I Perturbazione e “La buona novella” di Fabrizio De André
Era il 2010 quando i Perturbazione eseguirono dal vivo La buona novella di Fabrizio De André. A quell’evento unico e mai più replicato parteciparono anche Nada e Alessandro Raina degli Amor Fou. Con il gruppo quasi al completo abbiamo parlato dell’album (e quindi anche di quel concerto), della possibilità di rivedere dal vivo proprio quello spettacolo con la formazione di oggi (e magari di nuovo con gli ospiti) e di quanto il grande Faber sia ancora oggi un grande punto di riferimento per la sua trasversalità
Perturbazione (Foto: Luigi De Palma)
Uscirà il prossimo 22 marzo il nuovo album dei Perturbazione, La buona novella (dal vivo con Nada e Alessandro Raina), una rilettura live e integrale del famoso album di Fabrizio De André.
Con Tommaso Cerasuolo (voce), Cristiano Lo Mele (chitarra, synth, elettronica) e Rossano Lo Mele (batteria) abbiamo parlato di quel concerto che realizzarono su commissione il 23 ottobre 2010 al Teatro Civico di Varallo Sesia (VC) e che soltanto ora è diventato un album, nell’anno in cui ricorrono i 25 anni dalla scomparsa del grande Faber.
Nei Perturbazione, oltre ad Alex Baracco (basso e cori) tuttora nel gruppo, c’erano anche Gigi Giancursi (chitarre e cori) ed Elena Diana (violoncello e cori). Il live fu poi impreziosito dalla partecipazione di Nada voce in Ave Maria, Maria nella bottega d’un falegname e Il testamento di Tito, di Alessandro Raina degli Amor Fou voce in Il ritorno di Giuseppe, Via della Croce e Il testamento di Tito e di Dario Mimmo a fisarmonica, bouzouki, tastiere e cori.
La band presenterà il suo nuovo lavoro venerdì 22 marzo a Torino alle 21:00 presso Edit Torino (Piazza Teresa Noce 15/A) e martedì 26 marzo a Milano alle ore 18:30 presso la Feltrinelli di Piazza Piemonte ed eseguirà anche alcuni brani dal vivo in versione acustica. E proprio a tal proposito, quello del 2010 fu un evento unico, realizzato per i 40 anni dalla pubblicazione del concept di Fabrizio De André ispirato ai vangeli apocrifi. Non è mai più stato replicato insomma e chissà che ora, con l’uscita di quest’album…
Come mai avete atteso così tanto prima di pubblicare questo live?
Tommaso: Perché a volte il tempo è galantuomo, a volte è una carogna, ti nasconde le cose, finiscono dentro dei cassetti, ti dimentichi di averle. In realtà è stato grazie agli amici, che poi sono sempre fondamentali in questa storia. Un fonico, Claudio Prencipe, che ha tenuto quei file anche lui nel cassetto per tanti anni, a un certo punto ce li ha rispediti mixati e ha detto: “Guardate che c’è della roba buona!”
Noi, se vuoi, “eravamo distratti” in quegli anni, nel senso che avevamo pubblicato un disco che si chiama Del nostro tempo rubato e poi eravamo tanto in giro, per cui alla fine quel live non fu mai replicato ed è stata la classica cosa finita veramente in fondo a un cassetto che è rispuntata miracolosamente.
La prima cosa che abbiamo fatto quando sono arrivate quelle registrazioni è stata sorprenderci e dopo le abbiamo mandate ad Alessandro Raina, a Nada e a Luca Bernini che è il nostro sodale project manager, ma anche psicologo… psichiatra ormai, possiamo dirlo (ridono, ndr)!
Così insomma poi sono rimasti tutti sorpresi e allora Luca l’ha fatto sentire a Warner Italia ed eccolo qua, cioè appunto un regalo inatteso!
Siccome negli ultimi anni ci siamo un po’ fermati, tra la pandemia e varie vicende personali, familiari ecc. abbiamo avuto il tempo di guardarci un po’ alle spalle e sorprendentemente ogni tanto trovi una cosa che hai seminato che è cresciuta in una bella pianta, ti ridà un frutto e dici: “Grazie!”
Riascoltandovi avete scoperto qualcosa di diverso del vostro modo di suonare all’epoca rispetto ad oggi, considerando anche che nel 2010 eravate di più nella band?
Tommaso: Mah, allora non spostavamo le tonalità, cioè ne avevamo spostate alcune (ridono, ndr)! Per ora lo presenteremo a Torino e a Milano il 22 e il 26 marzo e adesso lo stiamo risuonando, perché ci piacerebbe proporlo dal vivo in estate, quindi lo stiamo riarrangiando in quattro ed è un’altra roba ancora e ci siamo accorti che certe cose, spostando la tonalità per la mia voce, sono più comode.
Cristiano: E poi sì, per suonarlo in quattro stiamo facendo un lavoro abbastanza importante di riduzione, di asciugamento di tutto. Una cosa molto bella del disco, e quindi del concerto, è la quantità e la qualità dei colori che ci sono, perché essendo all’epoca in sei e con un musicista aggiunto che suona fisarmonica, bouzouki e tastiere, è tutto molto molto orchestrato, diciamo in un senso un po’ rock, folk-rock. Adesso stiamo facendo tutto un lavoro di sottrazione, insomma nell’ottica del buon vecchio less is more.
Tornando al 2010, chi vi aveva commissionato quel concerto?
Rossano: All’epoca c’era la Scuola Holden di Torino, era ancora nella vecchia sede. Noi siamo più vicini alla Scuola, essendo ovviamente di Torino. Un ramo che adesso non esiste più si chiamava Holden Art ed era gestito da un amico, Alberto Jona, una persona che racchiude molteplicità, perché fa tante cose artistiche e molto belle insieme. Lui è un musicologo, cantante lirico, docente, insomma tante cose… Nel 2010 cascava il 40° anniversario del disco perché uscì nel 1970 e quindi Alberto ci propose questa messa in scena per omaggiare questo disco religioso, benché “irregolare”, al Sacro Monte di Varallo.
Tommaso: Sì, c’era stato il restauro di tutte le cappelle del Sacro Monte di Varallo, allora nel teatro di Varallo Sesia (in provincia di Vercelli, ndr) ci fu la messa in scena di tutto l’evento.
Rossano: Fu una specie di one-off. Non essendosene fatto più nulla e non avendolo poi mai portato in giro da nessuna parte, quella che è stata incisa, registrata e si trova su disco è effettivamente l’unica, autentica, vera esibizione che si è tenuta con la rilettura integrale di quel disco e per cui non non c’era possibilità di scegliere fra esibizioni diverse o take diverse, era quella!
Cristiano: Ve la tenete così con tutti gli errori che ci sono!
Rossano: Però nelle sue molte imperfezioni – forse anche perché all’epoca era un periodo di tour selvaggi e quindi anche di tanta abitudine alle prove e ai concerti – alla fine risentendola, per essere una cosa che si è tenuta una sola volta, insomma… si tiene, sta in piedi.
È nata subito l’idea di coinvolgere gli ospiti?
Tommaso: Proprio con Alberto venne fuori l’idea di accompagnare la mia voce a quella di una generazione più giovane e a quella di una generazione più matura, così com’è tutta l’umanità attorno a La buona novella. Una voce femminile e la personalità di Nada ci sembrò subito una scelta azzeccata, infatti portò la sua energia, portò il suo timbro, ma anche appunto tutta quell’umanità.
Cosa rappresentava per voi da ascoltatori La buona novella? Era il classico disco che avevate scoperto grazie ad altri appassionati in famiglia come genitori o parenti più grandi o grazie ad altri amici?
Rossano: Beh, io sarò onesto: nonostante io e Cris siamo cresciuti in una casa piena di vinili e di cantautori, sinceramente non mi ero mai soffermato più di tanto su quell’album in sé, masticavo magari più altri classici di De André.
Cristiano: Oppure l’ultima fase della carriera.
Tommaso: Sì, ognuno di noi aveva il proprio disco preferito di De André preferito. De André sta comunque nel DNA proprio dei musicisti italiani, ma secondo me sta poi nel DNA della cultura di tutto il Paese, perché è stato molto trasversale, nel senso che poi veniva ascoltato nei più svariati contesti: a me personalmente De André ha regalato il fatto – e me ne sono reso conto poi col tempo – di farti capire che non eri totalmente inadatto “se non appartenevi a una parrocchia”, che le parrocchie forse erano fatte anche per essere smontate; cioè io lo sentivo agli scout e poi però crescendo sono andato alle manifestazioni studentesche e lo si cantava anche lì. Allora com’è che le due cose stanno insieme? Perché hai gente come De André che per fortuna ha creato ponti, invece di tirare su muri nel nostro Paese, che è abbastanza specializzato nello stare all’ombra di un campanile solo.
Seguendo il vostro discorso, De André è stato trasversale anche musicalmente, pensando ad esempio al tour con la PFM.
Tommaso: Sì, si fa influenzare molto dagli arrangiatori poi, cioè c’è sempre il suo timbro e la sua chitarra e il calore della sua voce, però è uno che non ha avuto remore ad affidarsi in questo caso a Gian Piero Reverberi e Roberto Dané, cioè senti che quei dischi lì, che sono i cosiddetti concept album, che partono da Tutti morimmo a stento, poi La buona novella, Non al denaro non all’amore né al cielo, fino a Storia di un impiegato con in mezzo Nicola Piovani sono tutti dischi con una bella orchestrazione. C’è sempre comunque anche la firma di chi arrangiava con lui i dischi e questo gli ha permesso di non essere mai uguale a sé stesso, eppure essere sempre fortemente Fabrizio De André.
Cristiano: Poi proprio di De André si dice sempre: “Se una canzone funziona, funziona sempre chitarra e voce”. De André è esempio di questa cosa, ma non si ferma a quello, ci sono dei livelli di profondità musicali, di arrangiamento e di ricerca importanti.
Adesso sarete impegnati con le presentazioni di Torino e Milano, ma l’intenzione, come dicevate prima, sarebbe quella di fare un vero e proprio tour?
Tommaso: La parola tour è spaventosa, ti avverto (ridono, ndr)! Se riusciamo a fare questa cosa siamo molto contenti. Poi sarebbe un regalo gigantesco se Nada una volta arrivasse sul palco! Ci stiamo lavorando, dateci tempo, ci proviamo!