delle suite di Bach, per l’opera prestata nelle orchestre più prestigiose, per la musica da camera. Noialtri l’abbiamo conosciuto per i lavori di confine, per le collaborazioni: con Uri Caine, con Vinicio Capossela, con attori e scrittori. Ora affronta una materia suggestiva restando sul confine: la musica del Mediterraneo. Lo fa col senso di libertà stilistica sotteso alla sua opera.
Il cuore di Odusia è l’esecuzione di Spasimo, composizione d’un altro violoncellista fuori dagli schemi come Giovanni Sollima. Spasimo è una chiesa di Palermo sconsacrata e passata attraverso rocamboleschi cambi d’identità: è stata ospedale, lebbrosario, magazzino. Quando fu restaurata e riaperta nel 1995 venne commissionata a Sollima una composizione per l’inaugurazione. Il violoncellista la ideò come una sorta di voce emozionale della chiesa e, per estensione, di un’intera città. Dentro c’è tutto: l’intensità, la commozione, la sospensione poetica, il riflesso di una città dove s’incontrano est e ovest, cristianità e Islam. L’originale era una suite per violoncello solista, trio d’archi (violino, viola, violoncello), percussioni e tastiera elettronica. Amico di lunga data del compositore, Brunello la rilegge e, col suo permesso, la estende all’accompagnamento dell’Orchestra d’Archi Italiana: tre violini, altrettanti violoncelli e viole, contrabbasso, percussioni, arpa. Sono 34 minuti sublimi.
Spasimo ha tutto: la scrittura, il concetto, l’espressività, l’originalità. E soprattutto il suono che Brunello plasma in modo stupefacente: è talmente vivido da provocare stordimento e stupore. «Ho cercato» commenta Brunello «di dare presenza fisica al suono. Gli interpreti hanno questo dovere: far vivere le composizioni mettendone in evidenza le caratteristiche». La cavata è intensa, il timbro carico, i suoni palpabili. Rispetto all’originale di una decina d’anni fa, le coloriture e le armonie risultano più ricche grazie alla presenza dell’orchestra d’archi e la composizione beneficia anche della sostituzione del sintetizzatore con un contrabbasso amplificato, cui è applicata un distorsore da chitarra elettrica. Contenuta in un cd di Sollima di difficile reperibilità, Spasimo rinasce. «È una composizione» dice Brunello «in cui è compressa una gran quantità di energia e di emozione. Probabilmente la forma di una composizione chiusa sta stretta a Giovanni: si sente che è costretto a comprimere tutta la sua voglia di comunicare». Un po’ come l’amico, nelle sei parti di Spasimo Brunello esplora le possibilità del suo strumento con cui riesce a mimare – per fare un esempio – il suono flautato di un duduk, «adatto a riprodurre il tema di De harmonia con un tocco ancestrale». I due, Sollima e Brunello, hanno profili artistici complementari e forse è per questo motivo che il nuovo Spasimo è così brillante: ha l’estro creativo travolgente del primo e il rigore espressivo del secondo. «Lui ha seguito la strada dello strumentista compositore, cosa che io non so fare. Con lui ogni concerto è una sorpresa: nessuno dopo Bach ha azzardato tanto sul violoncello. Io possiedo il lato di esecutore che gli manca: codifico e interpreto quel che lui lascia».
È musica d’altissimo livello, ma non intimorente: chiunque sia dotato di sensibilità musicale troverà momenti di grande bellezza. Gli altri cinque brani del disco sono il complemento alla composizione di Sollima, anch’essi «abbraccio di suoni e culture provenienti da diverse rive del Mediterraneo». Esposti in simmetria con le sezioni dei Spasimo, ne richiamano le fonti di ispirazione. È pieno di pathos El Mole Rahamim, un canto ebraico interpretato con trasporto da Moni Ovadia. È suggestiva l’improvvisazione per violoncello e percussioni El Mida, registrata nel Sahara tunisino con l’inconfondibile colore del djembe. Conquista la malinconica Nana, per violoncello e arpa, una ninnananna del repertorio dello spagnolo Manuel De Falla. Travolgono gli arabeschi del tradizionale turco 11’Li. Lascia stupefatti la ricerca timbrica di Vez, composizione della giovane Ana Sokolovic che chiude virtualmente l’album con un tocco di musica contemporanea.
Odusia è il termine latino per odissea e il lavoro effettivamente è un viaggio affascinante ed evocativo. E non è che il primo volume delle Brunello Series, la collana che Egea dedica al musicista veneto e che prevede altri quattro dischi: i concerti per violoncelli di Vivaldi che s’annunciano in chiave «ba-rock»; le sonate per violoncello e pianoforte di Schubert e Lekeu; Cello And S, dove s’incontrano musica contemporanea (Scelsi, Sculthorpe, Sollima), elettronica e canto gregoriano; sei suite di Bach per solo violoncello. Intanto c’è Spasimo: è classica, folk, etnica, contemporanea. È grande musica.
Odusia
Spasimo I: De harmonia
Spasimo II: Peste
Spasimo III: Raffaello: Il naufragio
Spasimo IV: Porta dei greci
Spasimo V: De harmonia
Spasimo VI: Via dolorosa
El Mole Rahamim
El Mida
Nana
11’Li
Vez
Odusia