14/09/2022

Ólafur Arnalds, la recensione del concerto di Roma

Il 10 settembre il compositore islandese all’Auditorium: unica data italiana, apertura del Romaeuropa Festival

Delle cellule. O della gemmazione.
Il concerto di Ólafur Arnalds un continuo sbocciare, una raffinata confluenza dell’eredità postminimale in una articolazione melodica suggestiva, spesso e volentieri dal respiro cinematografico anche senza il vincolo della colonna sonora.
E se al pubblico in Cavea arriva in modo più penetrante lo sviluppo circolare e crescente, che avvolge anche grazie al tono descrittivo/pittorico, il dato altrettanto interessante è la scintilla iniziale che dà il via a una sorta di “macchia concentrica”, gestita con un distacco signorile, mai algido.

Prevale la sensazione entusiasmante della “prima”, anche grazie alla collocazione dell’evento: il concerto anticipa l’apertura ufficiale di Spring Attitude 2022 ed è realizzato con Romaeuropa Festival in occasione della sua pregevole trentasettesima edizione.

La disposizione di un ensemble sul palco non è soltanto funzionale, ma è anche un gesto visivo e artistico intenzionale. Arnalds è al centro, spalle al pubblico, garbatamente; è circondato dal quartetto d’archi e dalla piccola postazione percussiva, ma più che ai suoi musicisti è rivolto al parco-tastiere che fa da centro nevralgico della performance. Pianoforte, loop station e due piani verticali Stratus collegati ai lati rappresentano, più che una postazione comoda o una plancia di comando, il fulcro di una musica che pulsa e si espande a raggiera. Non è un dato meramente estetico, ma le luci in sincrono hanno completato un itinerario fatto di misura, consapevolezza e emotività – il tutto abilmente costruito.

Incentrato prevalentemente sull’intimismo ambientale dell’ultimo album Some Kind Of Peace, il concerto romano è stato prezioso per la completezza della proposta e il fascino del risultato finale: un’area sonora e visiva tanto potente nella vis melodica quanto equilibrata nel gioco delle parti. Mellifluo quanto basta per rilassare, tanto autorevole da raccogliere un consenso corposo. Il Roma Europa Festival si concluderà con l’attesa Einstein On The Beach di Philip Glass, prima assoluta romana con Ictus Ensemble e Suzanne Vega. L’incipit rarefatto e aristocratico di Ólafur Arnalds, unica data italiana dopo dieci anni di assenza da Roma, è stato memorabile.

(Ólafur Arnalds; foto di Anna Maggy)

Ólafur Arnalds - Recensione Roma

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