12/09/2022

Patrick Watson, il nuovo album è “Better In The Shade” – Intervista

Nuovo album per Patrick Watson, cantautore canadese che ha pubblicato Better In The Shade

 

Ha scritto tante colonne sonore, compresa quella di Everything Will Be Fine, film di Wim Wenders in cui ha anche recitato. Sua è anche la canzone del trailer di Walking Dead. Adesso però Patrick Watson è tornato con il suo settimo album solista, Better In The Shade. Sette brani e poco più di venti minuti per il 42enne cantautore canadese che arrivano dopo un periodo per lui molto prolifico, nonostante la pandemia, e dopo grandi consensi ottenuti con il precedente lavoro Wave, pubblicato nel 2019.

“Penso che siamo come in una transizione molto seria della realtà, capisci cosa intendo, quasi in ogni campo, tutto è in ballo” – ha dichiarato all’inizio della nostra breve chiacchierata, a proposito dei temi che affronta nel nuovo album, per poi aggiungere: “Penso che stiamo ripristinando una nuova realtà. Mi sento come se Donald Trump, per qualche strana ragione, avesse gettato una chiave inglese nella realtà e lentamente la realtà fosse andata verso il declino dopo di lui. Non solo in America, ma un po’ ovunque. Ha avuto effetti collaterali ovunque ed è un po’ come far saltare in aria la vecchia realtà e sembra che non si possa tornare indietro. Quindi mi sento come se stessimo cercando di costruirne una nuova”.

Patrick Watson

Patrick Watson è cresciuto a Montreal come Leonard Cohen col quale peraltro ha lavorato, co-producendo un brano dell’album postumo You Want It Darker, ma ascoltando la sua musica vengono in mente artisti come Nick Drake o Jeff Buckley: “Penso più a Nick Drake – dice. – Ho davvero amato Nick Drake. Amo i suoi testi, amo il suo sound, amo le sue chitarre, amo le sue melodie. Sì, penso che Nick Drake sia quello giusto. Voglio dire, ho qualcosa di simile a Jeff Buckley, immagino il registro, non so, qualcosa sicuramente, ma non è uno che mi ha ispirato, ero molto più attratto da Nick Drake e Paul Simon, che da Jeff Buckley o Leonard Cohen. Ho iniziato ad apprezzare Leonard Cohen molto più tardi a dire il vero, perché non ero particolarmente ossessionato dalle parole ed ero più ossessionato dai suoni quando ero più giovane. E ovviamente lui non è conosciuto per la parte strumentale della sua musica. Ma quando sono andato più in là con gli anni e poi quando ho lavorato con lui, l’ho apprezzato per come pronuncia le parole. Dice così bene le parole…”

 

La musica, però, rimane ovviamente una parte fondamentale per il cantautore: “Mi piace scrivere le colonne sonore e fare quel tipo di progetti in cui sono più coinvolti gli strumenti, perché mi piace molto lavorare con il suono e mi piacciono molto i rumori, il sound design e cose del genere. È una mia passione. Quindi vorrei esplorare un po’ quella parte del mio lavoro, un po’ più che cantare e provare con il pianoforte. Non che non mi piaccia, ma mi piacciono entrambi”. Da qui Patrick Watson prosegue con alcune considerazioni su cosa voglia dire fare musica al giorno d’oggi: “Cosa faccio anche in relazione a quanto è cambiato ‘il business della musica’ e dove voglio collocarmi all’interno di quel mondo? È completamente cambiato di nuovo per la sesta volta da quando ho cominciato. Quindi è normale. Hai un periodo in cui non pensi proprio a pubblicare un album. Questo significa anche che la musica è un’adorabile spazio creativo’, per cui se sei un musicista, devi avventurarti. Ho lavorato per cercare di capire cosa dovrei fare da musicista e come. Ed è per questo che ho deciso di scrivere anche colonne sonore; non era così fino a qualche anno fa, non faceva parte del mio lavoro e ora ne è una parte essenziale, più dei video musicali, più che vendere dischi, più di ogni altra cosa”.

Patrick Watson - Better In The Shade

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