27/12/2023

L’alba di una nuova era… progressiva

Il nuovo libro Arcana di Massimo Salari

 

Massimo Salari è ormai un’autorità nel campo del progressive rock. Al di là del suo blog, diventato un punto di riferimento per le novità del prog italiano e straniero, la sua attività di autore cresce e si avvicina alla contemporaneità. Dopo l’indagine sul nuovo prog italiano, sul prog-metal e sul neo prog, Salari esplora l’area più insidiosa, quella dell’attualità non ancora storicizzata. Con Arcana pubblica Prog post moderno – L’alba di una nuova era. Lo incontriamo per chiedergli un po’ di dettagli.

 

Il sottotitolo del tuo libro allude a prospettive nuove, di rinascita e affermazione. Per il progressive esiste davvero l’alba di una nuova era?

Nella storia della musica c’è sempre stata una nuova era, il Progressive ha come intento la ricerca e questa negli anni si è sempre sviluppata, rappresentando la società del momento. Ovviamente il vero Progressive Rock è quello degli anni ’60/’70, in realtà trattasi di musica Pop. Il nome Progressive viene attribuito tardivamente, da noi in Italia per esempio nel 1972, estrapolato dalla collana vinilica Ariston Gnome Progressive.

Tuttavia “Progressive” già vede luce negli anni ’50 in America a fianco del genere Jazz, quando questo inizia a fare i primi mutamenti sperimentali. Quindi il termine va necessariamente accostato a uno stile musicale, da solo non ha alcun significato. Essendo il suddetto decennio il momento del massimo successo di questa musica, grazie a band come Genesis, King Crimson, Gentle Giant, Yes etc, molti fans lo attribuiscono a quel sound, spesso sinfonico e quindi alle tastiere Mellotron con annesse lunghe suite. Secondo me risuonare oggi questa musica è “regressive”, ossia scimmiottare una cosa che non è più sperimentale.

Poi passano gli anni, alla fine dei ’70 il genere subisce un importante stop con l’avvento del Punk, della New Wave, e della Discomusic e quindi basta lunghe suite e suoni ridondanti, salvo riprendere con il Neo Prog dei primi anni ’80 con band come Marillion, Pendragon, Iq, Pallas etc. Passano ancora gli anni, cambiano nuovamente le mode e la società, verso la fine degli ’80 il Prog subisce un altro importante stop, per poi riprendersi a metà dei ’90 grazie a band nordiche come Anglagard, Anekdoten, Sinkadus, Landberk, The Flower Kings, per fare alcuni nomi. Mentre per il Neo Prog il riferimento è stato il sound dei Pink Floyd, Camel, e Genesis, per questa nuova ondata sono i King Crimson, per questo le sonorità sono maggiormente cupe.

Internet intanto entra nelle case e il mondo musicale subisce una globalizzazione che ha il suo pro e contro. Il vero terremoto giunge con i Radiohead e i Porcupine Tree di Steven Wilson che hanno influenzato l’intero pianeta mettendo nella propria musica un mix di psichedelia, Progressive Rock, Heavy Metal e moltissimo altro. Persino band Death Metal di successo come Opeth o Anathema cambiano il proprio stile avvicinandosi a questo. Moderna ricerca dunque, dettata anche dalle nuove possibilità tecnologiche che arricchiscono con nuovo sound. Quindi in parole povere, la propensione di sperimentare c’è sempre, ma di certo gli Opeth non suonano come i Genesis, eppure sono Progressive, proprio per questo molti fans litigano sull’argomento, non avendo ancora capito che trattasi di attitudine.

Per questa confusione ho pensato di tracciare una linea netta fra passato e presente, inventandomi questo nuovo termine, Post Prog Moderno, proprio per far capire che la sperimentazione qui prosegue con le sonorità del momento. Il Passato è passato.

 

Con l’avvento di etichette come Kscope in Inghilterra o Luminol in Italia, il termine post-progressive ha preso sempre più piede. Conosciamo tutti il “pre”, ma quali sono le caratteristiche di questo “post”?

La tecnologia cambia con il tempo, così le strumentazioni e i suoni. La sperimentazione prende nuove vie. L’importanza per esempio dei Radiohead sta nel fatto che hanno unito il Punk di moda in quel momento storico con la psichedelia Pinkflydiana. Molta critica di allora mi ricordo scriveva che “Thom Yorke o è un pazzo visionario o un genio”, questo perché al momento sembrava essere troppo avanti. È indubbiamente un attitudine Progressive, ma non avente il sound degli anni ’70 che conosciamo (malgrado ci sia in alcuni casi anche del Mellotron), quindi negli anni ’90 giunge il Post Prog. Personalmente per gli anni 2000 con i Porcupine Tree e altre band che ho approfondito nel libro, ho ritenuto di chiamare il genere “Post Prog Moderno”.

 

Un nome che ottiene molto spazio nel libro è Steven Wilson. Quali sono i meriti che ha avuto e sta avendo in un panorama così complesso?

Soltanto la diatriba Beatles o Rolling Stones mi ricorda tanto interesse sull’argomento, ossia “Amate Steven Wilson o lo odiate?”. Se vi fate un giro nei social e andate nei vari gruppi in cui si tratta l’argomento, noterete la ferocia con cui si confrontano i fans, ognuno con la propria verità inopinabile. Steven Wilson ha profanato il classico Prog e questo non va giù ai fans di vecchia data, ma è normale.

Il merito della musica di Wilson sta nel rispettare il passato con richiami ai Pink Floyd, o ai King Crimson, Genesis, addirittura i Beatles, però con una personalità unica la quale riconduce dopo l’ascolto di poche note, ad associare il brano solamente a lui! Un altro esempio storico per far capire meglio il concetto è quello di Ian Anderson dei Jethro Tull, nei ’60 va di moda il Blues? E lui con il flauto registra album sul genere, poi il Progressive Rock? Nessun problema, Thick As A Brick oppure A Passion Play sono lì a dimostrare che i Jethro Tull sanno fare Prog. E poi il Folk di fine anni ’70 e a seguire l’elettronica di A negli anni ’80, ma sempre con il flauto, così il Metal nei ’90, tanto da vincere anche il Grammy Awards al posto dei Metallica! Il tutto sempre riconoscibile grazie alla forte personalità di Anderson e del suo strumento. Ecco, quindi la personalità è importante, questa porta un artista a suonare ciò che vuole, non quello che desiderano i fans, spesso anche spiazzandoli. Oggi è un punto di riferimento. Questo è Steven Wilson, sempre in sella ai tempi, ma se volete conoscere la sua storia l’ho trattata nel libro.

 

In soldoni cosa gli viene rimproverato?

Di essere un “furbetto”, di prendere idee qua e là da band del passato e la cosa mi fa morire dal ridere, come se i Genesis non avessero copiato. Figuriamoci, anche Mozart ha fatto plagi. Se andiamo avanti così nel ragionamento dovremmo solo ascoltare la musica di “Bongo” che batteva a ritmo su un tronco vuoto un bastone. Ovvio che si cresce sin da piccoli ascoltando della determinata musica, però poi sta a noi svilupparla con la personalità, cosa che nella società di oggi hanno in pochi. Un mondo dove siamo tutti omologati, in cui il diverso viene scartato e l’uguale ci tranquillizza… Beh, non lascia adito a grandi sviluppi. Diceva Frank Zappa, “L’evoluzione passa attraverso la trasgressione della regola”, e di questa frase Steven Wilson sembra averne fatto tesoro, miscelando assieme stili sonori in apparenza incompatibili, proprio come hanno fatto i Radiohead. Ce ne fossero di furbetti così…

 

La prefazione è di Fabio Zuffanti, che dagli anni ’90 a oggi ha segnato le vicende del nuovo prog italiano. Qual è stato il suo contributo a questo genere?

Contributo grandissimo! Ha mantenuta accesa la fiammella del Prog in Italia anche in tempi maledetti. Ecco perché gli ho chiesto cortesemente di farmi la prefazione. Siamo anche amici, abbiamo avuto modo di stare assieme anni fa per più date. Io lo paragono proprio a Wilson, non tanto per la musica, quanto per l’attitudine, anche lui con mille progetti tutti differenti, Hostonaten, La Maschera Di Cera, Finisterre, La Curva Di Lesmo, Rohmer, La Zona, L’Ombra Della Sera, e moltissimi altri ancora, un vero e proprio vulcano. In questo è simile a Steven Wilson, e quindi meglio non potevo scegliere!

 

L’Italia che tanto ha dato al prog come si sta comportando attualmente?

Oggi è come un salmone controcorrente. La musica è ciclica, alti e bassi, ed è grazie ai meno noti che il genere riesce a sopravvivere, poi quando qualcuno (proprio come Zuffanti) riesce a scuotere la massa, allora c’è un ritorno, sul quale molto spesso montano anche nomi importanti del passato, rifondandosi furbescamente per l’occasione.

Questo 2023 al momento non ha avuto numerose uscite rispetto gli anni trascorsi. Sembra che il periodo del Covid abbia dato agli artisti la possibilità di comporre di più in quanto impossibilitati nel suonare dal vivo, le loro energie si sono concentrate in questa maniera. Probabilmente il fatto ha portato a un momentaneo svuotamento d’ispirazione, magari proprio in attesa di nuove mode o sonorità che di certo non mancheranno a sopraggiungere. L’evoluzione continua, con o senza di noi.

 

Tra i vari nomi che hai studiato, uno rilevante sono gli Opeth. Partiti dal metal estremo e arrivati a un prog nostalgico, riescono a interpretare in chiave credibile questo linguaggio?

Certo che sì, come tutte le band che si vogliono mettere in gioco. Poi magari non piacciono, ma questa è solo questione di gusti. Loro ci credono, e lo dimostra anche il progetto Storm Corrosion realizzato proprio da Mikael Åkerfeldt (leader cantante e chitarrista degli Opeth) e Steven Wilson. Le band si sono influenzate a vicenda, ascoltate Deadwing o In Absentia dei Porcupine Tree e noterete quanto Metal sia entrato nella mente del compositore inglese. Gli Opeth poi nella discografia hanno dato continuità a questo sviluppo sonoro fatto anche di Mellotron in alcuni casi, o richiami ai Pink Floyd, ma sempre con un’anima scura come la pece (ecco di nuovo la personalità). Oramai sono cinque gli album che hanno tendenze Progressive e il pubblico sembra dare loro ragione.

 

C’è qualche nuovo gruppo che hai scovato e che senti di suggerire ai lettori di Jam?

Purtroppo la globalizzazione ha portato a un appiattimento non soltanto musicale ma anche culturale, pochi oggi sono coloro che tentano nuove strade. Tuttavia qualcosa che ha attirato la mia attenzione c’è stata, la musica dei Hekz, Eye Of The Atlas, Aisles, Wheel, A Kew’s Tag, Metamorphosis, e i Vola, mentre per gli italiani i Karmamoi, Giant The Vine, Il Fedelissimo Bracco Branco, Aldi Dallo Spazio, Quel Che Disse Il Tuono e Il Testamento Degli Arcadi. Ma se volete avere una bella panoramica di musica non convenzionale, vi consiglio il mio blog NONSOLO PROGROCK https://nonsoloprogrock.blogspot.com/

Massimo Salari - libro - prog

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