Pacifico, a bordo della PV544 in “Turbo-Lento”
L’intervista al cantautore, qui voce narrante dell’operetta elettroacustica che porta in scena con i Metameccanici
Il 9 e il 16 dicembre i Metameccanici e Pacifico tornano al Volvo Studio Milano con l’operetta da camera elettroacustica Turbo-Lento – Il turbolento viaggio della PV544.
Pacifico lo conosciamo come musicista, scrittore, autore e cantautore. Ha scritto molto per Gianna Nannini, ma anche per Andrea Bocelli, Adriano Celentano, Malika Ayane, Zucchero, Giorgia, Antonello Venditti e tanti altri. Nei giorni scorsi ha affidato alle sue pagine social il suo ricordo di Ornella Vanoni, alla quale era molto legato: con lei ha partecipato al Festival di Sanremo nel 2018, ha composto una canzone da lei interpretata insieme a Francesco Gabbani e ha scritto il libro-confessione Vincente o perdente.
Qui, in Turbo-Lento, Pacifico è la voce narrante di uno spettacolo surreale e ironico, ma anche intimo, non solo per il contesto, già presentato il 25 novembre e il 3 dicembre nello stesso luogo.
Al centro della scena c’è la Polisynth PV544, un veicolo costruito assemblando strumenti musicali: un sintetizzatore come plancia, un piatto da batteria come volante, un vibrafono e una tastiera a formare le fiancate, quattro tamburi come ruote e due fanali posti ai lati del cofano, realizzato con una drum-machine.
La Polisynth PV544 è suonata dai Metameccanici, cioè i fratelli Alessandro e Angelo Trabace e Sebastiano De Gennaro. I tre, in tuta da meccanici, suonano questa macchina che dialoga con i suoi musicisti/inventori e che, durante il suo primo viaggio, prende coscienza di sé, entra in crisi e rifiuta l’idea di competizione.
La performance è guidata, come detto, dalla voce di Pacifico, che accompagna il pubblico nella storia di questa invenzione immaginaria, audace e fallimentare in uno spettacolo sempre in divenire e che stimola l’immaginazione. In attesa delle ultime due repliche (per ora?) in programma, abbiamo chiesto qualcosa in più su Turbo-Lento allo stesso Pacifico.

La Polisynth PV544
È nato “prima il luogo rispetto allo spettacolo” nel senso che Turbo-Lento è stato pensato proprio per il Volvo Studio?
Ma no, guarda, in realtà me l’hanno spiegato i Metameccanici. La genesi è stata in un ingorgo in autostrada, mentre tornavano da non so che concerto, e quindi si sono messi a fantasticare: “Ma pensa che bella una macchina…”, proprio per riempire il tempo in cui sono rimasti bloccati nel traffico. Da lì si sono dati questo spunto e si sono trovati un po’ di volte per scrivere le musiche.
Quindi il Volvo diventa il luogo giusto dove destinarlo, perché poi ovviamente, chiamando l’auto PV544, ci siamo avvicinati al luogo. Quando hanno coinvolto me avevano già le musiche, avevano una traccia della storia e si erano immaginati quest’auto. Io poi l’ho riscritta e alla fine siamo entrati nel Volvo Studio. È il posto giusto per raccontarla, ma non è nata in funzione del posto.
Immagino ti abbiano posto più volte questa domanda per le tue canzoni. Stavolta te la pongo in merito allo spettacolo: è nata prima la musica o prima il tuo testo?
I Metameccanici hanno pensato alla musica un po’ come quando fai un film e ti lasci ispirare dalle immagini; qui la storia è stata ispirata dalle musiche. Per ogni brano dicevano: “Qua sarebbe bello se l’auto facesse questo” e poi riprendevano la storia. Quando sono arrivati da me avevano una traccia testuale che io non avrei potuto interpretare da attore, proprio perché non sono un attore, quindi l’ho riscritta. Ho fatto allora il mio lavoro e ci siamo trovati due o tre volte buttando tutti gli elementi che avevamo e in qualche modo i pezzi si incastravano tutti in maniera molto naturale.
È vero che state continuando a cambiare alcuni momenti dello spettacolo, magari perfezionandolo o arricchendolo?
Sì, perché si presta a queste modifiche. Ad esempio c’è tutta una costruzione anche scenografica che può essere migliorata sull’auto: un’auto fatta di strumenti musicali, se vai avanti a farla, può diventare veramente un’astronave. Poi c’è tutta una parte video e lì al Volvo Studio abbiamo due schermi, uno più grande di lato e uno più piccolo dietro: la cosa che vorremmo fare è continuare a dare stimoli che arrivano da punti diversi, in modo che l’ascoltatore si perda un po’ assieme a noi ed entri in una dimensione del racconto, una dimensione favolistica, una dimensione fantastica. Quindi, essendoci tanti punti d’attenzione, cercheremo di migliorare sempre lo spettacolo. Non avendo fatto un lungo allestimento, queste date ci permettono di fare delle sperimentazioni e in settimana abbiamo già cominciato di nuovo a scrivere.

I Metameccanici e Pacifico – Milano, Volvo Studio 25/11/2025 – Foto di Massimo Barbaglia
Il libretto di circolazione che c’era sugli sgabelli, e che è in realtà un libretto per introdurre lo spettacolo, è stata un’idea vostra?
In tutte queste idee c’è una partecipazione e questa è una cosa molto bella dello spettacolo, perché anche le persone coinvolte nella produzione di Ponderosa si sono appassionate. La prima volta hanno stampato la targa pochi minuti prima che andassimo in scena.
E anche questa è un’idea loro, quella di fare il programma di sala come un libretto di circolazione: un’idea bellissima, così come anche il mio libro, che hanno stampato apposta con un carattere scelto che facesse riferimento agli anni ’80-’90. Anche su questo avevamo altre idee, tipo fare le scalette come fogli di progettazione. Insomma, c’è tutto un immaginario che può essere messo in scena: secondo me sono piccole cose, ma potrebbero rendere ancora più piacevole il racconto.
Prima dicevi di non essere un attore, ma è proprio la prima volta che ti cimenti in un lavoro di questo tipo?
Quando faccio musica c’è tutta una parte di racconto e di parole fuori dal foglio della canzone, infatti poi ho finito per scrivere libri, ma ho una tendenza, anche quando scrivo libri, a leggere ad alta voce, in modo che la scrittura sia già un po’ lettura.
È una cosa che faccio anche nei miei concerti, anche se amo molto gli artisti che non dicono una parola: penso a uno come Paolo Conte che bofonchia qualcosa… lo adoro (ride, ndr)! Però a me piace anche ambientare, rendere un clima emotivo da cui la canzone è uscita. Quindi questa cosa, quando l’ho fatta, in realtà è qualcosa che avevo già sperimentato.
Bene. Stai lavorando a qualcos’altro anche dal punto di vista musicale in questo periodo?
Sì, adesso proprio a giorni, cioè entro dicembre, registro un po’ di pezzi miei, che è un po’ che non faccio. In realtà ho tantissime canzoni che continuo ad accumulare, quindi adesso, per smettere di continuare a riempire gli hard disk di brani, ne fisserò un po’. Devo decidere se fare un disco o addirittura farlo direttamente come spettacolo, perché c’è una riflessione su cui questi brani si appoggiano. Sono un po’ tentato di inserirli in questo tipo di contesto: questo metodo narrativo, in cui puoi infilare via via tutte le canzoni, mi sembra abbastanza congeniale, per cui può darsi che farò in questo modo.
E tornando invece alla Polisynth PV544: pensate di portarla in teatro o in altri luoghi? Oppure è troppo lenta o comunque ha i suoi tempi per spostarsi?
Lei, come dice nello spettacolo e come rivendica con grande fierezza, vuole essere inutile, quindi si ribella al nostro desiderio di portarla in giro (ride, ndr). Però è vero che sta piacendo molto, infatti sta crescendo il passaparola e lo vediamo dalle presentazioni. E quindi, anche con la produzione, ci stavamo interrogando. Magari lo porteremo in altri luoghi un po’ particolari o lo faremo ancora in altre residenze di questo tipo.
C’è un dato emotivo che riguarda l’infanzia, anche se non penso ai bambini, penso ai ragazzini nascosti negli adulti: se riesci ad avere una serata in cui puoi accedere, puoi toglierti la corazza del ruolo, della professione e dell’esperienza, ti ritrovi che sei un ragazzino. Quel tipo di cosa credo possa far ritrovare, in modo immediato, una parte di sé che di solito resta nascosta.
Poi c’è un contributo di Rodari all’interno dello spettacolo in cui sostiene che la fiaba può aiutare un bambino a diventare un adulto pieno di immaginazione… e credo che oggi un po’ di immaginazione sia un’arma necessaria…
Pacifico – Milano, Volvo Studio 25/11/2025 – Foto di Massimo Barbaglia

