26/07/2013

Piccola Orchestra Karasciò

Riflessioni su vita e morte da un collettivo che si muove tra folk-rock e canzone d’autore… con contorno di tarocchi

Paolo Piccoli (voce e chitarra acustica), Roberto Nicoli (basso e contrabbasso) e Fabio Bertasa (chitarra elettrica e classica), reduci dallo scioglimento dei loro gruppi, hanno voglia di mettersi in gioco, di tuffarsi in esperienze musicali più ambiziose e più mature. Fondano una band che cresce fino a stabilizzarsi in una sorta di orchestra folk-rock cantautorale con tanto di percussioni, mandolino, lap steel, fisarmonica e voce narrante. Tutti i membri della Piccola Orchestra Karasciò suonano e rispondono alle nostre domande, collettivamente e armoniosamente.

Il nuovo album Apologia è nato dopo anni di gavetta nei quali avete preso le misure anche con il mercato discografico. Da cosa avete tratto spunto?

Paolo Piccoli: «Sentivamo prepotentemente la necessità di raccontare la morte e di riflettere sugli effetti che questa esperienza ha sulla vita. Volevamo capire i perché e dare un senso alle cose che accadono. Ho presentato le bozze delle canzoni al resto dell’Orchestra e, grazie agli spunti di tutti, queste hanno cominciato a prendere forma. È stato come se nei due anni trascorsi a stendere Apologia, noi comunicassimo tramite le nostre composizioni».

Apologia tocca temi esistenziali: morte, vita, relazioni, sogni e destino. Il tutto è condito con un libro e con dei tarocchi.

Enzo Guerini: «Durante la realizzazione dell’album ci siamo resi conto che i temi avevano bisogno di maggiore respiro, così Paolo ed Enzo si sono divertiti a scrivere un libretto articolato in due racconti che confluiscono. Chi si trova tra le mani Apologia, può decidere di accontentarsi dell’ascolto dei brani o calarsi nell’opera intera, leggendo il testo e immedesimandosi nei protagonisti che narrano la stessa vicenda dal proprio punto di vista, reso ancor più personale grazie ai tarocchi illustrati da Emiliano Perani».

Siete in sette. Come riuscite a orchestrare tanti strumenti?

Roberto Nicoli: «Partendo dal testo e dagli accordi composti da Paolo, il gruppo arricchisce, modifica e qualche volta stravolge la linea melodica e ritmica pescando qua e là da quelli che sono i gusti e le precedenti esperienze musicali da cui proviene ognuno di noi. Riuscire ad accordare ogni esigenza strumentale richiede pazienza, impegno, umiltà e spirito critico per evitare inutili e sterili protagonismi. Dare spazio a tutti, cambiando colori e atmosfere musicali tra un brano e l’altro è una delle ricette segrete e vincenti del gruppo».

Il vostro folk-rock cantautorale si completa con arti figurative, letteratura e teatro. Come mai tanta complessità?

Fabio Bertasa: «Più che complessità la definirei completezza. Dietro ai nostri lavori c’è stato sempre un lavoro di team che oltre alla musica ha sempre cercato di strizzare l’occhio ad altre forme artistiche».

C’è un augurio particolare che volete fare al vostro progetto? A parte successo, fama e denaro, ovviamente.

Paolo Piccoli: «Speriamo che continui a rimanere per noi il luogo privilegiato dal quale osservare il mondo; una sorta di stanza dei giochi, in cui si mantengono vive la ricerca e la curiosità per le cose che ci stanno intorno. L’augurio è di non arrivare mai a farsi dedicare dal proprio cane La danza del parrucchino, canzone nella quale il nostro fedele amico intona il suo pensiero riguardo all’assurdo vivere dell’uomo».

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