12/08/2021

Origin – Intervista a D-Ross

A tre anni dal suo debutto solista con “Large” torna D-Ross con “Origin”, un nuovo lavoro pubblicato per RC Music, la sua etichetta, un disco strumentale, un ritorno alla fonte e alla genesi del linguaggio
Origine. Del suono, del linguaggio, del ricordo. La ricerca di sentimenti e la riscoperta del luogo da cui tutto è partito, nel modo in cui tutto è partito; a tracciare la strada, le sei corde di una chitarra, “la signora che detta il sentiero”. D-Ross, al secolo Rosario Castagnola, torna dopo tre anni con un lavoro che porta la sua firma, un progetto solista e indipendente che nasce mentre è impegnato in regia per artisti – per citarne alcuni – come Fabri Fibra, Marracash, Clementino, Francesca Michielin e Raiz degli Almamegretta, la voce dell’unica cover del disco, il tributo di D-Ross ai Pink Floyd. Un percorso, quello del musicista e producer napoletano, che ha già fatto tappe importanti e registrato notevoli successi, a partire dal David di Donatello per la miglior canzone originale, “’A verità” per “Song’ ‘e Napule” dei Manetti Bros, alcuni dei titoli che fanno parte della colonna sonora della serie ormai cult Gomorra fino ai dischi di platino conquistati dagli album di alcuni degli artisti di cui cura le produzioni. Abbiamo incontrato D-Ross e ci siamo fatti raccontare il suo “Origin”.
 
 
D-Ross, ti sei preso una pausa dai “dischi degli altri”. Com’è stato tornare a pubblicare un disco completamente tuo?
Assolutamente no. Più che una pausa, direi una costante produzione in parallelo. ‘Origin’ l’ho fatto mentre lavoravo ad altro – ai progetti di Luchè, Tropico, Francesca Michielin, Ernia, Franco Ricciardi – e avevo ogni tanto dei momenti  liberi per dedicarmi a me stesso. Cosa che mi piace molto perché mi fa ricaricare e scaricare allo stesso tempo.
 
Parlando di “Origin”, mi hanno colpito due termini che gli hai accostato: “adolescente” e “strafottenza”. Ci racconti cosa c’è dentro quest’album?

C’è quasi tutto quello che mi ha influenzato, chitarristicamente parlando, dall’adolescenza ad oggi. Volevo rendere omaggio ai miei eroi, a quei musicisti che mi hanno illuminato per tutti questi anni: dai Led Zeppelin a Jimi Hendrix, dagli AC/DC ai Nirvana, dai Pink Floyd a Muddy Waters e Jeff Beck. Questa volta era legittimo che a prendere spazio – più che le canzoni canoniche – fossero i territori sonori, come teorizza proprio David Gilmour. È così che ‘Origin’ diventa il mio film muto. Anche brani strumentali come i miei – fa eccezione la partecipazione di Raiz, che ho tenacemente voluto al mio fianco per l’unico brano cantato – dicono tanto: aprono scenari, emotività, spalancano visioni, emozioni. E raccontano. Naturalmente dipende dalla singola sensibilità degli ascoltatori. Chi fruisce della musica può generare di volta in volta la sua storia e magari saprà pian piano rintracciare le mie reference storiche.
 
È un disco rock, prog, psichedelico, non a caso si apre con un “saluto” ai Pink Floyd con una tua interpretazione di “Shine on You Crazy Diamond” che include Raiz (Almamegretta) al canto: questo sì che è un ritorno alle origini …

Prevalgono il rock e un blues psichedelico. E hai ragione: è intensamente un ritorno alla fonte. Avevo bisogno di esprimermi con il mio primo strumento, quello che ho scoperto da ragazzino tra i banchi della scuola media nel Rione Luzzatti grazie al papà di un amico di classe: la chitarra. Spero che questo album possa spronare molti musicisti a sentirsi liberi di comporre la musica che desiderano davvero. Non ho calibrato la tracklist del disco ragionando se funziona o non funziona, se vende o se non vende. Me ne frega. Sentivo il desiderio di sperimentare con chitarre, bassi, amplificatori, fuzz, compressori e l’ho semplicemente fatto. Capita troppo spesso che un musicista si rinchiuda nella sua pigrizia o nella paura di fallire. Oggi purtroppo viviamo in un’era dove contano molto i numeri; io sono dell’idea che contano pure quelli. Non esclusivamente le cifre. Basta approfondire un po’ i territori sonori e si possono rintracciare realtà musicali assai interessanti. 
 
Quali sono le differenze principali tra “Origin” e “Large”, il tuo primo disco solista pubblicato nel 2018?

Large era un disco realizzato più nel ruolo di producer, mi sa, ed era prevalentemente un progetto elettronico-sintetico in cui davo spazio alle mie influenze. Questo di adesso è un disco rock dove la chitarra domina sempre. È lei la signora che mi detta il sentiero.
 
Ti sei tolto più di qualche soddisfazione professionale come produttore. Giusto qualche nome: Marracash, Franco Ricciardi, Fabri Fibra, Francesca Michielin, per non parlare della vittoria del David di Donatello e della tua partecipazione alla colonna sonora di “Gomorra”. Qual è un desiderio ancora da realizzare?

Il mio desiderio più grande è quello di continuare a fare musica con l’identica passione di sempre. So che quanto sto dicendo non è scontato; per molti, dopo un po’ purtroppo, diventa soltanto un lavoro. E a dirla tutta sono parecchi i giovani che oggi partono con il piede sbagliato cercando solo di diventare famosi. A mio avviso avranno vita breve.  

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